di Fabrizio Ciannamea – 03/06/2015
Fonte: L’intellettuale dissidente
Un flusso di denaro enorme, circa 50 milioni di euro, che dall’inizio del 2015 avrebbe riempito le casse dei clan africani che gestiscono il traffico di immigrati. Una rete enorme di contatti, mediatori e professionisti della traversata, che affonda scientemente i barconi nel Mediterraneo. Questo e molto altro sta emergendo da un’inchiesta della Procura di Palermo coordinata dal procuratore Franco Lo Voi, la cui nomina è stata oggetto, in queste ultime ore, di un arduo tira e molla tra il Tar e il Consiglio Superiore della Magistratura. L’indagine ha preso spunto da due operazioni “Glauco1” e “Glauco 2” attraverso le quali, in poco più di un anno, è stata ricostruita la struttura e individuati i capi dell’organizzazione criminale che gestirebbe i traffici di esseri umani che dall’Africa e dal Medio Oriente arrivano sulle coste italiane ogni giorno.
Al vertice della organizzazione ci sarebbero l’eritreo Medhane Yehdego Redae e l’etiope Ermias Ghermay. Proprio Ghermay risulta agli inquirenti italiani latitante dal luglio 2014. Probabilmente l’etiope sarebbe uno dei responsabili del naufragio avvenuto davanti alla coste di Lampedusa che nel 2013 costò la vita a 366 persone. In seguito a quell’episodio Ghermay esclamò: “Inshallah, così sia”, e, scomparendo, cinicamente si pulì coscienza dalle centinaia di vittime al cospetto dell’ingente guadagno che avrebbe fruttato per lui ed altri l’ennesimo barcone ingoiato dal Mare Nostrum. Le indagini portate avanti in questi giorni dai magistrati palermitani, secondo quanto emerso da un’inchiesta dell’Espresso, si baserebbero fondamentalmente sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia implicato nei traffici.
E grazie al “pentito” i magistrati hanno appurato l’esistenza di una sorta di tariffario che varia dai 2 ai 3 mila dollari per chiunque decida di partire dall’Africa alla volta dell’Europa. Soldi che vanno pagati in anticipo naturalmente. Gli eventuali affondamenti dei barconi e le conseguenti morti non determinerebbero, quindi, danni economici all’organizzazione. Inoltre, sempre secondo quanto anticipato dall’Espresso, il collaboratore di giustizia avrebbe riferito che utilizzare barconi fatiscenti e addirittura affondarli sarebbe una pratica voluta e richiesta da chi gestisce il flusso migratorio. A che scopo? Lirio Abbate scrive: “Quando la flotta europea si allontana, i naufragi sono l’esca per obbligarla ad avvicinarsi alle coste libiche. Per questo i trafficanti non hanno scrupoli nel caricare oltre ogni limite le imbarcazioni fatiscenti: obbligano con la forza alcuni migranti e profughi a partire anche con il mare in pessime condizioni, spingendoli verso un destino segnato.” Il compito dei così detti “scafisti” è semplice: condurre l’imbarcazione oltre le acque territoriali libiche, all’interno di quelle internazionali. Lì troveranno ad attenderla le navi europee, italiane su tutte, obbligate a soccorrerla. E se la flotta italiana si spinge più vicina alle coste nazionali, ecco che rincominciano gli affondamenti, i morti. Il racket dell’accoglienza, insomma.
Le restanti rivelazioni del “pentito” riguardano le decine di milioni di euro che il traffico di esseri umani genera. Soldi che gli immigrati pagano prima di partire ai membri dell’organizzazione. Una volta effettuato il pagamento il denaro sarebbe diretto in parte a Dubai oppure investito in villaggi dell’Africa subsahariana per creare una sorta di consenso popolare nei confronti dei professionisti del malaffare. Il fatto che il forziere di questo enorme flusso monetario sia stato individuato negli Emirati Arabi Uniti fa sorgere qualche dubbio riguardo chi effettivamente si nasconda alle spalle dell’organizzazione criminale. Il lavoro, eccellente, della Procura di Palermo e di Lo Voi è rivolto a colpire solo la parte superficiale del problema migratorio. Si tratta quindi solo la punta di un iceberg immenso che tuttavia deve essere distutto, interamente.
Alla base del problema “immigrazione” non vi sarebbe solo lo sconsiderato sfruttamento del territorio di grossi gruppi multinazionali che operano nella parte centrale dell’Africa. Ma, come ricordato dal giornalista Gian Micalessin su Rainews 24, questi traffici vengono spesso gestiti da gruppi alquadisti e da Daesh (Stato Islamico) che proprio non ci sta a perdere l’ ingente fonte di guadagno dei “migranti”. Che ben venga, quindi, l’azione della magistratura, per un risultato relativo. Ma il problema può essere risolto solo dalla Politica.
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di Marco della Luna