Alzare camicia bianca?

Appare chiaro che non esiste più un progetto politico, che quello pensato e presentato come tale non era altro che un miraggio dietro il quale si nascondeva un corollario del capitalismo finanziario.

il Simplicissimus

imagesXSJQBW4O2Il vascello dell’Europa, allestito negli anni di Maastricht e concepito da armatori banchieri, non ha mai avuto altro porto di arrivo che quello delle nebbie neoliberiste, ma adesso, dopo le tempeste delle crisi sistemiche, ha le vele strappate e galleggia impotente  mentre la ciurma è in continuo stato di agitazione contro capitani ingordi e inetti. Sembra passato un secolo da quando Delors e Prodi uscirono dal sicuro e potente porto della Cee per andare alla ricerca di un qualche eldorado suggerito dall’egemonia culturale, dopo la caduta del muro e adesso si è in panne in un mar dei sargassi senza uscita dove le ostilità reciproche che avrebbero dovuto essere annullate per sempre sono riesplose, dove chi comanda sono banchieri e commis di multinazionali, in cui la perdita di rappresentanza democratica effettiva è spaventosa e i massacri sociali si susseguono senza tregua.

Appare chiaro che non esiste più un progetto politico…

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Mogherini, se ci sei batti un colpo

Quando Reagan firmò l’INF con Gorbaciov, fu la comprensione e l’impegno da parte degli Stati Uniti a non far avanzare le proprie forze armate verso la Russia “di un pollice”. In 30 anni, le forze americane hanno spinto dalla Germania fino al Mar Baltico e il Mar Nero alle porte della Russia. Washington sta cercando di arruolare l’Ucraina e la Georgia nell’alleanza NATO, e in effetti sta conducendo esercitazioni di guerra con questi due ex Stati dell’Unione Sovietica che condividono i confini con la Russia.

Se gli Stati Uniti reintroducono missili nucleari a medio raggio con tempi di volo su Mosca ridotti in pochi secondi, possiamo constatare che l’abbandono dell’INF è un grave spartiacque verso la guerra nucleare.

La via d’uscita da questo atroce dilemma non è solo il mantenimento del Trattato INF. Inoltre, dovrebbe esserci un ridimensionamento generalizzato delle forze della NATO in Europa sui fianchi occidentali, settentrionali e meridionali della Russia. Proprio in questo mese, la NATO sta attuando le sue più grandi manovre di guerra dopo la Guerra Fredda nella regione artica al confine con la Russia con 50.000 soldati, accompagnata da una raffica di voli di sorveglianza sulle coste della Russia.

La pazzia del desiderio di morte dell’America per la guerra nucleare deve finire. La classe dirigente americana non la fermerà perché la loro mentalità di desiderio di morte è talmente soffusa di arrogante cieca tracotanza e ignoranza ed è così parte integrante del funzionamento “normale” del loro complesso capitalistico-industriale militare.

La Russia mantiene la linea con le sue indubbie capacità militari e la sua prudenza diplomatica di principio. Ma è tempo che gli europei facciano un passo avanti sul terreno e che esercitino una certa influenza sugli americani.

Per cominciare, gli stati dell’UE dovrebbero dire a Trump che qualsiasi piano di reinstallazione di armi nucleari a medio raggio sul loro territorio non è ammissibile.

In secondo luogo, gli europei devono ridimensionare l’espansione della NATO verso il territorio russo.

In terzo luogo, hanno bisogno di dire a Washington che la Russia è un partner, non uno stato paria da abusare a vantaggio del militarismo americano e delle ambizioni egemoniche.

Gli europei lo faranno? I loro leader potrebbero non avere la spina dorsale, ma i cittadini europei dovranno, se vogliono impedire al loro “alleato” americano di incitare un cataclisma nucleare. L’arroganza americana sta fomentando una ribellione europea contro i propri leader criminali che desiderano far morire milioni di persone innocenti.

