Il colpo finale

Le politiche neoliberiste del FMI e le multinazionali, attraverso la strategia dell’indebitamento verso i “mercati”,  hanno, dunque, squassato l’economia africana, che fino agli anni ’70 era in una fase di avvio dello sviluppo. La stessa strategia a partire dagli anni ’80 è stata gradualmente applicata in Europa e gli effetti più nefasti non hanno mancato di manifestarsi, come la crisi esplosa nel 2008 ha reso a tutti evidente. In Africa la strategia, complici governi dittatoriali corrotti e le classi dirigenti occidentalizzate, è stata eseguita con molta più rapidità e senza tanti complimenti. Anche i giovani dei Paesi europei maggiormente sottomessi al potere della finanza, come quelli africani, sono oggi costretti a emigrare per cercare lavoro. Ma per loro non c’è nessun business dell’accoglienza nei Paesi di destinazione.

Con il suo libro, la brava Ilaria Bifarini, al di là dei luoghi comuni e dello scontro tra xenofobi e xenofili, aiuta a capire in termini oggettivi, sotto il profilo economico, il fenomeno migratorio e le sue cause, tutte risalenti alla strategia del dominio mediante indebitamento. Intorno al 2050 la popolazione africana raddoppierà passando da 1,2 a 2,5 miliardi di abitanti. Per il mancato sviluppo, impedito dalla neo-colonizzazione da indebitamento, l’Africa non ha realizzato quella che storici, demografi ed economisti chiamano la “transizione demografica” ossia l’equilibrio tra tasso di incremento demografico della popolazione e sviluppo economico. L’Africa è rimasta prigioniera della cosiddetta “trappola maltusiana”. La contemporaneità tra esplosione demografica e povertà endemica, causata dalle fallimentari politiche economiche neoliberiste, ha reso l’emigrazione lo strumento più facile, a disposizione delle corrotte élite locali e dei neo-colonizzatori finanziari, per contenere i conflitti sociali ed etnici. Si tratta tuttavia di una pseudo-soluzione perché l’effetto dell’emigrazione sull’economia locale è peggiorativo dato che essa priva i Paesi di origine della forza lavoro più giovane e intraprendente. Nonostante questo effetto dannoso, l’emigrazione viene pianificata dalle Istituzione globaliste con la complicità dei governi locali.

La Bifarini ci informa, nel suo libro, dell’esistenza di organizzazioni non governative specializzate nel “prestito” all’emigrazione. Queste organizzazioni, nella loro propaganda, presentano l’emigrazione come un modello di crescita per i Paesi del Terzo Mondo. Alle famiglie del Terzo Mondo sono concessi prestiti finalizzati a consentire ai propri figli di emigrare. La prospettiva presentata alle famiglie è quella per la quale un figlio emigrato è una risorsa economica perché esso invierà a casa il denaro guadagnato all’estero. In realtà, però, le rimesse dei migranti servono innanzitutto per rimborsare il prestito ricevuto sotto pena di sanzioni e conseguenze dannose per i familiari rimasti. Si tratta di rimesse alle quali sono inoltre applicati provvigioni molto alte sicché si è creato un fiorente business che specula sulla miseria umana. Non sbaglia chi paragonasse dette Organizzazioni Non Governative a clan mafiosi di usurai. I mezzi usati, compreso il ricatto di conseguenze per i familiari rimasti in patria, sono del tutto identici.

Luigi Copertino

fine seconda parte

continua

L’articolo INDEBITAMENTO E NEOCOLONIALISMO: ALLA RADICE MEFISTOFELICA DELLE MIGRAZIONI – seconda parte – di Luigi Copertino proviene da Blondet & Friends.

Jean-Claude Michéa: lettera ai Gilets Jaunes

Mauro Poggi

Jean-Claude Michéa prende spunto da un articolo di Lieux Communs per scrivere una lettera aperta sui Gilet Jaunes, per i quali esprime apprezzamento senza riserve.
Il movimento – nato originariamente dalla protesta per una delibera governativa che di questi tempi potrebbe sembrare banale (l’aumento delle tasse sul gasolio),  si sta trasformando in una più generale contestazione contro le politiche vessatorie dei governi ordoliberisti eurocomunitari, di portata tale da turbare i beati sonni dell’establishment francese (e probabilmente non solo).
Anche se lo stile di Michéa è sempre un po’ involuto, come accade alla maggior parte degli intellettuali transalpini, le sue considerazioni sono sempre degne di interesse, specie nel caso di argomenti di grande attualità come questo.

