L’abdicazione di Ratzinger

di Antonio Socci – 22/05/2017

Ora gli esperti di geopolitica cominciano a riflettere su cosa c’è dietro la misteriosa “rinuncia” di Benedetto XVI

Fonte: Libero

Nell’ultimo numero – appena uscito – di Limes, l’autorevole rivista di geopolitica dello stesso gruppo editoriale di Repubblica ed Espresso, viene pubblicato un saggio del professor Germano Dottori, che si occupa di Studi strategici presso la Luiss, è consigliere scientifico di Limes, membro di altri importanti centri studi ed è stato consulente presso commissioni della Camera e del Senato in materia di affari esteri e difesa.

Dunque il saggio di Dottori – intitolato “Perché ci serve il Vaticano” – ricostruisce lo stretto e decisivo legame fra la politica estera della Stato italiano e la presenza a Roma del papato che ha un’influenza planetaria. Un rapporto anche conflittuale.

 

CONFLITTO

Oggi, per esempio, Dottori ritiene che “il governo dei flussi migratori” crei un grosso attrito fra gli interessi dello Stato italiano e il Vaticano di papa Bergoglio.

E’ noto infatti che “Francesco è un sostenitore delle porte aperte”, ma c’è una “difficoltà strutturale destinata a gravare sull’Italia: se Roma non tenterà di rallentare in qualche modo i flussi di disperati che raggiungono il nostro paese, non solo verranno certamente compromessi alcuni delicati equilibri sociali, come già si comincia a vedere nelle periferie… ma è molto probabile che i nostri partner europei finiscano con l’optare per la nostra espulsione dagli accordi sullo spazio unico europeo, con conseguente pregiudizio dei rilevanti interessi economici delle nostre imprese esportatrici”.

Nel delineare il complesso intreccio Italia/Vaticano, Dottori si è soffermato pure sugli eventi che nel 2011 hanno portato alla caduta del governo Berlusconi e nel 2013 alla strana e traumatica “rinuncia” di Benedetto XVI.

 

IL CONTESTO

Dottori scrive: “Le frizioni tra Chiesa e Stati Uniti non sarebbero venute meno neanche con la scomparsa di Giovanni Paolo II. Avrebbero invece avuto un seguito durante il pontificato di papa Ratzinger, nel corso del quale ad acuirle non sarebbe stato soltanto l’investimento fatto da Barack Obama e Hillary Clinton sull’islam politico della Fratellanza musulmana durante le cosiddette primavere arabe, ma altresì la ferma volontà di Benedetto XVI di pervenire a una riconciliazione storica con il patriarcato di Mosca, che sarebbe stata nelle sue intenzioni il vero e proprio coronamento religioso di un progetto geopolitico di integrazione euro-russa sostenuto con convinzione dalla Germania e anche dall’Italia di Silvio Berlusconi – ma non da quella, più filo-americana, che si riconosceva in Giorgio Napolitano. Com’è andata a finire” scrive Dottori “è noto a tutti. Governo italiano e papato sarebbero stati simultaneamente investiti da una campagna scandalistica, coordinata, di rara violenza e priva di precedenti, alla quale si sarebbero associate anche manovre più o meno opache nel campo finanziario, con l’effetto finale di precipitare nel novembre del 2011 l’allontanamento di Berlusconi da Palazzo Chigi e, il 10 febbraio 2013, l’abdicazione di Ratzinger”.