Fonte: Strategic Culture

Traduzione: Luciano Lago

https://www.controinformazione.info/il-desiderio-di-morte-nucleare-in-america-leuropa-deve-ribellarsi/

Avere una politica estera

Fonte: Alessio Mannino

Mamma li russi. Allarme russo. I russi alla porta. Attenzione a quei figli di Putin dei russi. E’ tutto un tremito di scandalo e timore la stampa benpensante di stamane, all’indomani della prima giornata del Forum Economico Eurasiatico di Verona. Signora mia atlantista, dove andremo a finire ospitando i rappresentanti degli interessi di Mosca, capofila il gigante del gas Rosneft, nel cuore del Nord produttivo di un’Italia pericolosamente governata da quei mostri malvagi di leghisti e grillini? Ribalteremo settant’anni di alleanza privilegiata Usa-Ue, con tutte quelle fantastiche basi a stelle e strisce disseminate qua e là, con la Nato che avanza casualmente verso i confini della Russia (la quale, secondo i nostri statisti passivo-aggressivi, dovrebbe assentire e subire con gioia e gaudio)? Il terzo del nostro debito pubblico finirà gradualmente nelle mani di ex agenti Kgb e plutocrati al guinzaglio di zar Vladimir, anziché restare in quelle, ottime e caritatevoli, di banche occidentali (francesi in primis, tedesche in secundis)? Con la triade Conte-Salvini-Di Maio al governo rischiamo di passare dalla parte dei “cattivi”, gli anti-democratici, gli illiberali, i guerrafondai eccetera eccetera eccetera? A quando le cavallette, la peste nera, il ritorno di Hitler (o di Stalin), la caduta di massa dei capelli e la perdita istantanea di libido sessuale per quei sudicioni che non talmudizzano gli editoriali di Cassese e Panebianco?

Scherzi a parte, ci sono molte ottime ragioni per cui l’Italia ha tutto il diritto e la convenienza di coltivare rapporti economici e politici con la Russia. Una é la più banale: farla finita con le sanzioni che l’Ue ha comminato all’orso russo per supportare con le armi i russofoni in Ucraina (i kosovari albanesi andavano sostenuti contro i serbi, in Donbass invece l’autodeterminazione dei popoli non vale). Una chiusura al mercato per le nostre aziende che spiega l’imbarazzato ma interessato silenzio dei nostri imprenditori, il cui motto resta quello di Vespasiano: pecunia non olet. Ma le ritrovate anime belle che mai si adontano troppo per i nostri traffici con quei puri di cuore dei sauditi e dei qatarioti, o degli egiziani o di Singapore o del Pakistan o della stessa Cina, ecco questi pii in odore di santità accusano la politica filo-russa – in realtà semplicemente più amichevole e realistica verso la Russia – di commettere alto tradimento verso i valori dell’Occidente. Se c’è una cosa su cui l’Occidente non può proprio dare lezioni di moralità a nessuno, é esattamente sulla coerenza fra i sacri princìpi (libertà, uguaglianza, fratellanza e, va da sé, democrazia) e tutte le guerre di aggressione e occupazione, le stragi di civili con bombardamenti pilotati dal Nevada, i giochi sporchi di spionaggio, il sostegno a Stati macchiatisi di crimini umanitari (Israele, solo per dire il peggiore), i maneggi, i finanziamenti e le intese con dittature e corrotti di ogni tipo. Si obietterà: così fan tutti, la politica, e specialmente la Grande Politica, é sangue e merda, e chi é senza peccato scagli la prima bomba (atomica).

