Gli argomenti sono gli stessi già impiegati da William Hague: Londra è il garante della natura atlantica dell’Unione Europea, è la cancelleria che tiene Bruxelles nell’orbita di Washington, è la potenza che ha imposto al resto dei 28 membri le sanzioni all’Iran ed alla Russia (spalleggiata da Angela Dorothea Kasner, alias “Merkel”), è il baluardo degli interessi angloamericani nella UE, intesa in termini geopolitici come la “testa di ponte” di Washington sul continente euroasiatico. Non c’è quindi da meravigliarsi che Barack Obama si spenda pubblicamente contro il Brexit9 (intervenendo a gamba tesa negli affari di un Paese terzo), a differenza di Vladimir Putin che, in privato, tiferà quasi sicuramente per il Brexit e la sua conseguente implosione della UE.
Già, perché sono basse le probabilità che la City e Wall Street risparmino l’Unione Europea nel caso di un addio inglese: sarebbe troppo grande il rischio la UE si evolva in nuovo “blocco continentale” napoleonico, egemonizzato dalla Germania, oppure, ancor peggio, in quell’Europa “dall’Atlantico agli Urali” preconizzata da Charles De Gaulle, il vero incubo strategico delle potenze marittime anglosassoni. Sarebbe più concreto invece lo scenario di un Brexit seguito a ruota dall’assalto speculativo che infligga il colpo di grazia alla già debilitata eurozona, sancendo così l’implosione dell’Unione Europea: il pericolo di un blocco continentale a guida tedesca sarebbe così scongiurato e si tornerebbe alla tradizionale politica dell’equilibrio tra potenze con cui Londra ha gestito per secoli gli affari europei, magari nella cornice del TTIP per ostacolare lo scivolamento dell’Europa verso est.
Concludendo, il 23 giugno sarà probabilmente la prima tappa dello smantellamento formale della UE (quello sostanziale risale alle restrizioni sui movimenti dei capitali adottate a Cipro nel 2013): sommando altre emergenze, come l’atteso picco migratorio, il rigurgito della Grexit, la riedizione delle elezioni spagnole ed i probabili sconquassi borsistici di accompagnamento, l’estate 2016 si preannuncia la più bollente degli ultimi decenni.
estratto da http://federicodezzani.altervista.org/brexit-tutto-finira-la-dove-tutto-e-cominciato/
Certo, il debito greco non viene dal nulla. I greci non sono stati così eccellenti nel gestire i propri debiti, va bene. Ma inizialmente il credito gli è stato concesso da banche internazionali private come Goldman Sachs.
Il debito è stato poi disastrosamente rifinanziato dalla BCE e dal FMI, trasferendo così il debito dalle banche private a banche pubbliche/politiche, come la BCE e il FMI. Questa manovra è stata di un’importanza cruciale, perché ha spostato il debito dalla sfera privata — nella quale c’è un’accettazione del rischio — alla sfera pubblica/centrale, che non può ammettere default.
Avendo il debito greco in mano (5 miliardi di euro all’inizio) il problema per FMI e BCE era che in nessun caso avrebbero potuto “sganciare” la Grecia. In caso di default, qualsiasi paese o debitore nel mondo saprebbe che FMI e BCE non fanno sul serio quando si tratta di riscuotere i debiti. Se il debito fosse rimasto nel settore privato, un default avrebbe danneggiato solo gli azionisti di Goldman Sachs. Le banche private possono accettare il default o il taglio del debito, perché il rischio finanziario è cosa che gli appartiene. Ma il rischio politico non le riguarda affatto.
In quel contesto non c’è da stupirsi che le banche siano fortemente a favore della permanenza della Gran Bretagna nell’UE. Lloyds, Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley, e un bel mucchio di fondi speculativi si sono tutti espressi a favore della permanenza della Gran Bretagna nell’UE. Alcuni hanno anche finanziato la campagna per la permanenza. Alle banche piace il fatto che, quando ne combinano una, poi arrivi la grande banca centrale a farsi carico dei debiti cattivi che esse dovrebbero riscuotere. Dal punto di vista di Goldman Sachs, la Grecia adesso è problema di qualcun altro, e tutto grazie alla UE.