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La Grecia dimenticata

Di fatto, gli stati europei, nel 2013, hanno versato “alla Grecia” una prima tranche di 2,7 miliardi. Ho scritto “alla Grecia” tra virgolette, perché in realtà l’hanno versato su un conto speciale dedicato. Dedicato al  rimborso del debito.  Insomma i creditori hanno versato  i 2,7 miliardi in realtà a  loro stessi, in un conto di deposito per la propria garanzia.  In Grecia, di quegli interessi che i greci hanno pagato, non è entrato un euro.   Nel 2014, gli stati europei hanno versato un’altra tranche – ma cambiando ancora: su un conto intermedio del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) che è situato, guarda le coincidenze, in Lussemburgo. Cioè quel paradiso fiscale di cui il capo della commissione europea Juncker è stato primo ministro per quasi vent’anni (1995-2013), facendo  quegli accordi fiscali con 550 multinazionali per attrarne le sedi nel piccolo centro; le multinazionali che si sono messe d’accordo  con Juncker hanno pagato l’1%  sui profitti trasferiti nel Granducato  (a proposito: la scoperta  fu fatta da un consorzio di giornalisti nel 2014. “Non bloccherò l’indagine”, promise Juncker a testa alta. Qualcosa però dev’esser successo, perché son passati 3 anni e tutto tace. Forse perché le indagini  su Juncker  sono affidate a Margrethe Vestager,   commissaria alla concorrenza, sua collega e sottoposta  in oligarchia ? ).

Lasciamo perdere, non dobbiamo distrarci  da questi interessi che gli stati UE  si sono impegnati di restituire ai greci. Abbiamo visto che i creditori hanno versato qualcosa  nel 2013; qualcosa in un conto dormiente alle Cayman d’Europa (Granducato) l’anno dopo.  E poi? Poi più niente. Perché   a giugno 2015, gli stati europei si sono rimangiati l’accordo … pardon, mi correggo: l’ hanno bloccato  con la motivazione che finché Atene non si piegava alle austerità e ai tagli ferocissimi richiesti dai creditori, nemmeno più un euro.

La sospensione, l’ha chiamata l’Eurogruppo,  è dovuta “al ritiro della Grecia dal tavolo negoziale sul prolungamento della durata del secondo programma”;  naturalmente “nell’ipotesi di un nuovo accordo, questi [profitti] saranno utilizzati”  – per darli ai greco, direte voi. – No: “saranno utilizzati per alleggerire il debito greco in caso di non- sostenibilità di esso e della messa in opera di  misure di  riforma”.    In pratica, sembra che con ciò  si voglia dire: se le “riforme”   che noi euro-usurai imponiamo ai greci rendono insostenibile il debito greco, noi ci serviremo  lautamente di quel monte di interessi che non vi restituiamo.

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Immigrazione

di Enrico Galoppinoi Lo scandalo del “magna magna” è finalmente scoppiato. Ong nient’affatto “indipendenti” che fungono da “taxi”; “filantropi” che si precipitano a Palazzo Chigi; mafie e ‘ndranghete che d’improvviso si scoprono “accoglienti”; preti che cascano dal pero e non s’accorgono (?) in che giro sono finiti. Ormai si sa di tutto e di più, senza doversi informare per forza da Radio Padania. Perché finalmente c’è un giudice della Repubblica, anzi più d’uno, che vuole vederci chiaro. Così, gli uni (i contrari all’immigrazione) gongolano e gli altri (i favorevoli) tremano. Ma come al solito la polarizzazione che ci viene propinata è falsata in partenza. Hanno già deciso anche stavolta come dobbiamo schierarci, come quando hanno scelto di propinarci il tormentone della “casta” e dei “costi della politica”. Il problema essenziale non era infatti quello degli sprechi e delle ruberie, ma un altro: che la democrazia parlamentare non può che funzionare in questo modo (una selezione dei peggiori “dal basso” estorta con tecniche di manipolazione), cosicché il risultato è stato semmai quello di un’ulteriore svalutazione della categoria del “politico”, vista come un qualche cosa d’indegno e di sudicio, che tanto vale riformare coi “governi tecnici” o un’ulteriore fuga in avanti dell’ideale democratico, e cioè “l’uno vale uno” dei grillini…

