Bè, sicuramente possiamo dire che anche se i prezzi in quel periodo aumentavano molto, i salari aumentavano di più. Sempre dal database OCSE
Se avete un parente (non completamente ottuso dalla propaganda) che ha vissuto quegli anni potete chiedere a lui se è stato meglio avere inflazione al 20% e salari che crescono al 24% o inflazione all’1% e salari che scendono del 3%. Come è successo prima a causa della crisi del 2009 e poi a causa del senatore Monti nel 2012.
Per smontare definitivamente la teoria della mazzata (ipse dixit), possiamo dare un’occhiata alla serie storica del risparmio privato. Se veramente l’inflazione (che non dipende dai vizi italici e dalla svalutazione della liretta) è una mazzata per il risparmiatore dovremmo osservare nei dati una diminuzione della frazione di reddito risparmiato in corrispondenza dei periodi di alta inflazione. È così? L’OCSE la pensa in modo leggermente diverso.
Conclusioni
- Gli anni ’70 e’80 – il periodo della storia italiana dipinto dall’opinionista mainstream e dagli ottusi benpensanti come l’inferno dei risparmiatori – sono stati gli anni in cui le famiglie italiane sono riuscite a risparmiare la frazione più alta del loro reddito.
- Negli stessi anni nonostante l’inflazione fosse alta (a causa non del “familismo amorale” ma di rialzi del prezzo del petrolio) i salari sono cresciuti sistematicamente più dei prezzi. I salari sono cresciuti in termini reali.
- Da quando l’inflazione si è abbassata (il famoso dividendo dell’euro) i salari hanno iniziato a crescere sempre meno e ultimamente sono cresciuti anche meno dell’inflazione. Possiamo vederlo calcolando la crescita complessiva dei salari e dei prezzi per i 5 quasi decenni dal 1970 a oggi:
I dati smentiscono categoricamente la favola che dipinge l’inflazione come un flagello per il lavoratore/risparmiatore che vede i sudati risparmi erodersi davanti ai suoi occhi.
Ma allora perché i media si ostinano a ripeterci che stavamo peggio quando stavamo meglio? E perché persone che quegli anni li hanno vissuti avallano e sposano questa narrazione menzognera? E perché le persone che non hanno vissuto quegli anni si fanno abbindolare così facilmente?
Mi permetto di avanzare un’ipotesi, non originale:
Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.
George Orwell – 1984
Nicoletta Forcheri
https://nicolettaforcheri.wordpress.com/2018/01/16/thomas-muntzer-la-piu-iniqua-delle-tasse/
Gianluca Baldini :Questa storia di Weimar è un disco rotto. Ogni volta che si parla di monetizzazione del debito (operazione realizzata ogni giorno da tutti gli stati del mondo) si tira fuori un evento storico che poco ha a che fare con il problema della monetizzazione e molto con una guerra mondiale finita con la mortificazione del soccombente.
Mi spieghi per quale strana ragione nessuno paventa Weimar quando si creano 4.000 miliardi di euro per gonfiare i bilanci delle banche che poi con quelle risorse e con la leva da esse generabile seguitano ad effettuare operazioni che pagheremo care quando la BCE non farà più da prestatore di ultima istanza? Io non ho detto di “stampare più denaro”, ma che se utilizzassimo una frazione di quello che abbiamo regalato alla speculazione per finanziare l’economia reale, oggi non avremmo 3,5 milioni di disoccupati, 3,5 milioni di inattivi, 4 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta e altrettanti in condizioni di povertà relativa, scuole e ospedali fatiscenti, uffici della PA inefficienti e pieni di persone prossime alla pensione (costrette a lavorare oltre il tempo massimo), enti locali prossimi al default. Che nell’economia reale manchino le risorse monetarie mi sembra tautologico, o no? Basta guardare i consumi, l’accesso al credito delle imprese piccole e medie, il crescente indebitamento privato. Tutti problemi legati ad una semplice logica verità: non ci sono i soldi! Le persone che lavorerebbero, se ci fossero i soldi, non mancano, così come non mancano i lavori da fargli fare.