Stati falliti

World Map, showing Failed States according to the “Failed States Index 2010”

legendaCome si vede dalla cartina Canada, Australia e stati Scandinavi sono gli unici che si possono chiamare “Stati”, secondo una valutazione basata su 12 indicatori di “vulnerabilità dello stato” – quattro sociali, due economici e sei politici. Gli indicatori non sono progettati prevedere quando gli Stati subiscono un collasso. Al contrario, essi sono destinati a misurare la vulnerabilità di crollo o di conflitto di esso. Tutti i paesi nella categoria rossa (Alert, FSI di 90 o più), arancione (Attenzione, FSI di 60 o più), o gialla (Moderato, FSI di 30 o più) manifestano alcune caratteristiche che tendono parti delle loro società e delle loro istituzioni vulnerabili al fallimento. Alcuni Stati nella zona gialla potrebbero fallire più velocemente di altri nella zona arancione o rossa. Al contrario, alcuni nella zona rossa, anche se in una situazione critica, possono manifestare alcuni segnali positivi di recupero o di lento deterioramento, dando loro il tempo di adottare strategie di attenuazione.

N.B. Non stiamo parlando qui del più banale default di bilancio (puramente finanziario), ma di indici sostanziali che riguardano noi come Italia, ma anche un gran novero di paesi (Stati Uniti compresi) che noi siamo abituati a considerare “Civili”.

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Stato_fallito

Il governo Bildermerkel

Il governo Bildermerkel

Complotto? No, applicazione alla società dello schema gestionale della zootecnia, stabile e sicuro. E, nei circoli che hanno preso quella decisione, che hanno formulato quell’insieme di scelte che producono questo insieme di effetti (Aspen, Trilateral, Bilderberg, etc.), troviamo, almeno dal 1995, anche Enrico Letta, che quindi è parte e origine di quei mali che, al popolo, si racconta che dovrebbe risolvere attraverso la tormentosa unione con Berlusconi combinata dalla saggezza di Napolitano nello spirito del patriottismo, rinegoziando anche il patto di Maastricht con i poteri forti.

Da “Europa cava…

Da “Europa cavalca un toro nero”, n. 1

Attento abitante del pianeta,
guardati! Dalle parole dei Grandi
frana di menzogne, lassù
balbettano, insegnano il vuoto.
La privata, unica, voce
metti in salvo: domani sottratta
ti sarà, come a molti, oramai,
e lamento risuona il giuoco dei bicchieri.

ANTONIO PORTA (1935-1989)

Enrico Letta

Enrico Letta

A 25 anni è presidente dei Giovani del Partito Popolare europeo. Nel 1990 conosce Beniamino Andreatta, uno dei padri dell’euro e padrino politico di Romano Prodi. All’epoca, quando fu ministro del Tesoro, Andreatta scrisse a chiare lettere più volte in riferimento allo “svincolo” tra Banca d’Italia e Tesoro del 1981 (che impedì da allora in poi di finanziare il deficit italiano emettendo moneta):

Aspettando la patrimoniale

Aspettando la patrimoniale

Dallo spaccato sopra evidenziato se ne deduce che la ricchezza netta (ATTIVITA’ REALI+ATTIVITA’ FINANZIARIE-PASSIVITA’ FINANZIARIE) è di euro 8619 miliardi di euro, ossia oltre 4 volte il volume  del debito pubblico.
Questa, in altre parole, è la ricchezza (Nostra)  posta a garanzia del debito (Loro  n.d.r.)
 

Le “colpe” di Rodotà

Le “colpe” di Rodotà

Oggi non è più così e il reddito è una precondizione della cittadinanza, uno strumento per affermare la pienezza della vita di una persona. Riguarda anche i lavoratori che si trovano in difficoltà, ma è un diritto di tutti i cittadini. Questa è la prospettiva.

Anatocismo

Anatocismo

Scopriamo ad esempio che quasi il 100% del nostro debito pubblico è composto da interessi; che se stanno così le cose sul nostro debito di oltre 2000 miliardi, dovremo pagare altri 86 miliardi di interesse nel 2013 e sempre più negli anni successivi; che continuiamo a pagare interessi sugli interessi (reato di anatocismo) anche sui nostri debiti finanziari con le nostre banche, che l’interesse è un mostro che aumenta senza che noi facciamo nulla, in una progressione geometrica infinita … in un mondo finito!