Eccone la traduzione:

§

[…] Il movimento dei Gilets Jaunes (bell’esempio di quell’inventiva popolare che annunciavo ne “I misteri della sinistra”) è in un certo modo l’esatto contrario del movimento Nuit Debout.

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Ognuno ha i suoi problemi…

I problemi interni del Regno Unito

Poiché l’Unione Europea è al servizio dei ricchi contro i poveri, contadini e operai britannici hanno votato per uscirne, il settore terziario per rimanervi.

Come negli altri Paesi europei, anche nella società britannica vi è un’alta borghesia che deve il proprio arricchimento all’Unione Europea, ma, diversamente dagli altri Grandi d’Europa, nel Regno Unito vi è anche una potente aristocrazia. Prima della seconda guerra mondiale essa già godeva dei vantaggi ora procurati dalla UE, nonché di una prosperità che Bruxelles non le può più assicurare. L’aristocrazia ha perciò votato contro l’alta borghesia, ossia per la Brexit, aprendo una crisi all’interno della classe dirigente.

Alla fine, Theresa May fu scelta come primo ministro, pensando che potesse garantire gli interessi degli uni e degli altri (Global Britain). Non è andata così. – In primo luogo, May non è riuscita a concludere un accordo preferenziale con la Cina e incontra difficoltà con il Commonwealth, con cui i legami si sono col tempo allentati. – In secondo luogo, May deve fare i conti con le minoranze scozzese e irlandese, a maggior ragione perché la sua maggioranza include protestanti irlandesi aggrappati ai loro privilegi. – Infine, May deve far fronte alla rimessa in discussione della «relazione speciale» che legava Regno Unito e Stati Uniti.

Il problema che l’avvio della Brexit ha fatto emergere

Dopo aver inseguito invano diversi aggiustamenti dei trattati, il 23 giugno 2016 il Regno Unito ha democraticamente votato per la Brexit. Sorpresa dall’esito del referendum, l’alta borghesia ha tentato immediatamente di rimettere in discussione il risultato. Si parlò di organizzare un secondo referendum, come avvenne con la Danimarca per il Trattato di Maastricht. Poiché questo non è possibile, ora si fa distinzione tra una “Brexit dura” (senza nuovi accordi con la UE) e una “Brexit flessibile” (con la salvaguardia di parecchi impegni). La stampa sostiene che la Brexit sarà una catastrofe economica per i britannici. In realtà, studi anteriori al referendum, nonché a questo dibattito, dimostrano che i primi due anni dopo l’uscita dall’euro saranno di recessione, ma che il Regno Unito non tarderà a ripartire e a sorpassare l’Unione. L’opposizione al risultato del referendum – nonché alla volontà popolare – vuole dilatare i tempi di applicazione. Il governo ha notificato il ritiro britannico alla Commissione con nove mesi di ritardo, ossia il 29 marzo 2017.

Il 14 novembre 2018 – ovvero due anni e quattro mesi dopo il referendum – Theresa May si è arresa e ha accettato un cattivo accordo con la Commissione Europea. Però, quando lo sottopone al suo governo sette ministri si dimettono, fra cui l’incaricato della Brexit, che evidentemente non conosceva elementi dell’accordo che invece il primo ministro gli attribuisce.

Il testo dell’accordo comprende una clausola del tutto inaccettabile per qualunque Stato sovrano: viene fissato un periodo di transizione, la cui durata non è stabilita, in cui il Regno Unito non sarà più considerato membro dell’Unione, ma dovrà sottostare alle sue regole, comprese quelle che saranno adottate in detto periodo.

https://www.maurizioblondet.it/la-secessione-dellunione-europea/

De-industrializzazione

Bondeno

Nel 1948 in Italia si contavano 62 zuccherifici. Oggi gli impianti produttivi in tutta la penisola sono 3.

