Gli esempi di cose da fare sono molti, e mi sono venuti in mente in questi anni viaggiando per l’Italia o all’estero e vedendo questi fenomeni. Negli USA ho visto locali che servivano pasti gratis all’ora di chiusura, con il cibo avanzato e non venduto. In Spagna i medici hanno deciso che, nonostante i tagli, cureranno lo stesso i malati, gratis. Un imprenditore agricolo italiano, invece di licenziare i dipendenti, li ha organizzati in una specie di comunità, in cui ciascuno mette a disposizione ciò che ha e le proprie competenze (chi fa il meccanico ripara gratis tutto ciò che si rompe alle famiglie dei dipendenti, chi fa il sarto cuce i vestiti se servono, i prodotti agricoli vengono portati a casa dai dipendenti e una parte dell’azienda è stata adibita a orto e ad altri prodotti di consumo giornaliero, ecc.). In un altro caso mi è capitato un’imprenditore che ha dovuto licenziare i dipendenti, ma ha provveduto, tramite amicizie e conoscenze, affinché le famiglie continuino ad avere vitto e alloggio, mettendo a disposizione un casale per coloro che non potevano permettersi l’affitto e assicurandosi che tutte le famiglie dei disoccupati, tramite gli abitanti del paese, abbiano da mangiare tutti i giorni.
Vediamo quindi quali potrebbero essere le mosse da effettuare per affrontare la crisi:
– Creazione di monete locali da parte degli amministratori dei piccoli comuni (in teoria sarebbe possibile farlo anche nei grandi comuni), sull’esempio del SIMEC di Giacinto Auriti. Mi si obbietterà che il SIMEC è un progetto che fallì perché la guardia di finanza né impedi il proseguimento arrivando addirittura a perseguire legalmente il professor Auriti; replico che in realtà la moneta di Auriti non era illegittima, che oggi i tempi sono maturi per un’operazione del genere su larga scala ad iniziativa di sindaci e amministratori locali, e che peraltro si potrebbero operare piccoli correttivi legali per evitare l’intervento della guardia di finanza e delle autorità monetarie. Ad esempio, invece di moneta, si potrebbe chiamare buono.
(Inseriamo a questo punto una concreta iniziativa, lo SCEC, che presentammo a Bondeno in occasione della manifestazione “Ricominciamo dal futuro)
– Organizzarsi a livello locale tra cittadini. Specie nei piccoli paesi, è assolutamente possibile creare piccole forme di vita comunitaria, in cui ciascuno metta a disposizione le sue competenze e le sue capacità gratuitamente, per ricevere in cambio altri beni e servizi a titolo gratuito.
– Organizzazione di piccole comunità autosufficienti, di natura prevalentemente agricola, in cui si torni a vivere e a lavorare come nelle campagne di 50 anni fa. A titolo di esempio:
– imprenditori che abbiano a disposizione capannoni sfitti, potrebbero cederli in uso gratuito a gruppi di persone senza casa e senza lavoro;
– i ristoratori potrebbero dare il cibo gratis a fine giornata (so bene che qualcuno obietterà che le norme igieniche della USL non lo permettono; ma le norme sull’igiene alimentare servono in gran parte ad evitare proprio che il cibo in abbondanza venga dato gratuitamente a chi non lo ha e venga buttato nella spazzatura, quando in realtà ci sono diverse forme di cessione gratuita assolutamente legali, che possono essere concordate e organizzate); la stessa cosa possono fare i negozi di alimentari con i cibi prossimi alla scadenza ma ancora buoni;
– i medici potrebbero curare gratis, gli avvocati dare consulenze gratuite, fabbri falegnami idraulici ecc. potrebbero prestare una parte della loro opera a titolo gratuito;
– il governo Monti ha adito la Corte Costituzionale per far dichiarare incostituzionale una legge della Regione Calabria sui prodotti agricoli a Km 0, ovvero della regione, perché viola le regole imposte dall’UE sulla libera concorrenza? Bene, nulla però impedisce che, pur senza una legge, supermercati e commercianti possano acquistare solo prodotti regionali o che i cittadini acquistino solo prodotti a Km 0 per aiutare l’economia della loro terra. Molto più efficace, economico e rapido che impelagarsi in ricorsi e inutili manifestazioni;
– i Comuni possono impiegare per i lavori sul territorio lavoratori disoccupati (muratori, falegnami, elettricisti, informatici, ecc…) a cui, come compenso per il lavoro prestato possono non far pagare le tasse locali (IMU, rifiuti, ecc…);
– Rendersi conto che il sistema in cui viviamo ci ha abituato a far dipendere la nostra felicità dal numero e dalla qualità di beni che possediamo; capire la trappola in cui il sistema ci ha fatto cadere e abituarsi a un nuovo regime di vita, che potrebbe anche essere migliore del precedente.
