Le buone notizie

Già la Cina: benché quasi tutta la tecnologia che usiamo ormai venga da lì, anche se spesso sotto forma di marchi occidentali che ne ricavano profitti stratosferici, né abbiamo ancora un’idea esotica, di Paese arretrato che esporta cinesate e al più copia prodotti occidentali. Bene allora vediamo com’è andato il 2017 cinese, tanto per mettere i puntini sulle i:

18 gennaio. E’ stata completata la realizzazione di Mo Zi ( dal nome di un filosofo vissuto nel V° secolo avanti cristo) il primo satellite sperimentale al mondo di scienza quantistica. Pochi mesi dopo, il 16 giugno, fu annunciato un importante risultato scientifico: gli scienziati cinesi sono venuti alla ribalta sulla scena internazionale inviando particelle quantiche casuali dal satellite a stazioni terrestri separate da 1200 chilometri e bi-direzionalmente. Poco dopo sono stati pubblicati i risultati sperimentali di teletrasporto stellare quantistico: per la prima volta al mondo, “Mo zi” è riuscito a distribuire chiavi quantistiche ad alta velocità dal satellite a terra, ponendo così le solide basi per stabilire la rete di comunicazione quantistica più sicura al mondo.

10 marzo L’ articolo di copertina di Sciences ha reso noto che gli scienziati cinesi sono riusciti a sintetizzare a partire da comuni sostanze chimiche 4 cromosomi sintetici dei lieviti, aprendo una strada del tutto nuova e superando gli Usa in questo campo.

3 maggio E’ nato a Shangai il primo computer quantistico al mondo che supera effettivamente e non solo teoricamente un calcolatore classico. Al Thiane 2 il super-computer più veloce del pianeta, anch’esso di realizzazione cinese, occorrerebbero cento anni per elaborare dati che la nuova macchina potrà elaborare in 0,01 secondo. La cosa patetica in tutto questo è che prima della realizzazione del Thiane 2 gli, l’amministrazione di Washington avesse proibito l’esportazione di schede Intel per la sua realizzazione.

5 maggio Ha volato con successo il primo esemplare del C919, aereo di linea di grandi dimensioni destinato a competere con l’Airbus A320 e il Boeing 737: niente paura già oggi il 60 per cento dei sistemi circa di questi due velivoli è fatto in Cina.

18 maggio E’ stato condotto con successo nel Mar Cinese meridionale il primo test per la produzione di energia dal cosiddetto ghiaccio di fondo marino, in realtà idrati di metano (vedi qui) che sono di gran lunga la più grande risorsa energetica del pianeta

26 giugno Sono entrati in servizio sulla linea Pechino Shangai i treni più veloci del mondo: 350 chilometri all’ora.

16 ottobre il telescopio spaziale cinese Huiyan, lanciato nel giugno precedente è stato uno dei quattro telescopi a raggi gamma e a raggi x a seguire la prima onda gravitazionale derivante dallo scontro di due stelle a neutroni. E a questo proposito vorrei ricordare che uno di questi interferometri in grado di rilevare le onde gravitazionali, l’europeo Virgo, è stato voluto e progettato da Adalberto Giazotto. Tuttavia sulla stampa occidentale non si cita il telescopio cinese, come se nemmeno esistesse.

30 novembre La rivista Nature ha annunciato che il satellite cinese Wukong per il “rilevamento delle particelle di materia oscura” ha misurato una radiazione cosmica anomala nello spazio, mai prima rilevata, il che apre prospettive rivoluzionarie nell’astrofisica, campo del sapere nel quale ci si è, come dire, incartati. Adesso gli americani stanno tentando di imitare i cinesi.

Ora domandiamoci quanto sappiamo di tutto questo? E’ davvero un’idea saggia quella di legarsi mani e piedi a un solo polo di potere e a un sistema economico e sociale che sta portando a un rapido declino nella convinzione che al mondo non ci sia altro?

estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2017/12/28/un-anno-in-cina/

Una risorsa vitale

L’Eni è un attore geopolitico per eccellenza, l’unico che abbiamo di questa portata. E’ appena entrato in produzione ieri il mega-giacimento di gas offshore di Zohr che a regime può rendere autosufficiente l’Egitto e proiettarlo tra i Paesi esportatori. Ma è anche fondamentale per l’Italia, che importa gas principalmente da Russia, Algeria e Libia, per avere fonti alternative di approvvigionamento: gas e petrolio coprono attualmente il 70% dei nostri consumi di energia, in attesa di una rivoluzione “verde” dai contorni ancora assai incerti.