Pensando alla anche più tragica de-industrializzazione che hanno fatto  subire all’Italia  i Prodi, gli  Amato, i Carli, i Draghi, i Ciampi. Con le loro svendite in perdita , hanno aperto buchi irreversibili nelle industrie di alta tecnologia –    quelle che distinguono i paesi industriali avanzati da quelli del secondo mondo.  Non piace saperlo agli italioti ignari di cultura industriale, ed è impossibile farlo capire a   “pacifisti”,  “ecologisti”,  grillini anti-tutto: queste sono le “industrie di superiorità” e  appartengono ai settori strettamente connessi con la difesa. Senza una presenza nell’aeronautica-spazio, nel nucleare, nella grande elettronica e nei sistemi d’arma complessi, un paese  diventa un Venezuela o Argentina:  la sopravvivenza di secondo piano anche intellettuale,  nel livello di civiltà. Per contro, uno stato con un prodotto lordo inferiore all’Italia, la Federazione Russa,  è un gigante internazionale perché ha mantenuto un’industria militare vibrante ed eccellente  – che oltretutto è una delle principali voci di esportazione e prestigio.

In cosa queste industrie sono “superiori” alle  industrie civili? Anzitutto per la   qualità della ricerca. Perché qui la spinta intellettuale (direi spirituale) dei suoi dirigenti  non  è il guadagno,  ma “vincere o morire”. Quasi sempre sono industrie  di Stato, se non altro perché ne ricevono le commesse, gli ordinativi, e  lo stato ne  paga le ricerche e le progettazioni.

“Nel 1987  il complesso delle aziende del settore difesa dava lavoro a poco più di 80 mila addetti. Dimensioni industriali già modeste,  perché  riguardavano solo l’1,2% del totale degli addetti dell’industria – contro il 4-5%  di Francia e Regno Unito”. La Francia ad  esempio occupava negli armamenti   280 mila addetti.

Alla fine del 1997, gli addetti erano 47.500. “Nel breve giro di un decennio, questo settore industriale, di gran lunga il più importante per il progresso scientifico e tecnologico, s’è ridotto della metà”.  Dal 1992 in poi [gli anni di Amato, Ciampi e Prodi] il  crollo è diventato precipizio. Le poche industrie elettroniche e di impiantistica dedicate, sono passate in mani straniere.

E’ da questa  profonda smobilitazione  – o prolasso  –  degli spiriti, l’accomodarsi nel secondo mondo, che viene l’opposizione grillina anche ai termovalorizzatori: espressione peggiore di quella “cultura meridionale”, “cultura dell’abusivismo”,  che   affoga nelle case abusiva che essa stessa ha costruito per ignoranza delle leggi elementari della fisica, e che si crede “ecologica” perché rifiuta inceneritori ( o non li usa n.d.r.).

La presunzione insopportabile dell’ignorante  meridionale che si crede intelligente,  imperiosamente,  presuntuosamente incapace di capire se non sulla propria carne. Lo straccione che tende la mano al sussidio di 780 euro, che  però spende centinaia di migliaia di euro al giorno   –  almeno 130 euro a tonnellata –  per spedire la  sua spazzatura in Austria o in Cina: gran signore che affoga nelle casette abusive,  ovviamente fra i puzzi delle sue deiezioni e delle montagne di gusci di cozze,  perché non ha né fogne né raccolta di spazzatura. Il povero viziato del Sud, che vuole “vivere comodo”. In questo passo drammatico del Paese in  lotta per la liberazione, il freno che ci farà perdere.

https://www.maurizioblondet.it/ancora-sulla-deindustrializzazione-americana-e-la-nostra/

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Eurocrazia

Non essendo riuscito in Italia il programma di smantellamento della Costituzione, programma tentato da Matteo Renzi, sponsorizzato dalla grande Banca internazionale JP Morgan, bloccato da un referendum popolare, i grandi potentati finanziari oggi hanno una seconda opzione con il portare l’Italia in default tecnico e chiederne il commissariamento ed affidamento alla Troika.

Già pronti sull’uscio gli ispettori del FMI che si preparano ad intervenire con un governo tecnico di emergenza, magari nominato da Mattarella per traghettare l’Italia verso la dittatura finanziaria.

Coloro che ancora pensano in buona fede che l’Unione Europea sia una Istituzione creata per favorire gli interessi delle popolazioni e favorire la democrazia, la pace e la libertà, si devono oggi ricredere, la UE è stata costruita per favorire un’ élite di potere che potesse governare, non solo senza partecipazione popolare, ma soprattutto contro la volontà popolare, ritenuta incapace di comprendere i meccanismi austeri della politica e della finanza.