La verità è che qualcheduno ha pianificato per l’Europa un futuro da Stati Uniti d’Europa. Che devono adeguarsi in tutto e per tutti a quelli d’America. Il capitalismo selvaggio made in Usa che qui hanno deciso d’imporre, per funzionare al massimo dell’efficienza (cioè della spietatezza e della disumanità) deve agire su una massa di manovra il meno possibile coesa. Per questo, e non per altro, ci vengono cantate le lodi della “società multirazziale” e del meticciato. Il resto è puro orpello: da chi si arrocca su un “razzismo” grottesco (ed anch’esso di stampo anglo-sassone) in stile Ku Klux Klan a quelli per i quali il massimo della vita è la scomparsa di ogni “forma” (gli pseudo-alternativi che combattono un fantomatico “fascismo” e pretendono le stesse cose del sistema, ma in maniera più spedita). L’Europa occidentale, poi, è la parte del mondo più densamente popolata, quindi non si capisce quale esigenza vi sia nel promuovere un’immigrazione di massa dal resto del mondo se non quella di farla scomparire puramente e semplicemente. E se proprio il problema fosse quello degli europei che non fanno più figli, la soluzione non è certo quella di una sostituzione di popolazioni a questi livelli. Perché non s’imprime una decisa svolta culturale tra le popolazioni europee ed in specie tra i giovani? Perché si alimenta ad ogni piè sospinto un modello edonistico e individualistico che non induce a fare figli? Perché non si aiutano programmaticamente (non una volta tanto con un bonus elettorale) le famiglie italiane ed europee? Perché non esistono politici che amano la loro gente? Perché alcuni di essi sembrano addirittura morsi dalla tarantola dell’odio di sé?

estratto da http://www.ildiscrimine.com/immigrazione-ciurlano-nel-manico-per-non-andare-al-nocciolo-del-problema/

Su Venezuela e Russia la dittatura dei servi sciocchi

Insomma il tutto rientra nel magico mondo della geopolitica dove tutto assume un aspetto ambiguo, dove non si sa dove finisca la vera protesta e cominci invece la strumentalizzazione. Sì perché casualmente le discriminazioni dei gay in Cecenia derivano essenzialmente dall’importazione, favorita per non dire organizzata dall’occidente, tramite le solite ong, del wahabismo di stampo saudita, al fine di creare caos nell’area caucasica. Sarebbe davvero il caso di cominciare a discriminare il genere più numeroso e inquietante: i servi sciocchi.

il Simplicissimus

111901578-0156231a-1f82-4b35-8d5a-e20cdd9958b0Una cosa è certa, il regime venezuelano è intollerabile: tutto sta a vedere per chi. Forse per le opposizioni che esistono, che hanno vinto le elezioni ma che portano la gente in piazza a protestare per la libertà di espressione davanti a decine di televisioni di tutto il mondo oltre a bruciare la metropolitana, a spargere merda per le strade e sparare dalle finestre secondo un copione di ambigua insurrezione armata, già scritto a Kiev? Inutile dire cosa accadrebbe da noi che ci preoccupiamo dei black bloc. O è intollerabile per le tradizionali baronie e i loro referenti del Nord giustamente indignate perché il 60% del bilancio dello stato va alla spesa sociale compreso un programma di sanità gratuita che finora ha prodotto quasi un milione e mezzo di visite mediche? Di certo è una vergogna che tanti soldi vengano buttati nel tentativo di migliorare le condizioni delle persone, bisognerebbe prendere esempio dalla “democratica” Repubblica…

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Mondializzati e felici

Macron e Jacques Attali  alla riunione del Bilderberg a Copenhagen, giugno 2014.  Lì Attali ha presentato il suo giovane protetto a quelli che contano.

E lì probabilmente è  stata architettata la  strategia per fare del giovanotto il candidato sintetico al silicone,   visto che il loro Hollande stava rovinando nei sondaggi e diventava impresentabile alle elezioni il  partito detto “socialista”.

Dovrà diventare “il campione del pop-futurismo, trasformare i francesi nei nomadi ideali alla Attali: una classe di precari che ha acquisito qualche competenza e un inglese passabile, ma, manca di impiego stabile, di una professione affidabile, di un vero salario e di un avvenire”  (The Saker):  insomma esattamente quel che aveva preconizzato la Boldrini nello stesso anno: “I migranti sono l’avanguardia della globalizzazione, ci offrono uno stile di vita che presto sarà molto diffuso per moltissimi di noi,  perché nell’era globale tutto si muove. Si muovono i capitali.  Si muovono le merci.  Si muovono le notizie.  Si muovono gli esseri umani”.  O come auspica  il filosofo post-hegeliano materialista Alain Badiou, i migranti ci devono insegnare a diventare migranti noi stessi, stranieri in casa nostra, per “non rimanere prigionieri di questa lunga storia occidentale e bianca che volge  al termine”.

