De-industrializzazione

Bondeno

Nel 1948 in Italia si contavano 62 zuccherifici. Oggi gli impianti produttivi in tutta la penisola sono 3.

Pensando alla anche più tragica de-industrializzazione che hanno fatto  subire all’Italia  i Prodi, gli  Amato, i Carli, i Draghi, i Ciampi. Con le loro svendite in perdita , hanno aperto buchi irreversibili nelle industrie di alta tecnologia –    quelle che distinguono i paesi industriali avanzati da quelli del secondo mondo.  Non piace saperlo agli italioti ignari di cultura industriale, ed è impossibile farlo capire a   “pacifisti”,  “ecologisti”,  grillini anti-tutto: queste sono le “industrie di superiorità” e  appartengono ai settori strettamente connessi con la difesa. Senza una presenza nell’aeronautica-spazio, nel nucleare, nella grande elettronica e nei sistemi d’arma complessi, un paese  diventa un Venezuela o Argentina:  la sopravvivenza di secondo piano anche intellettuale,  nel livello di civiltà. Per contro, uno stato con un prodotto lordo inferiore all’Italia, la Federazione Russa,  è un gigante internazionale perché ha mantenuto un’industria militare vibrante ed eccellente  – che oltretutto è una delle principali voci di esportazione e prestigio.

In cosa queste industrie sono “superiori” alle  industrie civili? Anzitutto per la   qualità della ricerca. Perché qui la spinta intellettuale (direi spirituale) dei suoi dirigenti  non  è il guadagno,  ma “vincere o morire”. Quasi sempre sono industrie  di Stato, se non altro perché ne ricevono le commesse, gli ordinativi, e  lo stato ne  paga le ricerche e le progettazioni.

“Nel 1987  il complesso delle aziende del settore difesa dava lavoro a poco più di 80 mila addetti. Dimensioni industriali già modeste,  perché  riguardavano solo l’1,2% del totale degli addetti dell’industria – contro il 4-5%  di Francia e Regno Unito”. La Francia ad  esempio occupava negli armamenti   280 mila addetti.

Alla fine del 1997, gli addetti erano 47.500. “Nel breve giro di un decennio, questo settore industriale, di gran lunga il più importante per il progresso scientifico e tecnologico, s’è ridotto della metà”.  Dal 1992 in poi [gli anni di Amato, Ciampi e Prodi] il  crollo è diventato precipizio. Le poche industrie elettroniche e di impiantistica dedicate, sono passate in mani straniere.

E’ da questa  profonda smobilitazione  – o prolasso  –  degli spiriti, l’accomodarsi nel secondo mondo, che viene l’opposizione grillina anche ai termovalorizzatori: espressione peggiore di quella “cultura meridionale”, “cultura dell’abusivismo”,  che   affoga nelle case abusiva che essa stessa ha costruito per ignoranza delle leggi elementari della fisica, e che si crede “ecologica” perché rifiuta inceneritori ( o non li usa n.d.r.).

La presunzione insopportabile dell’ignorante  meridionale che si crede intelligente,  imperiosamente,  presuntuosamente incapace di capire se non sulla propria carne. Lo straccione che tende la mano al sussidio di 780 euro, che  però spende centinaia di migliaia di euro al giorno   –  almeno 130 euro a tonnellata –  per spedire la  sua spazzatura in Austria o in Cina: gran signore che affoga nelle casette abusive,  ovviamente fra i puzzi delle sue deiezioni e delle montagne di gusci di cozze,  perché non ha né fogne né raccolta di spazzatura. Il povero viziato del Sud, che vuole “vivere comodo”. In questo passo drammatico del Paese in  lotta per la liberazione, il freno che ci farà perdere.

https://www.maurizioblondet.it/ancora-sulla-deindustrializzazione-americana-e-la-nostra/

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4 thoughts on “De-industrializzazione