La legge uguale per tutti

La legge uguale per tutti

Infatti proibisce, sia ai ricchi che ai poveri di dormire sotto i ponti:

Il TWO PACK, insieme al FISCAL COMPACT e al MES approvati appena un anno fa e al trattato di Lisbona, costituiscono (al momento) i principali strumenti di compressione della sovranità dei singoli stati, in nome della realizzazione di procedure di convergenze di politiche fiscali ed economiche dei paesi dell’Eurozona, secondo gli eurocrati, propedeutiche a colmare le divergenze strutturali delle varie economie europee.

Anatomia di un delitto

Anatomia di un delitto

L’Italia sta morendo. Lo dicono i numeri. È come la vittima di un delitto, abbandonata sul selciato in una strada secondaria e buia dove i passanti, gli altri Paesi di Eurolandia e del G8, fanno finta di non vedere. Ma tra loro si danno di gomito con aria nauseata. «Ma guarda che roba! Non si può più andare in giro! Che tempi!». Non c’è nessun buon samaritano. Anzi, fra di loro si nasconde colui che l’ha prostrata. O comunque il mandante dell’agguato a base di austerity che l’ha lasciata tramortita.

Meccanismo Europeo di Stabilità

di Paolo Cardenà

Prendo spunto da un ottimo articolo pubblicato da Mazziero Research, tra le migliori società indipendenti di ricerca finanziaria presenti in Italia, per tornare su un tema di fondamentale importanza che abbiamo già trattato in un precedente articolo pubblicato suquesto sito (LETTURA SUGGERITA),  che riguarda la possibilità, da parte dello stato, di decurtare il capitale sugli investimenti in titoli di stato.
Ciò, per effetto del recepimento in Italia, così come in tutti i paesi che appartengono all’unione, di quanto previsto dal  Trattato di Istituzione del Meccanismo Europeo di Stabilità(ESM) che dispone che,   tutti i paesi europei sono obbligati ad applicare le Clausole di Azione Collettiva (CAC) sui propri titoli di debito pubblico di nuova emissione. Le CAC, è bene ricordarlo,  sono delle vere e proprie clausole vessatorie previste sui nuovi titoli di stato di durata superiore a 12 mesi, emessi da ogni paese europeo aderente all’ESM, con la prima cedola scadente a partire dalla data del 1 gennaio 2013. Queste clausole regolano la possibilità, per uno stato che versa in una condizione di crisi del debito sovrano, di ricontrattare interessi, scadenze e di proporre agli investitori lo scambio con obbligazioni di diversa tipologia.

Per effetto di ciò, come evidenzia l’analisi di Mazziero Research, vediamo quali modifiche potrebbero essere  possibili, almeno le più rilevanti:

§  La data dei pagamenti di cedole o rimborsi. Ad esempio: il titolo scade nel 2017? La scadenza viene spostata al 2022. Slittamento possibile anche per le cedole periodiche.

§  La riduzione dei pagamenti e del rimborso. Ad esempio: il titolo valeva 1.000 euro? Ne verranno rimborsati solo 500. Stesso discorso per le cedole periodiche.

§  Il cambio del metodo per calcolare i pagamenti. Ad esempio: il titolo dava un rendimento connesso all’inflazione? Verrà corrisposta solo una frazione della rivalutazione derivante dal variare del costo della vita, oppure non verrà corrisposta affatto.

§  Il cambio della valuta e del luogo di pagamento. Ad esempio: il titolo era emesso in euro? Può essere rimborsato in lire, naturalmente nemmeno il valore di cambio costituisce una certezza.

§  La modifica della seniority. In pratica l’ordine di preferenza con cui il titolo viene rimborsato rispetto ad altri creditori.

Il decreto si addentra in una serie di tecnicalità, ma la sostanza in definitiva è che tutti i titoli di Stato con durata superiore a un anno emessi a partire dal 2013 possono essere modificati a piacere al fine di rispondere alle necessità di cassa dell’Emittente.

Le percentuali di accordo da raggiungere non sono in genere un problema, l’abbiamo visto in Grecia, inoltre dopo il lancio delle operazioni di rifinanziamento della BCE (LTRO) in cui vengono prestati denari alle banche a tasso agevolato, queste sono state incoraggiate a impegnare buona parte di tali somme in titoli di Stato della propria nazione. Si è così verificato un lento spostamento della composizione degli investitori verso una detenzione nazionale dei propri titoli di Stato, diminuendo nel contempo l’effetto sistemico nel caso di una ristrutturazione (default) del debito.

