Riassumendo la situazione è la seguente: le disuguaglianze del globo stanno continuando a produrre flussi di fuga dalla miseria; a questi si aggiungono, potentemente, i flussi di fuggitivi da guerre, persecuzioni e terrorismo specie (ma non solo) da Siria, Iraq e Libia; dobbiamo incominciare anche a pensare che seguiranno altri flussi causati da sconvolgimenti climatici.
I migranti che bussano alle porte d’Europa seguono rotte diverse che stanno mutando in questi mesi. Se i media italiani si concentrano sui barconi e gli sbarchi in Sicilia e Calabria, il quadro complessivo è più ampio e – recentemente – l’attraversamento precario del Mediterraneo non si presenta come il problema principale dell’Europa (dall’osservatorio italiano resta un incubo, ovviamente).
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Chi vivrà vedrà, ma non gli piacerà.
Eppure, siamo in grado di accogliere e salvare mezzo mondo, spendere 35 euro per mantenerli, dargli un tetto, tre pasti al giorno, le schede telefoniche, e quant’altro, per milioni di euro di spesa. Eppure, siamo in grado di finanziare guerre per crearli e spingerli qui da noi, per molti più milioni e milioni di euro. Guai a mettere in dubbio anche solo la fattibilità o la ragionevolezza della cosa, viene giù il mondo. Tra un aperitivo e l’altro, la partita di calcio ed il TG, giù gare di solidarietà, camminate scalze, sindacati in piazza e appelli all’ accoglienza e alla giustizia divina. Non si pretende che capiscano i limiti e l’inganno della manovra in atto, ma quantomeno che ciò che pretendono (e viene fatto) per loro, sia fatto anche per chi, da italiano, ha bisogno come loro. A casa sua, nella sua terra, per colpa del suo governo, per il quale paga le tasse e con il quale ha un credito economico e sociale. Un patto sociale tradito e umiliato, tra cittadini e rappresentanti. Non si pretende, anche se lo si auspica ragionevolmente, che vengano “prima gli italiani”, ma non si può nemmeno accettare che vengano sempre dopo, per non dire mai. Qualcuno lo chiamerebbe “razzismo al contrario”, ma non esiste un razzismo dal giusto verso. Esiste il “razzismo” e basta. In tutte le sue forme ed evoluzioni orwelliane, di cui questa e’ la più vigliacca e subdola. Anche se fa molto trendy e radical chic.
Del razzismo 2.0
di Gianni Dessì – 22/09/2015
Fonte: Il corrosivo riportato in http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=52026
Il VI capitolo della celebre monografia che Sallustio dedica a Catilina si apre con una breve rievocazione delle origini (archaeologia) dell’urbs romana. Secondo la tradizione accolta dall’autore, Roma nasce dalla fusione di due comunità molto diverse per stirpe, lingua e costumi: da una parte i Troiani guidati dall’eroe Enea, dall’altra gli Indigeni (“Aborigenes”), che Catone il Vecchio, probabile fonte dello storico, considera Greci emigrati nel Lazio molte generazioni prima della guerra di Troia. Sallustio descrive gli Indigeni come un popolo rozzo, privo di leggi e di organizzazione politica (imperium) ma libero e indipendente: per contrasto, non è difficile vedere nei Troiani i superstiti di una civiltà urbana raffinata ma sconfitta e decaduta.
Che cosa accade allora? Coabitando entro uno spazio ben delimitato, le mura di Roma (“in una moenia convenere”), i due popoli si mescolano con una facilità e una rapidità che hanno dell’incredibile: presto “quella moltitudine dispersa e vagabonda” di profughi e di nomadi diventa una nazione ricca e potente. Il miracolo è potuto accadere “grazie alla concordia”, osserva lo storico – ed è una precisazione determinante -, cioè sulla base del pathos dettato dalla condivisione di una condizione, di una visione, di un obiettivo, politico e non solo (qualche studioso sostiene che Roma, anche se Sallustio non lo dice, nascesse come città santa).
Il sinecismo di Troiani e Indigeni segna l’indispensabile transizione dall’incertezza esistenziale dell’esule e del selvaggio alla sedentarietà e alla costruzione di un’etnicità dinamica, duttile, che fatalmente si nutrirà fino all’ultimo di continue ibridazioni più o meno dosate e, come dimostra l’intera storia romana, rivelatesi in fondo vincenti. Ancora nei momenti drammatici del tramonto saranno proprio due grandi generali “mezzosangue”, Stilicone ed Ezio, a difendere l’impero dai barbari.
Di segno contrario è il meticciato nomade imposto oggi dal capitale globalista e celebrato dalla retorica degli united colours, delle “razze nuove” – rappresentazione tanto ammiccante quanto falsa, perché trascura le inevitabili differenze e i punti di frizione nel rapporto fra nazionalità o civiltà o fra aspetti particolari di nazionalità e civiltà. Qui, insomma, non è in gioco la formazione di nessuna nuova civitas ma la demolizione teorica e pratica della categoria di “popolo”.
GIAMPIERO MARANO (ARS Varese) estratto da http://www.appelloalpopolo.it/?p=14414
Il calo di presenze per le due principali collettività non comunitarie presenti in Italia è sicuramente legato all’elevato numero di acquisizioni di cittadinanza registrato lo scorso anno, con 35 mila albanesi e 32 mila marocchini che sono diventati italiani. La crescita delle naturalizzazioni è un altro aspetto importante evidenziato dal rapporto Istat: nel 2015 le acquisizioni sono state in totale 159 mila contro le 50 mila del 2011 (Fig. 2).
http://www.neodemos.info/immigrazione-non-solo-profughi/