Eric de Rotschild accompagna Macron al memoriale della Shoah, 30 aprile.

Adesso vediamo che  la grandissima maggioranza dei francesi ha detto sì a questo progetto.   Attorno a Macron s’è formato, ed è grandissimo, “il partito unico della mondializzazione felice, dell’Europa post-nazionale, dell’ideologia diversitaria” (Mathieu Bock-Coté), quella   per cui nozze gay,  invasione di immigrati, eutanasia, insegnamento del gender  negli asili,  utero in affitto e cambi di sesso sono Il Progresso. Un partito unico che crede che solo una politica è possibile (“Più Europa, più Global, più NATO,  più finanza, più disuguaglianza”),   e le sue finalità indiscutibili; che unisce le elites favorite e i lumpen delle banlieues, non tanto disoccupati quanto in occupabili.

Media, pensiero unico per il partito unico.

Un nuovo partito, gigantesco,   basato  ovviamente sulla dimenticanza: allegra dimenticanza della identità nazionale e della storia  (va da sé),  ma anche amnesia di brevissimo termine,  di quel che è avvenuto pochi mesi fa: dimenticanza che Macron è stato ministro di Hollande, e  in quella veste  ha svenduto la Alstom (un campione nazionale) alla General Electric,   ed ha varato una legge di distruzione delle garanzie del lavoro – dettatagli da Attali  – che per di più, orwellianamente,   ha  chiamato “Uguaglianza delle possibilità economiche” (  Égalité des chances économiques ».

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Merkel maestra

Come si vede la Merkel riesce a svolgere egregiamente il suo ruolo di richiamare all’ordine i paesi europei nell’obbedienza a tutte le direttive che provengono da Washington e dal comando NATO, evitando che si verifichino defezioni e prese di posizione discordi, come alcune dichiarazioni registratesi ultimamente nei paesi dell’Est. Il grande timore di Washington è esattamente quello di un possibile scollamento degli USA con l’Europa ed un riavvicinamento di questa alla Russia. Per tale motivo si mantiene aperta la questione dell’ Ucraina con improvvisi nuovi bagliori di guerra e e si minacciano nuove sanzioni alla Russia per il suo ruolo svolto in Siria in contrasto con gli interessi USA. Il “cane da guardia” di Washington in Europa è la Frau Merkel, funzione che gli si addice in modo ottimale e in cambio della quale la Germania ha ricevuto da Washington carta bianca per sottomettere economicamente i suoi competitor europei e far pagare a loro il costo dell’eccezionale surplus tedesco. La Germania è quindi in prima linea nel partecipare allo spiegamento di forze NATO alle frontiere della Russia sui paesi baltici, in Polonia ed in Romania dove vengono installati i nuovi missili USA. Nel marzo di quest’anno, la rivista Foreign Policy ha pubblicato una informativa che concerne le armi nucleari stanziate dagli USA in Germania e che questa potrebbe utilizzare in un eventuale confronto bellico con la Russia. La cancelliera Merkel è convinta che la vecchia tecnica del “bastone e della carota” sia sufficiente per piegare Putin e neutralizzare la Russia ma, come altre volte accaduto nella Storia, i tedeschi sottovalutano il potenziale della Russia e si lanciano in pericolose avventure, questa volta al guinzaglio del padrone USA. La Storia sembra non aver insegnato molto ai dirigenti dell’attuale Germania. Fonti: Hispan Tv Sputnik News Traduzione e sintesi: Luciano Lago in http://www.controinformazione.info/la-merkel-esorta-la-nato-a-mostrare-il-bastone-e-la-carota-alla-russia-di-putin/

I padroni del vapore

“Il 45 per cento degli americani  spendono fino a metà del loro reddito per ripagare i debiti sulle loro carte di credito”, suona un titolo di Zero Hedge. Circa  il 50  per cento di loro hanno un debito superiore a 25 mila dollari (esclusi i mutui), in media il debito per persona è sui 37 mila dollari, mentre il reddito personale mediano è sui 30 mila.

