Quanto vale la scienza?

Tra le cause di questa “crisi di riproducibilità” sicuramente ci sono le tematiche tecniche descritte dalla Bissel, ci sono però anche aspetti più umani quali il bisogno degli scienziati di pubblicare per far carriera e ricevere finanziamenti, a volte i loro stessi contratti di lavoro sono vincolati al numero di pubblicazioni che riescono a fare, come racconta Ferric Fang, dell’Università di Washington “il biglietto più sicuro per prendere un finanziamento o un lavoro è quello di venir pubblicato su una rivista scientifica di alto profilo. Questo è qualcosa di poco sano che può condurre gli scienziati a cercare notizie sensazionalistiche o in alcune volte ad assumere comportamenti disonesti“.

In maniera ancora più diretta interviene la professoressa Ken Kaitin, direttrice del Tufts Center for the Study of the Drug Develompment che afferma “Se puoi scrivere un articolo che possa essere pubblicato non ci pensi nemmeno al tema della riproducibilità, fai un’osservazione e vai avanti. Non c’è nessun incentivo per capire se l’osservazione originale fosse per caso sbagliata. “

Un Sistema, quello della ricerca accademica, che sta evidentemente trascinando la Scienza verso una crisi di identità e di credibilità. Nel 2009 il prof. Daniele Fanelli, dell’Università di Edimburgo, ha realizzato e pubblicato uno studio dal titolo emblematico: “Quanti scienziati falsificano i dati e fabbricano ad hoc le ricerche?”

Quasi il 14% degli scienziati intervistati ha affermato di conoscere colleghi che hanno totalmente inventato dei dati, ed il 34% ha affermato di aver appositamente selezionato i dati per far emergere i risultati che gli interessavano.

A giugno 2017 il prof. Jonathan Kimmelmann, direttore del Biomedical Ethics Unit presso la McGill University di Montreal ha pubblicato un nuovo studio che conferma questa crisi di riproducibilità e cerca di mettere il luce su alcune delle principali cause quali la variabilità dei materiali di laboratorio, problemi legati alla complessità delle procedure sperimentali, la scarsa organizzazione nel team di ricerca, e la poca capacità di analisi critica.

Né le università né le riviste scientifiche sono interessate agli studi di riproducibilità

E’ inoltre necessario considerare che il sistema accademico non premia per niente chi fa studi di riproducibilità, sono tempo e soldi buttati via dal punto di vista delle “performance produttive” del gruppo di ricerca.

Le stesse riviste scientifiche non sono un gran che interessate a pubblicare ricerche che dimostrano la non riproducibilità di un precedente lavoro pubblicato, preferiscono pubblicare ricerche innovative o risultati sorprendenti e così ecco com’è facile far sparire le notizie dei fallimenti delle repliche.

http://www.ilcambiamento.it//articoli/scienza-in-crisi-gran-parte-degli-esperimenti-non-e-riproducibile

4 thoughts on “Quanto vale la scienza?

  1. E questo nelle scienze, che hanno ancora una certa falsificabilità. Pensa nella critica artistica e culturale quante idiozie che si raccontano tanto per far chiasso…

  2. La malafede di tutta la scienza sta nel prendere ciò che più gli comoda, il metodo, tralasciando che chi lo ha inventato credeva in un Disegno Intelligente presente in tutte le cose. Si capisce tuttavia che la differenza fondamentale fra il metodo antico, quello dei Greci, che ci ha portato un Euclide, un Pitagora, un Platone, un Fidia, e quello moderno, è sostanzialmente un problema di simboli psicologici. Il Logos (λόγος) di Eraclito, o l’Archè (ἀρχή) di Anassimandro sono i principi regolatori di tutto il Cosmo afferrabili attraverso il processo della Noesi (νόησις). Questa, per Platone, rappresenta la facoltà della conoscenza intuitiva e prediscorsiva ed è il grado più alto della conoscenza razionale o scientifica, ossia quella filosofica, che ha come oggetto le Idee e le Forme originarie -Eidos (εἶδος). Questo modo di sentire il problema della conoscenza è perdurato, in vario modo, fino alla scolastica medioevale, per tramontare definitivamente con l’epoca moderna.
    http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=59266

  3. La mitologia della scienza

    di Sergio Cabras

    Gli ‘esperti’ non hanno mai una visione asetticamente tecnica delle cose, come a volte vorrebbero far credere, ma sempre vi è coinvolta la condizione dalla quale parlano, che non è data solo dal genere di studi in cui si sono formati, dai loro titoli o dalla loro specializzazione, ma soprattutto dalla loro condizione di vita. Trattandosi di persone in una posizione più o meno privilegiata – o comunque garantita – è difficile che mettano in questione le basi del Sistema più radicalmente di tanto. Ed anche per formazione, la loro regola di attenersi ai dati, sorvola troppo facilmente sul fatto che nella realtà, non solo percepita (che certo a volte non coincide con la situazione reale) ma vissuta dalla gente, ci sono anche molte cose che non risultano nei dati, vuoi perché non ci si dà la briga di cercarle e registrarle dove le si potrebbero trovare, vuoi perché bisognerebbe inventare sistemi di rilevazione adatti a poterlo fare, vuoi perché a volte si tratta di cose che per loro natura non sono registrabili statisticamente. Di fronte a ciò l’abitudine “scientista” è quella di ignorare o perfino negare l’esistenza di alcuni problemi o altrimenti sminuirne l’importanza sottoclassificandoli come dettagli, casi particolari irrilevanti.

    C’è un presupposto ideologico a questo atteggiamento che è parte, come la Scienza, del paradigma della Modernità Occidentale. Essendo la Storia il procedere della Società verso il Progresso ed essendo nella fase attuale il capitalismo avanzato il sistema che regola la Società ed il motore della Storia, le conseguenze degli aspetti strutturali, necessari, inevitabili dello sviluppo capitalistico e del suo funzionamento – quali che ne siano le conseguenze subite dalla gente (che guardacaso son quasi sempre gli altri, rispetto agli esperti) – non possono che essere accettate. E ciò vale anche nel caso in cui l’ottica adottata vede questa come la strada obbligata per arrivare dall'”altra parte”, eventualmente, all’abbattimento del Sistema. È il movimento della Storia che, come si sa, va verso il Meglio. Un “meglio” che pare esser tale, a questo punto, per il fatto in sé stesso di esser nuovo rispetto a ciò che lo precedeva, cioè al “vecchio”. Qualunque cosa il nuovo sia, è ciò di cui dopo si dirà – storicisticamente si dovrà dire – che il suo sviluppo era necessario. E proprio per questo è meglio. Quindi “la gente” non può e non deve opporsi a questo sviluppo, né ciò avrebbe comunque senso, né in ogni caso sarebbe possibile farlo perché antistorico. Si tratta solo, si dice, di “governare” i processi in atto. In primo luogo ciò implica che saranno prima di tutto gli “addetti ai lavori” a poterlo fare: i politici al governo e la casta degli esperti.
    http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=59326

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