Infatti. Con una differenza, però: i russi non si considerano la civiltà superiore in diritto di intervenire ovunque. Si limitano a intervenire secondo una più tradizionale ma al tempo stesso attuale visione di blocchi geopolitici, quando la loro sfera d’influenza viene minacciata. Non si ergono a gendarmi morali del mondo. In ogni caso, basterebbe rileggersi Tucidide e Machiavelli per sapere che a dominare é sempre stata e sempre sarà la potenza, più o meno mascherata e abbellita dalle vesti nobilitanti degli Ideali. Ma a parte che ciò non toglie valore a questi ultimi (il machiavellismo, a rigore, era un repubblicanesimo sul modello romano, non un immoralismo alla De Sade), e detto che in ogni caso i nostri non ci danno il diritto di misurare gli altri popoli sovrani col nostro metro (ognuno ha i suoi giudizi e pregiudizi, e si dovrebbero rispettare quelli altrui cercando di aprirsi, ma senza ingerenze), cosa c’è di male a dotarsi di una politica estera nazionale e autonoma? In attesa del godot Europa, tutti i nostri cari “fratelli” europei ne hanno una, a cominciare da Berlino e Parigi. Noi no.

Perché allora, oltre a forniture di gas e scambi manifatturieri, non guardare anche a Mosca, visto che ormai è nel Mediterraneo, da un lato tramite la Siria, dove quei pervertiti dell’Isis sono stati battuti soprattutto grazie ai russi (mica a gesù bambino), e dall’altro mediante la Libia, in cui appoggia quel figuro di Haftar, sì, con il quale tuttavia bisogna fare i conti per ristabilire prima o poi, si spera, la pace stroncando ogni residuo pericolo di focolai islamisti? E lo sanno, i banditori di valori, che Russia e Cina, la Cina che ci piace tanto perché ci si lucra tanto business, ormai fanno flick e flock, che é in progetto un collegamento ferroviario che unirà la Repubblica Popolare e il continente europeo fino in Germania, passando dai partner ex sovietici dell’Unione Economia Eurasiatica (EEU), che le due grandi potenze collaborano assieme ad altre medie potenze nella SCO (Shanghai Cooperation Organization), l’accordo sulla sicurezza che copre anche lo spettro di interessi di Iran, Pakistan, India e Afghanistan, e che dunque la Russia può rappresentare utilmente un trampolino di lancio verso Pechino, di cui finora abbiamo solo conosciuto e apprezzato sbavanti l’intraprendenza imprenditoriale, ma senza essere capaci di intavolarci una strategia geopolitica?

Persino gli Stati Uniti con Donald Trump hanno “cambiato verso”, direbbe qualcuno, nei confronti del Cremlino, anche se poi il “deep state“, l’apparato profondo di esercito, servizi segreti e burocrazia gli sta mettendo i bastoni fra le ruote in ogni modo. Noi invece, secondo gli occidentalisti di destra e di sinistra, dovremmo fare gli americani più americani degli americani, più realisti del re. Ci piaccia o no, la Russia che persegue disegni di lungo raggio (leggete qui le ultime sullo sganciamento dal dollaro, altro che putinate) non può non essere un interlocutore per l’Europa. Dovremmo ragionare da europei e da italiani, perché in un pianeta multipolare, l’Occidente come l’abbiamo conosciuto esiste sempre meno. Purtroppo é l’Unione Europea, dio Euro a parte, a non esistere proprio.

riportato integralmente da https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=61127

Botta e risposta

di  Luciano Lago

La bocciatura della manovra presentata qualche giorno fa dal governo italiano a Bruxelles non era stata inaspettata ma anzi era stata già in certo qual modo anticipata dal commissario europeo, Pierre Moscovici, ancor prima di ricevere la lettera da Roma.
Si sapeva che alla Commissione Europea (CE) non andava giù che il Governo italiano avesse disatteso le raccomandazioni della Commissione e avesse operato di testa propria, con l’aumento della spesa di qualche punto di 0,.. causato dai provvedimenti quali, reddito di cittadinanza, abolizione della riforoma Fornero, Flat Tax (per quanto limitata )sanatoria e altri provvedimenti.