Il titolo è interessante. No, non per fare la morale  ai consumatori Usa; l’intero mondo occidentale è schiavo del debito. Ma l’economia americana ha il vantaggio di mostrare in modo più limpido e lineare, senza infingimenti né dissimulazioni linguistiche,  le  patologie del capitalismo che chiamiamo “terminale”.

Qui vediamo benissimo  quale è il motivo per cui  siamo in recessione-depressione da un  decennio (i media applaudono  miserabili aumenti del Pil dell’1,6- 1,7 per cento;  la BCE e la Fed parlano allora di “solida” crescita), e perché i consumi non aumentano nonostante le iniezioni  alluvionali di denaro  creato dal nulla, e nemmeno aumenta l’inflazione.

E’ chiaro. Il consumatore americano compra a man bassa indebitandosi: compra regolarmente l’auto di un modello superiore a quello che si può permettere; compra    con le carte di credito molte altre merci superflue; ciò fa girare molto bene l’economia, che prospera. Fino al giorno in cui l’americano deve spendere metà del suo reddito per ripagare gli interessi sui debiti che ha contratto.  Il suo potere d’acquisto è dimezzato;   le banche  e le finanziarie  gli prelevano dal salario (se ne ha uno) dal 33% al 50% ogni mese.

L’americano ha tutta la buona volontà di  continuare a spendere e spandere –   anche se è indebitato, ancora  spende il 40% del suo mensile in “spese discrezionali, intrattenimento, hobbies,  viaggi”; il 24% di loro dichiara di essersi indebitato troppo a   causa di “ spese frivole ed eccessive”;  le finanziarie   delle carte di credito  sono ancor più volonterose a prestargli tutti i dollari che vuole (al 25% d’interesse),  e le altre finanziarie  gli offrono persino  prestiti ripagabili in 7 anni per l’acquisto di auto usate;  la Federal Reserve   crea tutta la liquidità  che esigono finanziarie, consumatori, Wall Street (indebitando lo Stato); ma niente.

L’economia non si muove, non “cresce”. Anzi, nelle ultime settimane, cala. Per esempio , le vendite della Apple sono cadute  a meno -8% rispetto a un anno  prima. Ad aprile,  Ford, Fiat Chrysler, Honda  hanno venduto ciascuna il 7% in meno di quel che avevano venduto l’aprile  2016, la General Motors -6, Hyundai -11. I piazzali si riempiono di invenduti.   Tutti i segni di prossimi crack e scoppi di  bolle si moltiplicano.

Vendite di auto, rispetto alle previsioni…

Il  motivo è lì, ben visibile:  il potere d’acquisto dimezzato. Il reddito spendibile divorato dalla necessità di “servire” i debiti pregressi. Come sempre  quando trionfa il capitalismo  puro (cioè  finanziario) arriva inevitabile questo momento: il momento in cui il creditore ha indebitato “troppo”  e il debitore non si può indebitare oltre. Allora comincia la recessione, poi la depressione.

Il fenomeno si chiama “deflazione”. Precisamente, deflazione da debiti. Se l’inflazione è prodotta da un aumento della massa monetaria  e dall’accelerazione della sua circolazione, ciò che fa  rincarare i prezzi delle merci, la deflazione si rivela con il contrario: una contrazione della massa  monetaria, e il suo congelamento.

E’ impressionante vedere come nelle ultime settimane, in Usa,la massa monetaria nel sistema stia diminuendo:  poiché nel  sistema il denaro è “debito” creato cioè dalle finanziarie quando indebitano la gente, vuol dire che la gente non si indebita più, che le imprese chiedono meno fidi e mutui.

La deflazione da debiti. Questa malattia che la Germania (grande creditrice) ha preteso di curare imponendo  austerità crudeli ai vassalli-debitori (si veda  quel che hanno fatto ancor ieri  ai greci), in Usa è curata con la larghezza della Fed e la facilità accentuata del credito. Nell’un  caso e nell’altro, sono cure fallite.