Proprio ieri, la Banca d’Italia, nel suo consueto Supplemento al Bollettino Statistico, ha evidenziato che i titoli di debito pubblico in portafoglio alle banche italiane son saliti a fine febbraio a quota 351 miliardi di euro, il massimo dal 1998.

Il grafico in esame mostra l’andamento dei titoli di stato in mano alle banche italiane e, come si può facilmente intuire, a partire dal mese di gennaio 2012, in concomitanza con le due operazioni di finanziamento della BCE alle banche europee,  assistiamo ad una verticalizzazione delle cura che testimonia l’incremento dei titoli di stato in pancia alle banche domestiche, che hanno assorbito le emissioni dei titoli di stato grazie alla  ricevuta dalla BCE.

Gli eventi che si stanno susseguendo nel contesto europeo, con particolar riferimento a quanto recentemente accaduto a Cipro, dovrebbero indurci a valutare alcuni fenomeni con un adeguato senso di inquietudine, ma anche con maggior consapevolezza, vista la crescita esponenziale dei rischi.
Come giustamente si afferma nell’analisi, le due aste di finanziamento a favore del sistema bancario europeo, hanno consentito  alle banche italiane di comprare i titoli di italiani riducendo di molto il perimetro di detenzione dei titoli italiani ad un livello domestico. Questo, evidentemente, se da una parte ha ridotto, almeno parzialmente,  gli effetti sistemici conseguenti ad una eventuale ristrutturazione del debito pubblico, dall’altra pone le basi per il concretizzarsi di una simile eventualità, che colpirebbe i detentori dei titoli di stato, banche comprese.

In una situazione a regime di questo tipo, in cui le banche nazionali potrebbero diventare le principali detentrici del debito di uno Stato; a loro volta le banche stesse in caso di difficoltà verrebbero salvate dallo Stato con i soldi della collettività. E’ facile a tal punto comprendere che in occorrenza di un default la “moral suasion” dello Stato potrebbe facilitare il raggiungimento delle percentuali necessarie a far scattare le Clausole di Azione Collettiva rendendo obbligatorie per tutti le modifiche delle condizioni di pagamento dei titoli di Stato.

Come già avvenuto in Grecia, anche le famose agenzie di rating innesterebbero un ridicolo balletto, nel momento di annuncio dell’haircut (la riduzione dei pagamenti dei titoli di Stato) porterebbero il rating nazionale a selective default per poi attribuire una settimana dopo un nuovo rating, magari migliore di prima, visto che una parte del fardello di debito è stato accollato agli investitori.

Ed è così che i risparmiatori, sapientemente orientati a investire sui titoli di Stato, grazie a emissioni dedicate (i titoli di Stato patriottici che riconoscono anche un premio fedeltà) e una tassazione più clemente (differenza di tassazione fra i titoli di Stato e gli altri investimenti) si troverebbero a quel punto ricompensati di tanta fiducia con una bella perdita.

L’Unione Europea ha mostrato di reagire lentamente alle sfide dei mercati, ma quando riesce a trovare una soluzione tende a replicarla su vasta scala; ecco che la soluzione delle le Clausole di Azione Collettiva sperimentata in Grecia è stata adottata per tutti i Paesi grazie al Trattato di Istituzione del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM).

Allo stesso modo, malgrado la smentita del Presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem fresco di nomina, non vi è dubbio nel pensare che il prelievo forzoso ai conti correnti di Cipro potrà costituire un modello esportabile agli altri paesi in difficoltà.

Riassumendo:

§  Dopo la nazionalizzazione della banca olandese SNS e l’azzeramento del capitale subordinato degli obbligazionisti, le obbligazioni bancarie non sono più sicure.

§  Dopo il prelievo forzoso dai conti correnti di Cipro, tralasciando la vicenda italiana del 1992, i soldi lasciati in conti correnti e conti di deposito non sono più sicuri.

§  Dopo il decreto sulle Clausole di Azione Collettiva, che abbiamo qui commentato, anche l’investimento in titoli di Stato non può più essere considerato sicuro.

Non possiamo dire che non siamo stati avvisati.

fonte: Vincitori e Vinti

Nota: L’Italia lo ha ratificato nel novembre 2012, inutile dire che, grazie a questo sciagurato patto, QUALSIASI misura (compresi pensioni e stipendi) è subordinata a chi governa l’Europa.