Nessuna manifestazione dunque che, come sappiamo, attraverso agenti provocatori può facilmente essere trasformata in violenza, ma una forma di resistenza civile, pacifica e quotidiana. Senza la fattiva collaborazione dei cittadini nessuna manovra operata dal governo può trovare attuazione. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che è assolutamente inutile protestare e scendere in piazza. A Roma ogni giorno c’è una manifestazione senza che la popolazione ne abbia nemmeno notizia, salvo quando questa si trasforma in guerriglia, così da poter essere strumentalizzata (il motivo della manifestazione passa in secondo piano, e quello che viene messo in evidenza serve a ingenerare insicurezza e paura nella popolazione, così che possa essere più docile). Inutile continuare su una strada che, è chiaro, non ha portato alcun risultato. Nessuna rivoluzione di massa, ma solo tante piccole rivoluzioni personali, e tante piccole rivoluzioni nelle piccole comunità in cui ciascuno vive.
Una frase che in questi anni mi è rimasta in mente è questa: per chi vive in montagna o in campagna, dei prodotti quotidiani della propria terra, che al governo centrale ci sia una dittatura o una democrazia non cambia assolutamente nulla. La dittatura non può cambiare l’anima delle persone, i propri pensieri e le proprie emozioni; la dittatura può preoccupare unicamente coloro che misurano la loro felicità dalla quantità di beni che hanno.
In conclusione:
Il governo vuole che noi manifestiamo. E noi non dobbiamo manifestare.
Il governo vuole che noi ci riduciamo alla disperazione. E noi ci rimbocchiamo le maniche e scopriamo il gusto della solidarietà,
Il governo vuole affamarci. E noi mangeremo lo stesso, in modo diverso, con abitudini diverse, ma mangeremo.
Link: http://paolofranceschetti.blogspot.it/2012/11/il-fine-del-governo-monti-come-reagire.html
ll sistema non vuole soluzioni. Quello che è fondamentale è risolvere il problema solo temporaneamente, in modo tale che lo stesso problema, dopo poco, si ripresenti in tutta la sua tragicità, per poi imporre, magari in stato di emergenza, nuovi rimedi, sempre più invasivi e meno risolutivi, ma che ingrassano gli ingranaggi di questo sistema bestia.
E’ l’economia, anzi l’ideologia neoliberista, che riduce tutto a mero guadagno. Il fine è il guadagno e non la soluzione.
La soluzione è la fine del guadagno.