Il motivo è lo stesso: il redito disponibile ai consumatori   si è ridotto drasticamente.  In America  è più chiaro che in Europa, perché lì non vige la dottrina Schauble, “avete vissuto sopra i vostri  mezzi, dunque  siete puniti”, lì al contrario tutti sono incoraggiati a vivere sopra i propri mezzi.

Ma né l’una né l’altra terapia affronta il vero motivo.

Come mai? Vediamolo in un altro modo: la liquidità che il consumatore Usa deve distogliere dal suo potere d’acquisto, non sparisce nel nulla. Essa va ai creditori, alle banche, alle finanziarie, alle imprese che gestiscono carte di credito. Questi giganti – tali sono – si riempiono di “denaro”  che hanno estratto ai cittadini,  si locupletano di interessi e quote capitale – interessi del 25 % sulle carte di credito, mentre i giganti finanziari si riforniscono di denaro dalle banca centrale all’1 % –  ma  non lo rimettono in circolo.

Da qualche parte però lo impiegano, quel “denaro”. Dove lo mettono i creditori?

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Mutilazioni genitali femminili: nuova stima per l’Italia

Le mutilazioni genitali femminili sono un insieme di pratiche effettuate per ragioni non mediche che modificano e danneggiano in maniera irreversibile i genitali femminili. Sono considerate violazioni dei diritti umani perché interferiscono con le naturali funzioni del corpo femminile.

Secondo le più recenti stime UNICEF (2016), che si basano sulle informazioni raccolte nelle principali indagini campionarie (Demographic and Health Surveys, DHS, e Multiple Indicators Cluster Survey, MICS), almeno 200 milioni di donne e bambine nei 30 paesi a tradizione escissoria sono state sottoposte a tali pratiche. Il dato è sottostimato poiché la pratica è diffusa in molti paesi per i quali non si dispone di stime, e un gran numero di donne mutilate vive ora in paesi dove tale pratica è sconosciuta. Stime recenti, ad esempio, ipotizzano la presenza in Europa di 550 mila immigrate di prima generazione mutilate (Van Baelen et al., 2016) e 507.000 negli Stati Uniti (Mather, Feldman-Jacobs, 2015).

… e a casa nostra?

L’Italia è uno dei paesi che ospita il maggior numero di donne escisse, in conseguenza di un consistente flusso migratorio femminile proveniente da paesi ad alta prevalenza di Mutilazioni Genitali Femminili come l’Egitto, la Nigeria, l’Etiopia e il Senegal. L’Italia è anche l’unico paese in Europa per il quale sono disponibili stime dirette del fenomeno ottenute grazie a un’indagine campionaria effettuata nell’ambito del progetto Daphne MGF-Prev coordinato dall’Università di Milano-Bicocca.

L’indagine consente di stimare in un intervallo compreso tra 60mila e 81mila la cifra delle donne attualmente presenti nel nostro paese che sono state sottoposte durante l’infanzia a mutilazione. Il gruppo maggiormente colpito è quello nigeriano che, insieme a quello egiziano, costituisce oltre la metà del collettivo delle donne con mutilazioni genitali. La presenza di un così elevato numero di ultraquindicenni mutilate – di cui una cospicua parte nell’ambito di flussi di tipo umanitario – segnala la necessità di implementare sia azioni di assistenza che di prevenzione. Queste cifre non comprendono infatti le bambine a rischio di essere sottoposte a mutilazioni genitali. Anche se sappiamo che in emigrazione tale rischio si riduce (Farina e Ortensi, 2014), è indubbio che un’azione di prevenzione a tutela delle bambine sia necessaria e urgente. L’indagine rivela infatti che un quarto delle donne immigrate ritiene che la pratica dovrebbe continuare.

Bibliografia e sitografia

Farina P. and Ortensi L.E. (2014). The mother to daughter transmission of Female Genital Cutting in emigration as evidenced by Italian survey data. Genus. 70 (2): 111-137. (doi: 10.4402/genus-570)

Mather M., Feldman-Jacobs C. (2015). Women and Girls at Risk of Female Genital Mutilation/Cutting in the United States. PRB website.

UNFPA (2015). Demographic Perspectives on Female Genital Mutilation. New York: UNFPA.

UNICEF (2013). Female genital mutilation/cutting: a statistical overview and exploration of the dynamics of change, New York: UNICEF.