Il ministro Salvini ha risposto alla bocciatura: “E’ una decisione che fa irritare ancor di più gli italiani. Bruxelles sta attaccando un popolo, non un governo”, ha dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Altrettanta grinta e determinazione ha dimostrato anche il vicepremier, Luigi Di Maio : “Non ci arrendiamo, andiamo avanti”. Hanno risposto bene, non si possono avere dubbi.

Tuttavia non bisogna cadere nell’equivoco di pensare che, fra la CE e il governo giallo/verde, si sia aperta soltanto una lite per questioni puramente contabili o di difforme visione dei dati di bilancio. Al contrario la vera questione è quella che la manovra del governo italiano (con tutti i suoi limiti) rappresenta una netta inversione di tendenza rispetto ai canoni stabiliti della dottrina neoliberista praticata dalla CE e dagli organismi europei sulla base dell’austerità, della riduzione del debito pubblico e del ridimensionamento dell’intervento dello Stato nel sistema economico.

Il fatto che il governo italiano abbia varato una manovra economica espansiva che punta prioritariamente l’incremento della domanda interna privilegiando interventi sulle fasce disagiate della popolazione (reddito di cittadinanza) e riduzione di imposte alle piccole imprese (Partite iVA), questo è considerato lo strappo più pericoloso in quanto rischia di costituire un precedente per altri paesi e mette in pericolo la stabilità delle banche estere (francesi e tedesche) che detengono i titoli del debito italiano.

Jean Claude Junker presidente Commissione Europea

Gli interessi in gioco sono enormi per la grande finanza che lucra enormi profitti sul debito italiano, visto il sistema penalizzante di aste pubbliche delle emissioni sui mercati internazionali che fruttano interessi cospicui alla speculazione finanziaria. L’Italia, non avendo né una moneta né una banca centrale propria, deve rifornirsi di denaro sui mercati finanziari e deve continuare a pagare alti interessi sul debito e sul rifinanziamento del debito. Normale che i grandi potentati finanziari non vogliano mollare l’osso e tanto meno permettere che l’Italia cambi il suo sistema, magari ricorrendo a risparmio nazionale e emettendo titoli garantiti da una organismo pubblico (Cassa Depositi e Prestiti) che farebbe da garante o prestatore di ultima istanza.

Leggi tutto su https://www.controinformazione.info/lattacco-della-commissione-europea-allitalia-include-il-ricatto-e-la-minaccia-di-sanzioni/

Nord-stream2

“La Germania è totalmente controllata dalla Russia, perché tra il 60 e il 70 per cento della sua energia proviene dalla Russia e da un nuovo gasdotto”, ha detto il presidente Trump. La Germania continua a vedere Nord Stream 2 come un’impresa commerciale, anche se vuole chiarezza sul futuro ruolo dell’Ucraina come rotta di transito, ha detto il portavoce del governo tedesco Ulrike Demmer il mese scorso. Nord Stream 2 è progettato per aggirare l’Ucraina, e l’Ucraina teme che perderà i diritti di transito e farà leva sulla Russia come rotta di transito per il suo gas verso l’Europa occidentale. La Polonia, uno degli oppositori più espliciti di Nord Stream 2, insieme agli Stati Uniti, ha rilasciato una dichiarazione congiunta il mese scorso durante la visita del presidente polacco Andrzej Duda a Washington, in cui le parti hanno affermato : “Continueremo a coordinare i nostri sforzi per contrastare i progetti energetici che minacciano la nostra sicurezza reciproca, come Nord Stream 2. ”

