di Luciano Lago Le ultime dichiarazioni della ambasciatrice USA all’ONU, Nikki Haley, in cui la diplomatica ha sostenuto che “Trump vede la Russia come un problema” sono significative della conversione a 180 gradi che l’Amministrazione Trump ha fatto rispetto alle prime dichiarazioni distensive rispetto alla Russia fatte dal presidente, prima della sua nomina alla Casa Bianca. Sembrava in un primo momento che Trump e Putin avrebbero trovato una intesa sulle questioni più importanti, dall’Ucraina alla Siria, basandosi sulla volontà comune di dare la priorità alla lotta contro l’ISIS ma poi gli eventi hanno preso un’altro corso. Il “Russia Gate”, montato ad arte dai circoli neocons e del Partito Democratico, ha avuto l’effetto di paralizzare l’azione di Trump in politica estera e bloccare qualsiasi ipotesi di riavvicinamento tra Washington e Mosca. Da ultimo si è complicata la questione siriana, nonostante le dichiarazioni fatte pochi giorni prima da Trump, di non considerare più l’allontanamento di Assad come una “priorità strategica”, Trump si è dovuto auto smentire poco dopo, dichiarando di “aver cambiato idea” su Assad. Per una casualità (forse non tanto fortuita) è intervenuto l’attacco con armi chimiche di Khan Sheikun (Idlib) in Siria ed i suoi 74 morti accertati che hanno avuto l’effetto di ribaltare la situazione, facendo usare a Trump lo stesso linguaggio dell’odiato predecessore: “Assad ha superato “molte, moltissime, linee rosse”, ha detto ieri, interrogato sulla questione siriana. Questo mentre, al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la Haley minacciava un intervento militare unilaterale USA in Siria contro le forze di Assad. Non a caso gli analisti riscontrano una estrema volubilità nelle posizioni del presidente Trump, il quale non ha esperienza e competenze proprie in politica estera e per di più si trova circondato da consiglieri che hanno costruito sulla guerra le loro carriere (da Rex Tillerson a James Mattis, a Mike Pompeo). Tutti personaggi al servizio del possente apparato militare/industriale che detta legge a Washington e che necessita di sempre nuove guerre ed interventi militari per auto alimentarsi. La Haley ha riferito di aver mantenuto conversazioni con Trump in cui il presidente ha sostenuto di ” vedere la Russia come un problema”, tutti vorrebbero ascoltare queste parole (di Trump) ma guardate le sue azioni, ha detto la Haley. La Russia conduce una politica ostile e si oppone al rafforzamento della NATO, ” mantiene una posizione intransigente sul problema della Crimea e con il suo intervento copre il regime di Assad”, ha riferito. Le dichiarazioni della Haley danno l’impressione che lei stessa stesse cercando di ricomporre l’immagine di Trump, il quale era stato molto criticato per non avere un atteggiamento abbastanza duro con la Russia, in un momento in cui si sta indagando sulle possibili interferenze di Mosca nella campagna presidenziale.
Nella giornata di ieri è andato in scena lo scontro verbale al Palazzo di Vetro con Mosca che si è schierata nettamente a difesa di Assad, accusando i gruppi ribelli di produrre testate a base di armi chimiche e definendo “completamente falsi” i rapporti su cui Washington, Parigi e Londra hanno basato la bozza di risoluzione sulla strage di Khan Sheikun: al Consiglio di Sicurezza si richiedeva una risoluzione per l’apertura di un’inchiesta guidata dall’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e, a Damasco, di collaborare fornendo informazioni sul giorno dell’attacco, sui voli degli aerei siriani e sulle loro posizioni, ecc. . La Russia si è opposta ed ha chiesto di attendere il risultato di una inchiesta sostenendo la falsità delle frettolose ricostruzioni fatte dagli USA, Francia e Gran Bretagna. Tutto è stato rinviato a data da definire. Secondo Washington la descrizione fatta dalla Russia è falsa: la ricostruzione del Ministero della Difesa, ha