Per questo obiettivo si sono alleati i potentati finanziari  transnazionali con la sinistra globalista ed il vecchio centro destra, tutti uniti per affondare l’esperimento giallo/verde, approfittando delle sue contraddizioni.
Si provvederà dopo al cambiamento della costituzione, considerata ancora troppo socialista, troppo sovranista con quel suo prevedere che la sovranità appartiene al popolo e la preminenza del diritto al Lavoro rispetto alla stabilità dei mercati e della finanza.

“Oggi i tempi son cambiati, son venuti l’alleati”, si canticchiava nel dopoguerra ed oggi, quella canzonetta ritorna di moda, si poteva prevedere.

https://www.controinformazione.info/luomo-del-colle-si-prepara-a-dire-no/

Più Stato e meno Mercato!

A farla breve:   il Pentagono scopre che, riducendosi a comprare sul mercato  globale ciò che gli serve, può finire per  dipendere da un nemico  per completare il suo armamento.

E’ il bello del mercato globale, ragazzi. E’ l’ideologia della “interdipendenza”, del  “vantaggio competitivo”; del comprare le merci al prezzo più basso perché è conveniente e concorrenziale, che ha de-industrializzato l’Occidente.   E indebolisce la forza armata.  Così  si constata che uno Stato potente deve mantenere lavorazioni ed eccellenze tecnologiche sottratte al mercato e alla concorrenza, insomma una dose di autarchia  delle industrie di punta militari  – che risponde alle necessità della sicurezza, non a quelle della convenienza del prezzo.  La logica del mercato globale fa’ arretrare tecnologicamente, in fondo, anche la civiltà, del paese che l’adotta con  rigore ideologico.

Il rapporto del Pentagono  è importante per il mutamento di ideologia che contiene:  afferma esplicitamente il primato delle necessità strategiche sull’economicismo liberista. E’ un contributo alla deglobalizzazione.
Adesso  il Presidente Trump sostiene che “una base industriale […] sana è un elemento critico del potere degli Stati Uniti”  e insiste sul fatto che “l’industrializzazione è questione strategica”:  siccome ciò che è “strategico” è di competenza del presidente, si apre un periodo interessanti per i “mercati globali”.

https://media.defense.gov/2018/Oct/05/2002048904/-1/-1/1/ASSESSING-AND-STRENGTHENING-THE-MANUFACTURING-AND%20DEFENSE-INDUSTRIAL-BASE-AND-SUPPLY-CHAIN-RESILIENCY.PDF

L’articolo PERCHE’ TRUMP CERCA DI RE-INDUSTRIALIZZARE L’AMERICA proviene da Blondet & Friends.

Cause ed effetti

Nella prima lettura, la Verkhovna Rada ha adottato il progetto di legge “Sulla zona adiacente dell’Ucraina” (una sezione di spazio marittimo), che prevede l’estensione del territorio controllato da Kiev al mare di ulteriori 12 miglia nautiche per contrastare il traffico di contrabbando nel Mar Nero.

Da parte sua, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha affermato che i paesi dell’alleanza hanno espresso preoccupazione per il rafforzamento della presenza militare della Russia nel Mar Nero. Secondo lui, la regione del Mar Nero è una delle priorità per l’ alleanza del Nord Atlantico e per la Georgia.

Nel luglio di quest’anno, la fregata della Royal Dutch Navy De Ruyter, la fregata Fatih, la fregata delle forze navali della Romania, Regele Ferdinand, sono arrivate a Odessa. Inoltre, nel Mar Nero erano presenti il gruppo navale anti-mine permanente del NATO Rhein, i dragamine della marina turca Anamur e l’IS della Romania, Lupu Dinescu.

Le navi della NATO, insieme alle forze armate ucraine, hanno condotto esercitazioni di tipo Passex nel Mar Nero (manovre mediante le quali navi di diversi paesi elaborano la loro interazione in caso di rapido ingresso in reali operazioni militari congiunte contro una terza parte o per un’operazione umanitaria).

https://www.controinformazione.info/il-mar-nero-nuovo-teatro-di-provocazioni-della-nato-e-dellucraina-contro-la-russia/