Nord stream mappa

Gli Stati Uniti intendono vendere più gas naturale liquefatto (GNL) sul mercato europeo, compresa la Germania , per aiutare l’Europa a diversificare il proprio approvvigionamento energetico, che sta diventando sempre più dipendente dalle forniture russe. Il presidente della Federazione dell’industria tedesca (BDI), Dieter Kempf, tuttavia, ha dichiarato al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung il mese scorso, che aveva “un grosso problema con un paese terzo che interferisce nella nostra politica energetica “, riferendosi agli Stati Uniti. L’industria tedesca ha bisogno di Nord Stream 2, e il progetto di acquistare il GNL statunitense invece non avrebbe alcun senso economico, ha detto. Il GNL USA attualmente non è competitivo sul mercato tedesco e sarebbe semplicemente troppo costoso, secondo Kempf. Il prezzo più basso del gas russo per condutture verso l’Europa è un punto chiave di vendita, e Gazprom utilizza spesso. All’inizio di questo mese, Alexey Miller, Presidente del Comitato di gestione di Gazprom, ha dichiarato in un forum del gas in Russia: “Sebbene si stia discutendo molto sui nuovi piani per le consegne di GNL, non vi è dubbio che le forniture di gasdotti dalla Russia saranno sempre più competitive ripetto alle consegne di GNL da qualsiasi altra parte del mondo. Va da sé.” Il problema con Nord Stream 2, che è già in costruzione nelle acque tedesche, è che non si tratta solo di un progetto commerciale. Molti in Europa e tutti negli Stati Uniti lo considerano uno strumento politico russo e un mezzo per rafforzare ulteriormente la presa della Russia sulle forniture di gas europee, di cui detiene già più di un terzo. Ma la Germania vuole discutere il futuro di questo progetto all’interno dell’Unione Europea, senza interferenze da parte degli Stati Uniti. Nota: Dalle discussioni incorso si rende evidente che le pressioni USA sulla Germania hanno un solo obiettivo che è quello di isolare la Russia dall’Europa. La politica di sanzioni e minacce è un espediente chiaro ed evidente per Washington di impore i propri interessi sabotando qualsiasi accordo commerciale in violazione delle regole del commercio internazionale. In pratica gli Stati Uniti stanno semplicemente premendo per vendere il proprio gas liquefatto in Europa, cercando ad ogni costo di fermare il suo concorrente, il progetto russo Nord Stream-2. Si usano vari metodi: pressione politica, diplomatica e minacce dirette per imporre sanzioni, sia contro le compagnie russe che contro quelle europee. Allo stesso tempo, il gas liquefatto americano costerà un terzo in più. Ma, secondo Washington, è meglio per gli europei è comunque meglio del gas dalla Russia. Fonte: OilPrice.com Traduzione e nota: Luciano Lago

Niente di nuovo sul fronte occidentale

il Simplicissimus

F35Questo post è dedicato agli occidentalisti, ovvero a coloro che pur su posizioni politiche e antropologiche differenti, presuppongono in maniera esplicita, implicita o il più delle volte inconscia la superiorità occidentale lungo una strada in salita che va dai bassipiani paludosi del razzismo più idiota, ai teoretismi economici  fino all’empireo della scienza e del pensiero. L’esame di tutto questo richiederebbe ben più di qualche riga, ma per gli scopi terra terra che mi prefiggo basterà dire che questa sindrome subliminale si traduce  nel pregiudizio quotidiano, variamente gestito dal potere, in una sorta di fede acritica e di sicumera trasversale nella convinzione che l’occidente sia abbastanza forte per imporre non solo le sue ragioni, ma specialmente i suoi torti. E non c’è bisogno di dire come tutto questo e la falsa sicurezza che ingenera perché alla fine si pensa che siano solo a pagarne le conseguenze, finisca per tradursi in consenso…

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La de-dollarizzazione

Se l’America non riesce a farsi strada sui mercati, allora le sanzioni vengono imposte per “correggere” la strada. L’approvvigionamento energetico di gas dalla Russia verso l’Europa è un classico esempio. Il gas fornito dalla Russia è commercialmente redditizio per soddisfare la domanda europea. Eppure gli Stati Uniti vogliono soppiantare quel mercato con il proprio gas più costoso, e l’unico modo per farlo è decretare le sanzioni contro la Russia e le compagnie europee. Questa non è economia di mercato. È un diktat egemonico imperialista. Esattamente quello che mina il dollaro USA nei principi del presunto capitalismo americano.

