Il ministro Poletti proponeva in un convegno di ridurre ad un solo mese le vacanze scolastiche, ma si può fare di meglio e risparmiare anche il costo degli insegnanti per sei mesi:
“Nel Paese in cui la discoccupazione giovanile è in media del 40%, con punte nel sud Italia che raggiungono il 70%, l’Emilia Romagna è, come sempre, all’avanguardia.
Questa volta a far da protagonista sono la Lamborghini e la Ducati, che hanno aderito al progetto DESI, inaugurato ieri dal ministro all’Istruzione Giannini.
Cos’è DESI? Dual Education System Italy. Un progetto realizzato dal gruppo Audi Wolkswagen in collaborazione con il Miur (il Ministero dell’Istruzione e della Ricerca), la Regione Emilia Romagna, e gli istituti tecnici Fioravanti e Aldini Valeriani.
Si tratta di una vera e propria rivoluzione per il ritorno al medioevo in tema di politiche del lavoro, istruzione e progresso sociale. DESI infatti prevede lo sconvolgimento dei programmi scolastici, con 6 mesi di lezioni teoriche in classe, e poi… altri 6 mesi di pratica in fabbrica, davanti alle linee di montaggio, seguiti dai “tutor aziendali”.
Una curiosa macchina del tempo sembra gestire il destino del mondo. Improvvisamente lo scorrere degli anni, e dei secoli, ha subito una brusca battuta, invertendo addirittura il suo senso di marcia con una manovra degna dei migliori racconti di fantascienza.
Il mondo, in particolare il continente europeo, sino a venti anni fa viaggiava attraverso un’epoca quasi illuminata, in cui i diritti fondamentali dei cittadini, e dei lavoratori, erano oramai quasi indiscutibilmente garantiti. Tutele sociali, queste ultime, scaturite in seguito violenti conflitti mondiali e, ancor più, sorte da grandi movimenti sindacali che tramite la lotta (costruita con indicibili sacrifici da operai e studenti) sono riusciti nel complesso tentativo di limitare lo strapotere della classi agiate. Non solo: anche sul fronte della laicità l’Italia, con grande fatica, aveva imboccato la via della libertà di coscienza innanzi ai vincoli imposti dalla Chiesa. Negli anni 70, vincendo la ritrosia a tratti violenta del mondo cattolico, veniva infatti legiferato l’istituto civilista del divorzio mentre, lentamente, si faceva strada la possibilità di praticare aborti non solamente negli ambulatori clandestini ma nelle più sicure strutture pubbliche sanitarie.
Verso la metà degli anni 70 a Kabul le donne non passeggiavano con i burqa bensì indossando moderne minigonne, mentre il tema della laicità delle Istituzioni si faceva largo, con forza, nelle discussioni che agitavano i caffè del Libano, della Giordania, come quelli di Damasco e del Cairo. Principi di divisione tra Pubblico e Fede che, lentamente, facevano breccia parimenti in alcuni governi del mondo arabo appartenenti alla sfera degli stati non allineati con le grandi potenze dell’epoca (blocco USA ed URSS). Un pianeta, tra contraddizioni e dittature, che provava ad impostare una nuova via per l’Umanità, seppur combattendo quotidianamente contro chi, nel nome degli interessi economici di alcuni, fomentava regimi assoluti e colpi di Stato. Ad Est come ad Ovest una marea fatta di persone si agitava per spezzare catene e poteri antichi nonché assodati da sempre. Improvvisamente la frenata e la pericolosa inversione del senso di marcia ad “U” da cui sono derivate conseguenze devastanti. L’azzardata manovra ha condotto, improvvisamente, a scenari inversi rispetto ai precedenti. Fatti sconvolgenti che hanno riportato tutte le società civili ai secoli scorsi: a prima della Rivoluzione francese. Di seguito i vocaboli protagonisti di questa “nuova” era sono diventati: “Guerra Santa”, “Guibileo”, “Crociate”, in sostituzione a termini quali “Pace”, “Diritti”, “Uguaglianza”. Espressioni, le prime, collocate all’esatto opposto del neologismo, anzi intrise del sapore tipico della carta d’archivio polveroso.
Il salto nel tempo viene solitamente mascherato con atti ed azioni che ne negano l’esistenza: una sorta di verità di comodo il cui uso possa garantire nei destinatari (i soliti cittadini) false illusioni e speranze vane. In questa ottica il termine più usato dai governi, soprattutto in Italia, per camminare all’indietro fingendo di proseguire verso il futuro, è “Riforma”: vocabolo usato ed abusato a sproposito con lo scopo di targare “nuovo” quello che in realtà è “antica prassi del potere assoluto”. Il presidente Renzi è un autentico cultore dell’uso di tale parola, a fini opposti rispetto al suo significato vero. La conferma a tale affermazione giunge dagli innumerevoli campi dell’agire politico: da quello istituzionale, in cui la “Riforma” prevede l’eliminazione del Senato eletto per sostituirlo con uno di nominati (esattamente come accadeva due secoli or sono negli stati preunitari italici); a quello sociale dove con tale parola è stato possibile cancellare, in un sol colpo, anni di innovazioni legislative a tutela della parte più debole nel rapporto lavorativo (ossia, per chi non lo sapesse, i lavoratori).
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