Intervista a Mykola Azarov

 a cura di Alessandro Sallusti.

È passato da poco un anno dalla rivolta di piazza che provocò la caduta del governo ucraino e la guerra civile che ha portato il mondo sull’orlo di un conflitto più esteso. Mykola Azarov, leader del Partito delle regioni, era il primo ministro che in quei giorni si trovò a gestire lo scontro tra filo russi e filo europei. Si dimise in febbraio, pochi giorni prima della caduta dell’intero governo e del presidente Yanukovich.

Braccato dagli insorti, si salvò in modo rocambolesco e ora vive esule a Mosca.

[omissis]
Così si arriva al 27 gennaio 2014, giorno delle sue dimissioni.
«Con grande senso di responsabilità comunicai al presidente che ero disposto a dimettermi per facilitare una soluzione della trattativa. Gli chiesi di barattare la mia testa con lo sgombero della piazza e il disarmo dei gruppi neonazisti e dei facinorosi, circa cinquemila persone, che prendevano ordini da stati esteri».

Avvenne?
«Le mie dimissioni sì. Per il resto non cambiò nulla. Anzi, la situazione peggiorava di giorno in giorno».

Ha continuato a vedere Yanukovich?
«Sì, in quelle ore ci sentivamo e vedevamo spesso».

Che cosa vi dicevate?
«Ho cercato di convincerlo che gli stavano facendo perdere tempo, che trattare con gli oppositori interni era inutile, in quanto marionette. Mi parlò di un accordo, peraltro poco onorevole, che stava raggiungendo con i ministri degli esteri di Polonia, Francia e Germania. Ma era evidente, e glielo dissi, che l’unica possibilità era quella di trattare direttamente con gli Stati Uniti, anche se loro, ovviamente, si guardavamo bene da fare aperture perché come obiettivo si erano dati solo il capovolgimento del governo».

Si arriva al 22 febbraio, giorno del colpo di stato, lei dove era?
«La sera prima avevo visto il presidente che mi aveva annunciato l’intenzione di aderire alla proposta di Polonia, Francia e Germania e che all’indomani, in cambio di grosse concessioni, la piazza si sarebbe ritirata come previsto dall’accordo. Così la mattina uscì di casa per raggiungere Yanukovich ma il capo della mia scorta mi fermò. Il palazzo presidenziale era stato preso dagli insorti, la moglie del presidente era scampata per un soffio a un attentato. Mi disse che il presidente stesso era in grave pericolo, che i ribelli avevano dato ordine di bloccare le frontiere a tutti i membri del governo. Yanukovich stava per fare la fine di Gheddafi».

In che senso?
«Gheddafi fu ucciso da bande locali ma i mandanti erano gli stati che avevano dato il via all’attacco alla Libia. Sono certo che senza la copertura politica e morale di Stati Uniti ed Europa nessuno in Ucraina avrebbe avuto la forza di uccidere fisicamente il presidente e noi membri del governo. Prendere atto di questa verità è stata la più grande disillusione della mia vita».

Il presidente Putin, nei giorni scorsi, ha rivendicato di aver salvato la vita a Yanukovich e a lei portandovi in salvo. Come è andata?
«Il presidente Putin ha voluto ribadire che in quelle ore ha compiuto una azione umanitaria nei confronti di persone amiche della Russia che non avevano fatto del male a nessuno. Osservo come le posizioni del governo della Russia siano cambiate nel tempo. All’inizio Putin ha dato la disponibilità a collaborare con il nuovo governo Ucraino ma poi sono accadute cose che hanno fatto cambiare parere. Come l’atteggiamento ostile e violento di Kiev nei confronti della Crimea e delle regioni orientali abitate da russi. Purtroppo l’Europa non conosce questi gravi fatti. Nessuno ha scritto degli assalti ai mezzi dei militari che presidiavano le regioni russe o dei massacri di civili disarmati che protestavano contro il nuovo regime. A Odessa sono state bruciate vive più di cento persone da parte dei nazionalisti ucraini. Nelle zone russofone, Kiev vuole governare col terrore».

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/ucraina-golpe-targato-obama-1108688.html.

3 thoughts on “Intervista a Mykola Azarov

  1. In concreto, il Ministro degli interni ucraino Arsen Avakov ha scritto che i soldati della 173° brigata aviotrasportata USA “Sky Soldiers” (di stanza a Vicenza), in base agli accordi tra Kiev e Dipartimento di Stato di Washington, addestreranno reparti della Guardia nazionale ucraina. L’addestramento riguarderà tre gruppi di 300 guardie l’uno, per 8 settimane ciascuno, dopo di che si procederà alle manovre congiunte; terminate queste, gran parte del munizionamento e di altro materiale rimarrà in dotazione alla Guardia Nazionale ucraina, formata come è noto non solo dai cadetti delle accademie militari di Kiev ma soprattutto dai battaglioni formati dalle varie forze ultranazionaliste e neonaziste agli ordini dei vari oligarchi.

    Formalmente, le manovre con la presenza di truppe USA, sono state “legalizzate” dal progetto di legge presentato lo scorso 13 marzo alla Rada dal presidente Petro Poroshenko e approvato il 19 marzo, sull’ammissibilità dell’ingresso di reparti militari stranieri sul territorio ucraino nel 2015 per la partecipazione a manovre plurinazionali. Secondo il programma, nell’area del poligono di Javorov quest’anno si terranno manovre militari americane-ucraine e anche plurinazionali (Paesi della Nato e Paesi partecipanti al programma “Partnership in nome della pace”!!), pressoché ininterrottamente, da marzo a novembre, con la partecipazione di alcune migliaia di soldati. Nel 2015, è previsto anche l’invio di militari ucraini all’estero per programmi di addestramento della polizia militare: in Germania, Lituania, Ungheria, Spagna e Portogallo.
    http://contropiano.org/internazionale/item/29975-ucraina-arrivano-i-soldati-e-le-armi-di-washington

  2. S’innestano qui altre voci, tanto impossibili da verificare quanto insistenti, di forti contrasti anche all’interno della CIA, e precisamente nel Dipartimento di Langley che gestisce la “questione Ucraina”. Un dipartimento che conta una trentina di funzionari. Contrasti che avrebbero portato a qualche suicidio. Dipartimento che, per le ragioni appena qui accennate, sarebbe fortemente “influenzato” (ma è un eufemismo) proprio dalle corporations private. Insomma la domanda “chi comanda a Kiev”, riflette la domanda ben più importante: “chi comanda a Langley”?
    Leggi tutto: http://it.sputniknews.com/opinioni/20150406/213782.html#ixzz3Wfx9k2hR

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