Dollari USA e Yuan cinesi

Lentamente ma sicuramente il mondo si sta allontanando dal dollaro come valuta universale. A causa dell’abuso del dollaro da parte di Washington e della sua preminenza nel settore bancario come arma politica geofinanziaria per ottenere i propri obiettivi nazionali. Putin ha detto che la politica di sanzioni statunitensi nei confronti di molti paesi e l’abuso del dollaro come valuta di riserva globale è un “errore strategico” commesso da un impero calante. Mentre sempre più paesi abbandonano il dollaro per aggirare le sanzioni statunitensi, il risultato sarà un continuo indebolimento della posizione internazionale della moneta e del sistema bancario statunitense. Un caso classico di sovraffollamento da parte di Washington che alla fine porta alla sua stessa scomparsa economica. Se la storia ci suggerisce una cosa è quella che ogni impero ha il suo giorno segnato. L’over-reach imperiale è il segno di un impero in declino.

https://www.controinformazione.info/limpero-statunitense-sulla-via-della-sua-stessa-autodistruzione/

L’Europa per le Cayman

L’idea, partita da una parrocchia, era quella di creare una cooperativa fra ex carcerati che si occupasse di restauro ligneo: fui interpellato come esperto del settore (provengo da una famiglia d’antiquari) insieme ad un amico restauratore. Credevamo, essendo le uniche persone esperte, di dirigere la struttura ma non era così: la direzione generale della struttura era affidata ad un “diacono” che nessuno conosceva. Incontrai questo “diacono”, m’offrì una grappa e mi disse “tanto è inutile che voi pretendiate la direzione, perché “noi” riceveremo i fondi europei, voi mai.” Bevvi d’un sorso la grappa e lo salutai. A mai più.

Quella enorme massa di denaro (4) che viene elargita per vari “progetti” non è altro che una colossale regalia al potere politico di una nazione, allo scopo di garantirsi la fedeltà assoluta ai dettami europei.

I mille capannoni abbandonati, cosa furono? Altrettante tangenti o, comunque, “provvigioni” ottenute da “progetti” che erano inconsistenti, privi d’utilità economico-sociale, buoni solo per finanziare questo o quello, europeisti convinti, ovvio.

Infine, c’è la bella favola del Fondo Sociale Europeo – il quale, per sua definizione, potrebbe essere usato anche per il RdC – ma no, non s’ha da fare. Perché? Perché la gestione del FSE era delle Regioni, poi delle Province…e adesso? Sono i famigerati “centri per l’impiego”, ossia posti dove una miriade di burocrati s’affannano per farti credere che il lavoro si troverà…a patto di fare quel certo corso d’aggiornamento, tenuto dal luminare universitario, pagato profumatamente…mediante il quale magari ti daranno anche un punteggio. E, tu, mangiaci col punteggio. Mentre loro sono i veri destinatari del FSE: erano la base elettorale dei partiti che prima erano al governo e che temono un’affermazione dei sovranisti alle prossime elezioni europee. Finisce la pacchia? Vedremo.

Un bilancio europeo siffatto serve soltanto ad un trasferimento di denaro, che passa dai fondi pubblici alle tasche private: difatti, l’Europa è il continente che più esporta capitali nei paradisi fiscali (Isole Cayman, ecc), come dimostra il grafico (5):

Ben 2600 miliardi di dollari! Pronti, all’evenienza, ad acquistare stock di debito pubblico di un certo Paese, oppure a venderli: così si ottiene il controllo di un continente, mediante lo spread ed il tipico atteggiamento dei cravattari.

Del resto, cosa ci si può aspettare da un uomo (Juncker) che ha promosso l’elusione fiscale per le grandi aziende, nel suo Paese e nel resto d’Europa, documentata da un’inchiesta di ben 80 giornalisti di 26 Paesi, ed un processo nel quale i giudici (lussemburghesi) hanno condannato…i giornalisti che avevano indagato!