  1. Un tale buco porrebbe minori problemi se esistesse un numero adeguato di imprese italiane che in quanto controllano imprese site in altri paesi sono in condizioni di attuare strategie ridistributive di mercati e di posti di lavoro. Ma con un rapporto di tre a uno tra le acquisizioni estere in Italia, e le acquisizioni italiane all’estero, sono le imprese estere ad avere in mano le leve di comando sui nostri mercati, ivi compreso il mercato del lavoro, mentre le nostre, sui loro, han-no poteri minimi.
    La conclusione che appare lecito trarre da tali considerazioni è semplice. Il ciclo di cessioni a imprese estere, privatizzazioni e smembramenti di grandi gruppi, di cui abbiamo sopra riportato solo alcuni ca-si a titolo indicativo, ha concorso ad avvicinare l’Italia allo stato di colonia industriale. Magari relativa mente prospera, eppur colonia. Nelle colonie, com’è noto, sono i governatori, nell’interesse dei paesi che rappresentano, a stabilire in quale direzione deve procedere, o arrestarsi, l’economia locale. Non i dirigenti o i lavoratori di questa.
    Luciano Gallino, la scomparsa dell’Italia industriale

  2. Deindustrializzazione: «Significa che non si fanno più politiche industriali». Galloni cita Pierluigi Bersani: quando era ministro dell’industria «teorizzò che le strategie industriali non servivano». Si avvicinava la fine dell’Iri, gestita da Prodi in collaborazione col solito Andreatta e Giuliano Amato. Lo smembramento di un colosso mondiale: Finsider-Ilva, Finmeccanica, Fincantieri, Italstat, Stet e Telecom, Alfa Romeo, Alitalia, Sme (alimentare), nonché la Banca AndreattaCommerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano.

    Le banche, altro passaggio decisivo: con la fine del “Glass-Steagall Act” nasce la “banca universale”, cioè si consente alle banche di occuparsi di meno del credito all’economia reale, e le si autorizza a concentrarsi sulle attività finanziarie speculative. Denaro ricavato da denaro, con scommesse a rischio sulla perdita.
    https://www.maurizioblondet.it/italia-potenza-scomoda-dovevamo-morire-ecco-come/

  3. Abbiamo la quasi ventennale preparazione alla distruzione dei diritti del lavoro dapprima attutata con forzature delle regole quasi mai sanzionate e infine divenute legge con il job act senza che vi sia stata una significativa resistenza perché le uniche grandi manifestazioni della cosiddetta sinistra sono state contro le cene eleganti del Cavaliere, quasi che la maleducazione e la pacchianeria fossero più importanti delle politica. Abbiamo l’incongrua e repentina apertura all’est sia per compiacere la Nato e dunque gli Usa, ma soprattutto sfruttata per far crollare i salari e non per migliorare le condizioni di vita degli uni e degli altri. Abbiamo l’euro come strumento di ricatto e di prigionia dentro il panopticon neoliberista brusselese. Quello che non c’era allora era solo il ricatto sordido e palese che si è concretizzato contro la Grecia e adesso contro di noi.
    https://ilsimplicissimus2.com/2018/11/28/cronache-e-profezie-di-una-rovina-annunciata/

  4. La situazione disastrosa in cui si trova in Mezzogiorno d’Italia è stata causata proprio da loro, i vari politici come i Mario Monti, Matteo Renzi, Gentiloni e compagnia cantante, quelli del “…ce lo chiede l’Europa”, coloro che hanno accettato tutte le imposizioni della UE in nome del mercato aperto e del liberismo selvaggio.
    Sono gli stessi che hanno aperto alle importazioni degli agrumi, olio e prodotti agricoli dal Marocco e dal nord Africa, senza curarsi dei tanti imprenditori agricoli del sud che sono stati messi in ginocchio dalla concorrenza sleale. I medesimi che hanno consentito, grazie alla UE, di aprire il mercato italiano all’importazione di riso dall’Asia, assestando un colpo mortale ai produttori di riso del Vercellese, si potrebbe continuare con il grano ammuffito che arriva dal Canada e con i pomodori dalla Cina e tanti altri prodotti.
    https://www.controinformazione.info/le-inutili-polemiche-di-una-italietta-provinciale-ed-ipocrita/

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