detto Haley, non sta in piedi. “Un affronto all’umanità”; ha aggiunto Trump parlando della necessità di un intervento unilaterale USA qualora l’ONU risulti paralizzato. Perché “se l’Onu non è in grado di reagire collettivamente – ha chiosato Haley – spetta ai singoli Stati farlo”. Nel frattempo la guerra in Siria continua e potrebbe complicarsi ulteriormente nel caso di un maggiore intervento di USA e dei suoi alleati. Considerando tutti gli attori in campo, con le forze siriane, le forze russe e quelle iraniane ben piazzate sul territorio, allo stato dei fatti, sembra difficile prospettare una soluzione militare del problema siriano. Fra i “cattivi consiglieri” di Trump ci sono certamente i personaggi manovrati dalla potente lobby filo Israele di Washington che da tempo non vedono l’ora di poter provocare un intervento militare statunitense in Siria per rovesciare il governo di Damasco ed attuare il vecchio progetto di balcanizzazione del paese arabo, bloccato al momento dall’intervento russo. L’intervento miltare diretto degli USA avrebbe anche l’importante obiettivo di sgomberare il territorio siriano dalle forze dell’Iran e di Hezbollah, rendendo un grande servigio a Netanyahu. La gratitudine di Israele sarebbe assicurata per sempre all’Amministrazione di Donald Trump, e questo lo solleverebbe anche agli occhi dei neocons evitando le prossime “congiure di palazzo”. Avanza il sospetto, che di giorno in giorno diviene una certezza, che l’intera questione dell’attacco chimico effettuato nella zona di Idlib sia tutta una messa in scena accuratamente predisposta dalle forze ribelli (terroristi jihadisti sostenuti dall’Occidente e dall’Arabia Saudita) per creare il pretesto di un intervento diretto USA sul campo. Ci sono tutti gli elementi per ritenere altamente probabile la questione: dalla scenografia dei soccorsi “anomali”se si fosse trattato realmente di gas sarin, al momento preciso in cui questo si è verificato, mentre sul campo le forze siriane e russe sono vittoriose e quello di Idlib è di fatto l’ultimo baluardo dei terroristi nella regione. Non si capisce quale avrebbe dovuto essere il vantaggio per il Governo di Assad di ricorrere ad un attacco chimico se non quello di darsi una enorme zappa sui piedi. In realtà si ritorna indietro alla situazione del 2013, quando Obama prospettava la famosa linea rossa per l’intervento USA poi fermato dall’accordo con la Russia per il trasferimento delle armi chimiche della Siria. Anche allora si ricorse ad un finto attacco con un eccidio di persone innocentiattuato dai terroristi, come poi venne dimostrato anche dal Massachusetts Institute of Technology, e persino dallo stesso segretario di Stato John Kerry, vedi: Possible Implications of Faulty US Technical Intelligence in the Damascus Nerve Agent Attack Vedi anche: Huffingtonpost Un eccidio fatto, allora come adesso, per colpire emozionalmente l’opinione pubblica, grazie all’apparato mediatico propagandistico di cui gli USA dispongono (dalla CNN alla Reuters, alla BBC, alla CBC, Sky News, NBC, ecc..), con menzogne costruite e diffuse in tutto il mondo, totalmente pilotate da Washington e da Londra. La questione più grave è quella che si dimostra come, in questo momento, il “military industrial complex” di Washington tiene in ostaggio il presidente Trump per imporre la sua agenda di guerra: possiamo quindi aspettarci una vasta scelta fra un intervento in Siria, anche a costo di un confronto con la Russia, un prossimo intervento in Ucraina per riconquistare la Crimea, un intervento aeronavale nel Mar Meridionale della Cina per fronteggiare l’espansione di Pekino, intervento in Venezuela per riportare all’ordine l’importante paese petrolifero, ed altri possibili interventi per saziare l’appetito delle grandi industrie belliche, di Wall Street e del predominio del dollaro nel mondo. Cambiano gli “imperatori” ma la logica dell’Impero rimane la stessa.