Ora, torniamo a noi ed a quel famoso 2,4% che ha fatto infuriare Juncker: una nazione, pesantemente indebitata (come quasi tutti i grandi Paesi Europei), decide – dopo anni d’inconcludenti restrizioni economiche – di provare la via keynesiana, ossia di fornire risorse alle fasce più deboli della popolazione affinché, visto che quei soldi finiranno spesi per necessità (e non alle Cayman!), si possa innalzare la crescita e, in questo modo, ridurre il rapporto debito/PIL.

E’ un tentativo plausibile? L’alternativa? Continuare in ristrettezze con il debito che sempre aumenta?

Crediamo che Juncker sia arrabbiato, perché loro campano proprio sul debito altrui, come gli usurai: se qual debito non ci fosse, si dovrebbe inventarlo!

Però, c’è un però. Per la prima volta sono giunti al potere partiti anti-europeisti: non tanto per principio, quanto per la miseria che è diventata questa Europa, che va sempre peggio, nella quale l’Indice di Gini (la disuguaglianza sociale) è sempre in aumento, nella quale in ogni Paese s’avvertono solo “necessità di tagliare”, via welfare, via scuole, via ospedali…

Il guaio è che è capitato in un grande Paese: l’Italia. Al punto che, se si dovesse giungere ad uno scontro veramente duro, quel Paese potrebbe sottoporre ai suoi elettori un referendum consultivo (come per il referendum consultivo per l’adesione, nel 1989) e decidere, vista l’impossibilità di rimanere insieme, d’andarsene. E sarebbe la fine dell’Unione Europea.

Alcuni burocrati Europei l’hanno capito (Moscovici, ad esempio, più “morbido”) mentre Juncker – che non è un gran politico, la sua formazione è prevalentemente economica – sembra non volerlo capire. Alle prossime elezioni europee lo capirà: coraggio, Juncker, non è mai troppo tardi!

