Ma niente è esplicativo delle intenzioni e delle idee quanto l’elenco dei Paesi che hanno votato no a una risoluzione che in questo stadio e poco più di una esortazione: Usa, Gran Bretagna, Canada, Israele, Giappone e Germania, ossia il display del Washington consensus, i “sinistri maestri di opulenza” come ha detto il rappresentante argentino, che risucchiano ricchezza da ogni parte, attraverso i meccanismi della finanza.
Mi aspettavo che se ne parlasse almeno di sfuggita in occasione della visita del Papa argentino all’Onu e del suo discorso, mai così urbi et orbi: invece c’è stato un silenzio assoluto da parte di tutti e in particolare dei media mainstream. Nessuno ha ricordato che appena due settimane prima dell’evento l’assemblea delle nazioni unite ha votato a larghissima maggioranza ( 136 si, 6 no e 41 astenuti) un risoluzione nella quale si invoca e si prefigura una sorta di gestione internazionale delle questioni derivanti dalla eventuale ristrutturazione del debito dei Paesi in crisi.
Mi ha stupito perché se l’iniziativa è partita ufficialmente dal delegato della Bolivia è stata in realtà portata avanti dall’Argentina che recentemente è stata vittima del ricatto degli hedges found statunitensi i quali si sono rifiutati di aderire alla ristrutturazione del debito, accettato invece dalla massima parte dei creditori, sulla base di una sentenza della corte suprema Usa. E’…
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Promesse elettorali: solo pochi giorni fa, Fernando Rosas, cofondatore del “Bloco de Esquerda”, ha cambiato la sua opinione su euro ed Europa: “la zona euro è una specie di dittatura che non permette decisioni democratiche. Quindi vogliamo rinegoziare il debito e, se necessario, siamo pronti a lasciare l’euro. Non faremo l’errore di Alexis Tsipras che è andato ai negoziati senza un Piano B.”