Il Comando russo comunica che, a seguito dell’attacco unilaterale effettuato dagli USA, viene interrotta qualsiasi cooperazione aerea tra le forze russe in Siria e l’aviazione USA. Questa cooperazione veniva svolta per prevenire possibili incidenti nello spazio aereo siriano tra gli aerei russi, siriani e gli aerei da guerra della coalizione USA. Ministero Esteri russo: L’attacco USA in Siria è un modo di distogliere l’attenzione dalla situazione a Mosul (Iraq) -dove gli USA stanno compiendo ripetute stragi di civili. Stato Maggiore della Siria: nell’attaccare la base delle Forze siriane gli USA si sono trasformati in un alleato di fatto dei terroristi, tanto dell’ISIS che dei gruppi come Al Nusra e gli altri. Grazie all’attacco USA sulla base di Al-Shairat, in Siria, l’ISIS ha iniziato una nuova offensiva sulla strada che collega Homs a Palmira. Proprio dalla base di Al-Shairat provenivano le incursioni aeree delle forze siriane in appoggio dell’Esercito siriano che avevano consentito la liberazione di Palmira. Attualmente i gruppi terroristi non vedono più ostacoli nel riconquistare Palmira per attaccare i civili e completare la distruzione del patrimonio storico dell’antica città romana. Fonti: Al Mayadeen Hispan Tv Traduzione e sintesi: L.Lago
http://www.controinformazione.info/la-russia-sospende-ogni-collaborazione-con-gli-usa-in-siria/
L’immediata, plateale, enorme metamorfosi del discorso pubblico, come a segnale convenuto di direttori di giornali, Calabresi e Molinari, Mentana come Mogherine, Merkeline, Trumpini e Boldrine, l’ho già vista altre volte nella storia; ed ormai so che dietro una tale unisono nella palese menzogna, una tale invincibile di un’impostura visibile ad occhio nudo, è opera di quelli che Israel Shamir ha chiamato, oh quanto giustamente, i Signori del Discorso.
So anche per lunga esperienza che quando i Padroni del Discorso prendono un così evidente, potere, vuol dire che è piombata (di nuovo) su di noi la Dittatura della Menzogna. Riconosco la cappa di piombo.
http://www.maurizioblondet.it/nella-menzogna-totale-riconosco-lopera-dei-padroni-del-discorso/
Quindi, cosa accadrà? Spero vivamente che non accada niente. Assolutamente niente. Finché gli Americani parlano soltanto e finché non fanno niente, potrebbero essere fatti dei passi avanti concreti in Siria (Daesh sta già perdendo la guerra!). Spero che i curdi, più o meno, “ci provino”, e poi rinuncino prima che le cose si mettano male. Se i curdi decidono davvero di combattere per lo Zio Sam, spero che si ricordino che gli USA li scaricheranno non appena Raqqa sarà liberata, semplicemente perché creare davvero una sorta di autonomia per i curdi contro la volontà di Siria, Iran e, più importante ancora, Turchia, potrebbe davvero far sì che Erdogan chiuda la porta in faccia alla Nato. Se questo accadesse, l’unica opzione per la Turchia sarebbe una qualche intesa, o forse anche alleanza, con la Russia e l’Iran. L’effetto-domino a quel punto aprirebbe a infiniti scenari, e niente sarebbe da escludere.
http://vocidallestero.it/2017/04/07/la-follia-neo-con-dellamministrazione-trump/
Dunque Tillerson non soltanto non offre a Mosca alcun compenso; lo minaccia di renderla irrilevante, se non obbedisce. Come, se non con le bombe? Anzi, ventila la minaccia di ritenere la Russia corresponsabile del delitto(non avvenuto) di Assad, ossia l’uso di armi chimiche, vietato dal diritto internazionale; un’accusa che mira a mettere la Russia nel novero degli stati-mostri.
Come si vede, Tillerson non va a trattare. Va a esigere la resa incondizionata , senza contropartite all’umiliazione e alla vergogna.
Secondo me, lo fanno consapevolmente. Non vogliono trattare; vogliono la guerra, perché sanno che fra dieci anni non saranno più in grado di vincere una guerra mondiale; perché il loro sistema finanziario è sull’orlo dell’implosione. Perché la loro egemonia basata sulla sovversione e destabilizzazione del mondo è fallita, e solo aumentando la posta possono giocare un’altra mano.
Alcuni osservatori dicono che è un bluff, per piegare Mosca. Se lo fosse, sarebbe comunque un gioco pericoloso. Ma io personalmente non credo si illudano che Putin si umili, ceda, tradisca. Lo conoscono abbastanza. Vogliono mettere la Russia con le spalle al muro, in modo che non abbia altra via di salvezza che l’attacco. Alla disperata. Fecero lo stesso al Giappone, costringendolo ad una guerra in cui si sapeva inferiore.
Vogliono la guerra.
http://www.maurizioblondet.it/quello-tillerson-porta-putin-si-chiama-ultimatum/