Filosofi sull'Oglio

«La moralità non è propriamente la dottrina del come renderci felici,
ma di come dovremo diventare degni di possedere la felicità»
I. Kant

DIGNITÀ È IL TEMA SCELTO PER LA SETTIMA EDIZIONE

Dopo Le stagioni della vita, Geografia delle passioni, Vizi e virtù, Destino, Corpo, Felicità è Dignità il tema della settima edizione del Festival Filosofi lungo l’Oglio, che si terrà, come è tradizione, nei mesi di giugno e luglio 2012. Tema evocato da più parti nella nostra contemporaneità, trova la sua origine nell’esigenza enunciata da I. Kant come seconda formula dell’imperativo categorico: «Agisci in modo da trattare l’umanità, tanto nella tua persona come nella persona di ogni altro, sempre anche come un fine e mai unicamente come un mezzo». Questo imperativo stabilisce che ogni uomo, anzi ogni essere ragionevole, come fine in se stesso, possiede un valore intrinseco.

Ancora il filosofo di Königsberg, nella Fondazione della metafisica dei costumi, contrariamente a quanto sostiene Hobbes nel Leviatano, afferma che «nel regno dei fini tutto ha un prezzo o una dignità. Il posto di ciò che ha un prezzo può essere preso da qualcos’altro di equivalente; al contrario ciò che è superiore ad ogni prezzo, e non ammette nulla di equivalente, ha una dignità. […] Dunque la moralità è la condizione esclusiva affinché un essere ragionevole possa essere un fine in sé, perché soltanto in base ad essa questo essere può costituirsi a membro legislatore del regno dei fini. Ecco perché soltanto la moralità, e l’umanità in quanto capace di moralità, possono avere dignità».

Questi concetti kantiani ritornano nello stesso F. Schiller in Grazia e Dignità: «La dominazione degli istinti mediante la forza morale è la libertà dello spirito e l’espressione della libertà dello spirito nel fenomeno si chiama Dignità».

Si tratta di un concetto importante della tradizione filosofica e di una questione calda del nostro tempo. Nell’incertezza delle valutazioni morali del nostro mondo, incertezza che a più riprese ci fa parlare di un dis-orientamento pericoloso dell’esserci, si potrebbe anche dire, usando le parole di Heidegger, di una tangibile afflizione della fatticità, l’esigenza della dignità si rivela come una pietra di paragone fondamentale per l’accettabilità degli ideali e delle forme di vita instaurate o proposte.

Un tema con il quale la bioetica, la religione, la morale, le etiche applicate, la politica, la vita civile e pubblica, la società liquida in cui abitiamo non possono non misurarsi. D’altro canto, come non pensare alla distinzione netta che Simone Weil opera tra diritto e obbligo, il primo di ordine oggettivo, e l’altro che non può essere che incondizionato?

«L’obbligo – nota l’ebrea francese nel Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano, pubblicato nel 1949 da Gallimard nella Collana «Espoir» curata da Albert Camus – lega solo gli esseri umani. […] L’oggetto dell’obbligo, nel campo delle cose umane, è sempre l’essere umano in quanto tale. C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano, senza che alcun altra condizione abbia ad intervenire; e persino quando non gliene si riconoscesse alcuno». Ed è sorprendente l’attualità di quanto scrive Weil allorché elenca ciò che lei chiama i bisogni indispensabili per la vita dell’anima: l’ordine, la libertà, l’ubbidienza, l’iniziativa e la responsabilità, l’uguaglianza, la gerarchia, l’onore, la punizione, la libertà di opinione, la sicurezza, il rischio, la proprietà privata, la proprietà collettiva, la verità – il bisogno «più sacro di tutti – dice Weil – eppure non se ne parla mai». Infine viene «il radicamento, forse, il bisogno più importante e più misconosciuto dell’anima umana. Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale all’esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro, l’essere umano ha una radice. […] Ad ogni essere umano occorrono radici multiple. Ha bisogno di ricevere quasi tutta la sua vita morale, intellettuale, spirituale tramite gli ambienti cui appartiene». Ed è proprio a partire da una tale sfida che questa avventura filo-rivierasca continua con tenacia il suo percorso, fedele al binomio luogo-pensiero e alla propria mission: portare il filosofo in mezzo alla gente, nella consapevolezza che la diffusa richiesta di senso, sia un bisogno sociale da ascoltare e che va preso, davvero, sul serio.

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