http://vocidallestero.it/2016/04/29/brexit_sinistra_favore_capitalisti/
di Alessandro Montanari Dal momento che i grandi giornali nazionali hanno curiosamente trascurato la notizia, che in caso contrario avrebbero avuto la scocciatura di dover commentare, tocca ancora a questo piccolo sito darvi conto dell’ultima uscita di Lloyd Blankfein che, per chi non lo conoscesse, è dal 2006 il Chief Executive Officer di Goldman Sachs. Infastidito dallo scherzetto della Brexit ma ancor più, si direbbe, dall’infantile ostinazione britannica a non voler disattendere il voto, Mr Blankfein ha approfittato di twitter – che, non essendo di cittadinanza russa, può usare liberamente per influenzare gli affari interni altrui – per suggerire alla signora May una soluzione choc. “Riluttante a dirlo – premette, esibendo un insospettabile candore, il grande capo di Goldman Sachs -, ma molti si augurano un voto di conferma su una decisione così monumentale e irreversibile. La posta in gioco è alta. Perché non assicurarci che ci sia ancora consenso?”. Eh già, perché prenderla tanto sul serio? In fondo lo sappiamo tutti che gli inglesi hanno dato la risposta sbagliata. Dunque organizziamo una bella rivincita e vediamo se, a ripetergli la domanda, questi zucconi stavolta votano come si deve..
https://www.controinformazione.info/27999-2/
di Massimiliano Greco George Friedman, direttore dell’agenzia di intelligence Stratfor lo ha detto chiramente: “Noi americani non temiamo la Russia e neppure la Cina. Temiamo solo che Russia ed Europa si uniscano, perché verrebbe fuori una potenza che non potrebbe essere eguagliata”. Massimiliano Greco ci spiega nei dettagli quali siano le potenzialità di una Euro-Russia e il motivo evidente per cui si cerca di contrapporre le due parti. La UE è un meccanismo farraginoso che tiene assieme gran parte dell’Europa, comprimendone libertà e imponendo regolamenti assurdi. Ha, purtuttavia, un grande merito: quello di mettere assieme il secondo PIL mondiale: 16,2 bilioni di dollari, contro i 17,5 degli USA e i quasi 11 della Cina. La Russia “solo” 1,3 bilioni (ma a ciò andrebbe aggiunto il PIL della Crimea e quello di Sevastopoli i cui dati ci mancano che, in ogni caso, non cambiano di moltissimo il discorso). Gli USA in teoria dovrebbero essere quindi i più acerrimi nemici della UE, dato che l’Unione Europea, in pochi decenni, aumentando le spese militari, potrebbe strappare loro il primato mondiale. E invece gli USA sono (stati) i più accaniti sostenitori sia dell’allargamento alla Turchia e ai Paesi dell’est Europa, che della necessità di evitare il Brexit. Tuttavia, poiché si tratta di un nano politico e di un moscerino militare, e al suo interno vi sono svariate centinaia di basi militari americane, gli USA, lungi dal sentirsene minacciati, la difendono. Anche perché, grazie al TTIP, diventa la vera e propria gallina dalle uova d’oro per i produttori americani, abituati a regole alimentari e sanitarie molto meno rigide rispetto a quelle europee. E, comunque, si tratterebbe di un mercato di 500 milioni di persone, “vassallo” degli USA: solo degli stupidi vi rinuncerebbero. La UE, in effetti, è stata ed è tuttora lo zuccherino con cui gli USA hanno attirato nella NATO i Paesi del Blocco ex Sovietico, contravvenendo agli impegni presi con i dirigenti russi che impedivano l’espansione della NATO a est. Si pensi alla crisi ucraina, con milioni di persone gettate nella povertà con l’illusione di accedere ai fondi europei, e che adesso non hanno neppure di che riscaldarsi. Ecco perché Obama si è praticamente spinto a minacciare l’Europa intera, in caso di successo del referendum sul Brexit.
http://www.controinformazione.info/europa-piu-russia-prima-potenza-ecco-perche-cercano-di-dividerci/
Renzi se ne va? – terzapagina
tutto questo però si riferisce a un Paese la cui reale integrazione con la Ue è assai relativa visto che non ha la moneta unica, non ha firmato i trattati capestro come il fiscal compact, non riconosce più come propri i cittadini di altri Paesi dell’Unione,
https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2016/06/15/la-speranza-del-brexit/
La follia del gesto contro una donna impegnata in prima linea per il «Remain», ha invece subito cementato tra gli investitori una convinzione: da qui al 23 giugno, giorno del referendum, i sondaggi che davano ormai per certa la vittoria dei favorevoli alla Brexit verranno sovvertiti. Si punta sull’onda emotiva che potrebbe ricompattare gli inglesi sotto la bandiera dell’Unione europea, ricacciando indietro i rigurgiti di nazionalismo. Lo score finale degli indici è la plastica rappresentazione di ciò che i mercati si aspettano, con Piazza Affari che ha trasformato un -2,2% in un -0,98%, con Francoforte che ha limitato i danni da un -1,4 a -0,59%, mentre Parigi è passata da un -1% a -0,45% e Londra da -0,85% a -0,27%.
http://www.giornalenews.com/2016/06/17/lomicidio-di-jo-cox-sta-ottenendo-i-risultati-sperati-vola-la-borsa-e-il-brexit-ora-rischia/