UNICEF (2016). Female Genital Mutilation/Cutting: A global concern. New York: UNICEF

Van Baelen L., Ortensi L.E., Leye E. (2016). Estimates of first-generation women and girls with female genital mutilation in the European Union, Norway and Switzerland. The European Journal of Contraception & Reproductive Health Care, 21 (6): 474-482.

Yoder, P. Stanley, and Shanxiao Wang. (2013). Female Genital Cutting: The Interpretation of Recent DHS Data. DHS Comparative Reports No. 33. Calverton, Maryland, USA: ICF International.

http://www.neodemos.info/pillole/mutilazioni-genitali-femminili-nuova-stima-litalia/

Rimandati

Ordinaria follia

di Eugenio Benetazzo – 27/04/2017

Ordinaria follia

Fonte: Eugenio Benetazzo

Siete mai stati rimandati in qualche materia scolastica da recuperare a settembre durante il vostro passato scolastico quando adolescenti ? Vi ricordate come funzionava ? Durante i primi giorni di giugno uscivano i risultati degli scrutini del corpo docente che decretavano chi era stato promosso, chi rimandato a settembre e chi invece bocciato. Le liste degli alunni suddivise per classe di appartenenza solitamente venivano esposte sulla porta di ingresso dell’istituto scolastico che si frequentava. Non mi ricordo di compagni di scuola o conoscenti che festeggiassero con grida di gioia e danze liberatorie per essere stati rimandati a settembre. In un certo senso era una seconda possibilità che veniva data allo studente per evitare di perdere interamente l’anno scolastico. Oggi il tutto fa parte di un passato che non ci appartiene in quanto esistono i debiti formativi (evito di fare commenti su questo). Tornando a noi, la riparazione a settembre presupponeva la promozione all’anno seguente, se e soltanto se, eri disposto a bruciarti in toto tutta l’estate per rivedere e riassimilare tutto il programma scolastico, solitamente assistito da un tutor privato che ti preparava agli esami di riparazione con compiti, prove simulate ed esami ad hoc. Bisogna averlo vissuto per capire che cosa significa: dedicare tutta l’estate ad un full immersion allo studio con il rischio che se ci fosse stata una lacuna non marginata ti saresti trovato bocciato agli esami riparatori di settembre. Cornuto e mazziato si direbbe in Sicilia.

Si festeggiava in tal senso solo in seguito a quella data dopo aver ottenuto un risultato positivo, quindi la tanto sospirata promozione, con una breve gita fuori porta o un weekend di autentico sballo in qualche località turistica modaiola, visto che nel giro di pochi giorni si sarebbe purtroppo ritornati a scuola per l’inizio dell’anno scolastico. I mercati finanziari invece sembra che abbiano festeggiato con frastuono e ordinaria follia il fatto di essere stati rimandati al 7 Maggio, come se avessero la certezza che la promozione è una formalità, un fatto scontato che deve essere conseguito. Possiamo dire che per analogia con la riparazione a settembre nella maggior parte dei casi si veniva promossi, tuttavia ricordo anche di taluni casi nel mio istituto scolastico che purtroppo non conseguirono la promozione. Facciamo una domanda, perchè nulla come vedremo è scontato in termine di possibile esito del ballottaggio: se un voto alla pari (24 contro 23) tra Macron e Le Pen ha prodotto un rally sugli indici europei di quattro punti il lunedi successivo al conteggio dei voti al primo turno, che cosa dovrebbe accadere se Lunedi 8 Maggio verrà proclamata Le Pen come nuovo presidente di Francia ? Per analogia dovremmo aspettarci un meno quindici o addirittura i mercati che non fanno prezzo in apertura o peggio sospesi per eccesso di ribasso a tempo indeterminato. Chiaro che stiamo paventando situazione estreme, tuttavia guardandomi alle spalle, ricordo in passato eventi e fenomeni di questa portata. La preoccupazione principale infatti che si dovrebbe avere non è tanto Le Pen all’Eliseo quanto l’euforia ed esuberanza irrazionale che contraddistingue il clima sui mercati finanziari.

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