E’ severamente vietato anche solo pensare di risolvere definitivamente un problema.
estratto da:http://www.oltrelacoltre.com/?p=14736
Soggiogati i governi, l’oligarchia rentier otteneva che i titoli di debito pubblico degli Stati diventassero prodotti finanziari e venissero gettati sui mercati. Una vera gallina dalla uova d’oro. Nasceva un sistema micidiale di rapina con cui spostare la ricchezza monetaria diffusa (risparmi) dalla tasche dei cittadini, da certi settori, da certi Stati, ai caveau delle banche. Ha tutto l’aspetto di una stregoneria quella per cui, nei mercati finanziari, il debito, diventato titolo negoziabile, ingrassa chi se lo passa di mano in mano, strozzando chi lo ha emesso e fregando chi se lo trova in mano per ultimo. La merce-debito, come aveva già segnalato Marx [13] non ha un valore di scambio, il suo prezzo dipende dall’irrazionale gioco della domanda e dell’offerta, dalle aspettative di rialzo —guadagno assicurato fino a quando le aspettative salgono, fino a quando tutto crolla a causa delle prime fughe. Un gigantesco sistema Ponzi. Se da qualche parte qualcuno guadagna senza lavorare dev’esserci dall’altra qualcuno che lavora senza guadagnare.
estratto da: http://www.oltrelacoltre.com/?p=14719
di Marino Badiale e Fabrizio Tringali
Il recente sketch della Littizzetto contro Berlusconi sta facendo discutere. Non è la prima volta che l’attrice indirizza i suoi strali contro esponenti della politica. Come dimenticare quando nel febbraio 2007 si scagliò contro Rossi e Turigliatto, allora senatori, colpevoli di non aver votato a favore della politica militarista del governo di centrosinistra? I due Parlamentari stavano compiendo un gesto coraggioso, di rara coerenza con i propri valori e con il mandato ricevuto dai propri elettori, ben sapendo che l’avrebbero pagato con l’espulsione dai rispettivi partiti (e quindi con la non-rielezione). Ma per la Littizzetto andavano attaccati con durezza, perché mettevano il bastone fra le ruote ai potenti che a lei piacciono.
Altrettanta durezza la riserva alle porcate della destra. Aggredisce Berlusconi, ma non l’abbiamo mai sentita gridare parolacce contro l’operato dell’uomo che in questo momento è il più potente d’Italia, e che ha delegittimato una delle migliori procure antimafia d’Italia, solo per salvare se stesso e i suoi amici: Giorgio Napolitano.
In questo contesto la volgarità della Littizzetto non è un elemento da trascurare, perché rappresenta un tratto caratteristico di buona parte del cosiddetto “popolo di sinistra”, che infatti si riconosce in personaggi come lei, decretandone il successo di pubblico. Un ceto “intellettuale” che si pretende colto, intelligente e profondo ma che in realtà è ormai talmente degradato e subalterno da divertirsi a crepapelle di fronte a un umorismo fatto solo di volgarità. Naturalmente non ci riferiamo solo al turpiloquio, bensì, in generale, al becero e superficiale antiberlusconismo della sinistra, volgare quanto il berlusconismo della destra. Perché se è vero che Berlusconi, dal punto di vista morale, ha ridotto l’Italia in macerie, è altrettanto innegabile che dal punto di vista politico, economico e sociale, la vera distruzione è stata compiuta dalla sinistra: precarizzazione del lavoro, svendita dei beni comuni, guerra, svilimento della Costituzione. E’ soprattutto la sinistra che ha annodato al collo del Paese il cappio della moneta unica e dei vincoli europei che ci stanno letteralmente uccidendo.
La volgarità della Littizzetto ha però il pregio di esprimere, a suo modo, la verità sulla sinistra politica, che non ha più nulla da dire sulle dinamiche reali del mondo contemporaneo, sulla crisi economica, ecologica e sociale in atto, sulle modalità per costruire, insieme, un futuro diverso. E rovescia il proprio livore addosso al nemico di turno, ridendo di lui per non piangere su se stessa.
La presa di coscienza di chi siano i veri responsabili della crisi in atto, che vanno ricercati tanto nella destra quanto nella sinistra, è essenziale perché vi sia ancora una speranza di salvezza. Di fronte a questa esigenza, la Littizzetto, e in generale l’antiberlusconismo della sinistra, non rappresenta altro che un’arma di distrazione di massa.
Fonte: http://il-main-stream.blogspot.it