Nel maggio 1975 la Trilateral tiene la sua riunione plenaria annuale a Kyoto: Michel Crozier, Samuel P. Huntington e Joji Watanuki presentano il Rapporto sulla governabilità delle democrazie, partendo dal presupposto che si è evidenziata una “crisi della democrazia in termini di ‘governabilità’ del sistema democratico”, come scrive Giovanni Agnelli nella prefazione all’edizione italiana della pubblicazione (1). La riflessione più articolata sulle cause e le possibili soluzioni è quella sviluppata da Huntington, che analizza la realtà degli Stati Uniti (ma vale anche per l’Italia, naturalmente N.d.R)
Il professore della Harward University – che ha ricoperto anche la carica di consigliere del Dipartimento di Stato Usa – sottolinea come l’espansione della democrazia avvenuta negli anni Sessanta, attraverso un aumento della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, concretizzatasi con manifestazioni, movimenti di pro-testa, organizzazioni civili per promuovere una causa o portare avanti istanze collettive, maggiore sindacalizzazione dei lavoratori e sviluppo di circoli intellettuali promotori di una cultura critica – spesso basata sulla richiesta di effettiva applicazione dei diritti sanciti nella Costituzione – abbia prodotto uno squilibrio: una maggiore democrazia ha generato una minore governabilità. Più democrazia porta infatti sulla scena politica nuovi attori sociali, e un governo, legato a doppio filo alla logica del consenso elettorale, non può non tenerne conto. Accanto agli interessi dei gruppi di potere dominanti, quindi, da sempre presenti nello spazio politico – industria, banche, finanza – compaiono anche le istanze dei dominati.[…]
i leader politici non devono avere “dubbi sulla moralità del loro dominio”, come è accaduto, secondo Huntington, a quelli degli anni Sessanta, che “condivisero l’ethos democratico, partecipazionale e ugualitario dei tempi e si posero quindi problemi circa la legittimità della gerarchia, della coercizione, della disciplina, della segretezza e dell’inganno – tutti attributi, in una certa misura inevitabili, del processo di governo”. In secondo luogo, “il funzionamento efficace d’un sistema politico democratico richiede, in genere, una certa dose di apatia e disimpegno da parte di certi individui e gruppi”. Huntington riconosce che “in sé, questa marginalità da parte di alcuni gruppi è intrinsecamente antidemocratica”, ma è necessaria: apatia e disimpegno non producono partecipazione politica e dunque richieste, e l’equilibrio tra democrazia e governabilità ne trae giovamento.
estratto da http://www.nuovatlantide.org/giovanna-cracco-la-democrazia-governabile/
Dedicato a tutti quelli che credono che siamo arrivati a questo punto “per caso”
Apatia e disimpegno certo non mancano ai giorni nostri per cui non mi sorprenderei se anche il nostro attuale governo durasse a lungo, sempre per garantire la tanto sbandierata governabilità ovviamente.
Se cadrà non sarà certo per merito del popolo italiano, ma solo perché al Re travicello subentrerà direttamente la Troika per accelerare il processo di dissoluzione e incorporazione
Vecchia storia: da soli si decide meglio e più in fretta. E a furia di far arrivare i treni in ritardo viene la nostalgia del Supremo Ferroviere.