L’Italia, che spesso si ammanta nei discorsi quotidiani di retorica mediterranea, sta subendo il suo mare ma non lo gestisce. L’Eni, con la diplomazia del gas, può essere uno strumento utile per uscire dall’impasse. L’ambizione è fare dell’Italia un hub meridionale del gas, obiettivo che non coincide del tutto con le mosse russe di raddoppiare il North Stream verso la Germania ma che potrebbe essere rilanciato dal percorso Sud del Turkish Stream (assai contestato in Puglia) e soprattutto dalle grandi scoperte del gas Eni in Egitto e dallo sfruttamento congiunto delle risorse offshore nel Mediterraneo orientale.

Questa è forse l’area più turbolenta e conflittuale del pianeta ma lo sviluppo del gas del Levante è possibile solo con una forte interdipendenza e collaborazione tra stati in conflitto: Cipro, Turchia, Libano, Siria, Israele. Il gas rappresenta una grande opportunità in termini economici ma anche di stabilità e sicurezza: occorrono intese, progetti comuni, regole, per arrivare a infrastrutture comuni e mercati integrati.

Questa è la vera sfida del gas del Levante per l’Eni e l’Italia: prima che le nuove risorse invece di rappresentare una chance per la pace e lo sviluppo diventino parte del problema invece della soluzione.

L’Eni è un protagonista per storia e vocazione del suo fondatore, il comandante partigiano Enrico Mattei: sua la battaglia nel primo dopoguerra per non liquidare l’Agip nelle mani degli americani, quella condotta contro le Sette Sorelle per entrare sul mercato iraniano sbarrato dalle multinazionali anglo-americane, sua l’avventura mediterranea, con la decisa apertura ai Paesi africani e del Medio Oriente con i quali solidarizzava per il passato coloniale, al punto di finanziare il Fronte di liberazione algerino anti-francese. Senza dimenticare i rapporti con Mosca, quando Mattei, in piena guerra fredda, importava il petrolio russo a prezzi da saldo.

Viene sempre più definendosi in quel periodo il disegno di Mattei per raggiungere l’indipendenza energetica che resta ancora oggi un obiettivo irrinunciabile, insieme a una sempre maggiore internazionalizzazione e diversificazione, dalle energie rinnovabili alla chimica, industria rinata e che produce utili.

I piani di Mattei si infrangono il 27 ottobre 1962, quando il suo bireattore precipita nei cieli di Bascapè. Quel mondo in bianco e nero – tra guerre ideologiche, decolonizzazione e inconfessabili complotti – lo leggevamo allora anche sulle colonne del “Giorno”, altra creatura di Mattei, con le firme di Italo Pietra, Del Boca, Pirani, Valli.

Un passato che è ben vivo in un presente costruito con manovre forse meno spregiudicate di quelle di Mattei ma ugualmente fondamentali per gli interessi nazionali.

La diplomazia del gas è una delle non tante armi concrete che ha in mano l’Italia per contare qualche cosa sullo scacchiere internazionale. Non è un caso che nel 2011, all’inizio delle guerra contro Gheddafi, i terminali dell’Eni in Libia fossero inseriti dai nostri alleati tra gli obiettivi da bombardare (come testimoniano l’ex ministro degli Esteri Frattini e l’allora capo di Stato maggiore Camporini). Pensare male è peccato ma spesso ci si azzecca, diceva Andreotti.

Ma a sei anni e oltre dalla fine del dittatore libico, il maggiore alleato dell’Italia nel Mediterraneo, la cui sconfitta con le sue conseguenze è stata la più devastante débâcle italiana dal dopoguerra, l’Eni rimane l’unica multinazionale attiva sia a Ovest che a Est di una Libia spaccata tra Tripolitania e Cirenaica.

È anche la maggiore impresa “legale” del Paese: ha 7mila dipendenti, tutti libici, produce da un minimo di 100mila barili di petrolio al giorno a 250mila ed estrae circa 8 miliardi di metri cubi gas l’anno. Meno della metà arriva in Italia con il gasdotto Green Stream mentre il resto è destinato al mercato locale.

Oggi Eni gestisce circa un terzo di tutta la produzione di gas e petrolio della Libia mentre prima della guerra del 2011 si parlava di meno di un quinto del totale. Quasi un paradosso per i concorrenti della multinazionale italiana.

L’Eni ha una proiezione globale che diventa, in parte, anche quella nazionale. È il primo fornitore di luce in tutta la Libia, senza distinzioni tra Est e Ovest. È il maggiore cliente della russa Gazprom con 24 miliardi di metri cubi l’anno di gas. È il primo gruppo straniero a perforare l’Artico dall’inizio dell’era Trump. Grazie all’Eni che nel 2016 ha investito in Africa 8 miliardi di dollari, l’Italia è diventata il terzo investitore del continente dopo Cina ed Emirati.