(1) https://www.truenumbers.it/quanto-versa-italia-europa/

(2) https://www.truenumbers.it/budget-europeo/

(3) http://www.contributieuropa.com/v3/store/veditutti.asp

(4) https://www.ilsole24ore.com/impresa-e-territori/fondi-europei.shtml

(5) https://www.truenumbers.it/evasione-paradisi-fiscali/

(6) https://it.wikipedia.org/wiki/Luxemburg_Leaks


http://carlobertani.blogspot.com/2018/10/i-bilanci-del-sacro-romano-impero.html

La repubblica di Weimar

II grande boom durò sette anni. A credito. Fino a sbattere contro quel muro della natura che già Ricardo aveva previsto come il fatale ostacolo contro cui si sarebbe autodistrutto il liberismo, il capitalismo finanziario senza regole. Le imprese prosperavano. Ma al prezzo di un aumento astronomico delle loro spese incomprimibili: il servizio del debito per l’acquisto dei terreni, degli impianti, degli immobili. Come sempre, i capitalisti agirono sulla spesa che essi ritengono a cuor leggero variabile: i salari. “Ogni segno di crisi fu scongiurato comprimendo i salari e licenziando lavoratori”, dice Heilig, e poiché “i bassi salari stimolano gli investimenti industriali, il risparmio sulla manodopera fu compensato con l’acquisto di altri macchinari più efficienti. Era la corsa alla più alla produttività, alla razionalizzazione esaltata dalla finanza globale: produrre più merci con sempre meno lavoratori. Industria ad alta intensità di capitale. “Modernizzare, modernizzare ad ogni costo, era la sola idea che gli uomini d’affari sapevano concepire”, dice Heilig. E’ la stessa ricetta che viene raccomandata o imposta in nome dell’efficienza del capitalismo. Heilig dice invece: “la Germania era intossicata”:
Che cosa accade infatti quando si retribuisce troppo il capitale a scapito del lavoro? Finisce che le merci sempre più abbondanti non trovano acquirenti, perché i consumatori – i lavoratori – hanno perso potere d’acquisto. Gli imprenditori corsero ai ripari, secondo le lezioni di liberismo appena apprese. Nel 1931, nel tentativo disperato di sostenere i prezzi, ridussero la produzione di merci. Con ciò però, dice il giornalista, “gli interessi (sul debito), le tasse, gli ammortamenti e gli affitti, ossia le spese fisse, divise su un volume minore di beni, aumentarono il costo unitario di ogni bene. Il costo di produzione crebbe in proporzione inversa ai profitti calanti, fino a divorarli”. La soluzione liberista? “Gli operai furono licenziati in massa”. Ma, naturalmente, ” i datori di lavoro ne ottennero ben poco sollievo. Per ogni lavoratore licenziato, era anche un consumatore che spariva”.
La benedizione del capitale facile aveva prodotto questo esito: sovrapproduzione, disoccupazione, crisi.
Heilig ragiona su quei costi incomprimibili che finirono per divorare i profitti. In ultima analisi, essi consistono nell’enorme rialzo degli immobili e terreni che precedette ogni futuro profitto possibile. Alla fine, “tutto andò ai proprietari immobiliari. L’intera Germania aveva lavorato ‘per loro ‘ in tutti gli anni del boom”. Più precisamente diciamo: per restituire gli interessi e i ratei dei capitali presi a prestito, e finiti nella speculazione meno produttiva, la Germania si svenò.
Nel corso del 1931 parecchi industriali tedeschi non furono più in grado di pagare i debiti: “I cosiddetti costi incomprimibili erano diventati insopportabili e cessarono di essere pagati”. Con l’insolvenza dei debitori, cominciarono a fallire le banche. Il cancelliere Bruning, allievo modello del liberismo pro-capitalista, spese miliardi di marchi (denaro dei contribuenti) per salvarle. Poi accordò amplissimi sussidi alle imprese in difficoltà.
Come si vede, anche allora il liberismo non si applica quando si profila la rovina del capitale e dei capitalisti: allora torna di moda l’intervento pubblico, la mano visibile dello Stato. Bruning lanciò quella che chiamò politica anti-deflazionista: la quale consisteva nel somministrare più forti dosi del tossico che aveva condotto alla rovina. “Decretò una riduzione generale dei salari, che furono tagliati del 15%”. Era convinto che, ridotto il potere d’acquisto dei lavoratori, questo avrebbe indotto una riduzione successiva dei prezzi (il prezzo umano, la riduzione alla fame della classe operaia, non parve indegno d’essere pagato). “Ma i prezzi erano determinati da fattori ben diversi che dai salari”, dice Heilig: come abbiamo visto, dalle spese incomprimibili del servizio del debito contratto per comprare suoli sopravvalutati. Era lì, se mai, che si sarebbe dovuto agire.
Ma era troppo tardi. “Sette milioni di salariati, un terzo della forza produttiva, era disoccupato; la classe media spazzata via: questa la situazione a un anno dall ‘apice della prosperità” indotta dai capitali esteri. In quell’anno, il numero dei deputati nazisti eletti al Reichstag passò da otto a 107. Nel gennaio 1933, Hitler fu nominato cancelliere.

Maurizio Blondet in “Schiavi delle banche”

dall’archivio di bondeno.com, Data: Venerdì, 15 giugno 2007 alle 11:00:00 CEST Argomento: Cronache di ieri
Forse non tutti sanno che le umane teorie (filosofiche, letterarie, economiche, scientifiche, storiche ecc.) servono normalmente a supportare gli interessi delle categorie che controllano i media, per cui quelle “non allineate” vengono rimosse e/o squalificate. Qui non si vuole certo entrare nel merito, però capita ogni tanto di trovare qualche testo apparentemente “eretico” che, esercita la libertà di espressione.