Per questo Zohr ha un grande significato: per lo sviluppo economico dell’Egitto, un Paese che è nelle mani del generale Al Sisi ma deve ancora trovare stabilità, percorso dal terrorismo jihadista e stretto nella morsa della povertà. Ma è importante anche per l’Italia, che dopo le vicende libiche e il caso Regeni, è rimasta intrappolata dalle strategie delle potenze concorrenti, dentro e fuori dall’Europa.

http://www.barbadillo.it/71973-focus-di-a-negri-litalia-alla-conquista-del-gas-per-contare-nel-mondo-globale/

L’ultima vittoria di Gheddafi

Si noti che tutti i “dittatori arabi” andati al potere col sostegno degli Stati Uniti negli anni ’80 furono facilmente eliminati nel gennaio-febbraio 2011, prontamente “caduti in coma”. Non avevano l’autorità morale per combattere per un potere ottenuto illegittimamente. Qual era la componente chiave di tale illegittimità? Quando aspirarono al potere, si allearono segretamente con una nazione straniera che li sostenne completamente. Da allora non sono leader sovrani. Questo è il motivo per cui non possono sconfiggere la rivoluzione. Non possono dire la verità al popolo e alla comunità internazionale, perché iniziare a dire la verità significa dirla TUTTA. E TUTTA la verità include le circostanze della loro ascesa al potere… Ma c’è una soluzione per tale situazione di “stallo”. Se un leader politico riconosce i vergognosi rapporti clandestini con una potenza straniera, non sarà mai condannato ma PERDONATO e sostenuto dal popolo. Dopo di che lealtà e professionalità delle guardie del corpo impediranno che il futuro politico sia il caos. Le alternative sono la forca di Sadam, i letti da moribondi di Mubaraq e Ben Ali.
Torniamo alle “rivoluzioni popolari in Medio Oriente”. Vediamo che per avere successo c’era disperatamente bisogno di “masse infuriate”. Quindi qualcuno doveva infuriarle. Come in Iran nel giugno 2009? Cecchini sconosciuti uccisero astanti a Teheran durante le proteste (i dettagli sono nell’articolo “Cosa decidono i Bilderberger dell’Iran“). Cosa successe in Egitto nel gennaio 2011? Ancora una volta cecchini sconosciuti spararono alla folla dal tetto dell’edificio del Ministero degli Interni di Cairo. Si noti che in entrambi i casi fu fatto di tutto per convincere il pubblico che i perpetratori fossero le forze governative. Ma dov’era la prova? C’è qualche logica nei servizi di sicurezza che uccidono dimostranti per provocarli a commettere atti violenti? Al contrario, la loro missione è disperdere pacificamente la folla, identificare e arrestare le “teste calde” tra i manifestanti ed evitare vittime! Allora, chi sparava dal tetto del Ministero degli Interni egiziano? Non lo sappiamo ancora.


https://aurorasito.wordpress.com/2017/12/07/lultima-vittoria-di-muammar-gheddafi/

Elogio di un ammiraglio e del mondo multipolare

Ma francamente uno dei modi per uscire dal declino di civiltà cui stiamo andando incontro è proprio la molplicazione del mondo, la nuova multipolarità che avrà il suo centro nel cuore del pianeta, in quello che gli inglesi consideravano il luogo strategico supremo e che invano hanno tentato di conquistare. E’ così che la storia finalmente avrà lo spazio per muoversi oltre il la galera del pensiero unico.

il Simplicissimus

imagesNel 1405 un enorme flotta di 317 navi, grandi tre o quattro volte quelle europee del tempo e 28 mila soldati, partì dalla Cina al comando dell’Ammiraglio Zheng He per un viaggio di esplorazione a largo raggio  che in sette successive spedizioni toccò tutto il sud est asiatico, il Giappone, l’India, l’Arabia, il corno d’Africa, il Mar Rosso e senza mai fare conquiste, anzi favorendo la pace in alcune regioni e spesso liberando i mari dai pirati. Di quel viaggio si narrano leggende fantastiche come quelle che Zheng He avrebbe scoperto l’Australia e l’America e tesi storiche più credibili come quella che fu proprio dalla grande flotta arrivata al Mar Rosso che si diffusero alcune tecnologie ancora sconosciute in occidente come la stampa a caratteri mobili, a differenza della polvere da sparo che era giunta in Europa con i mongoli che già l’avevano usata nei tentativi di invasione del Giappone.

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