Libia chiama Russia

Il continente africano sta chiedendo investimenti russi, un ruolo politico attivo di Mosca nel continente e la risoluzione della questione libica seguendo il modello dei negoziati siriani a Sochi. L’Africa si aspetta molto dalla Russia, ma ha molto da offrire a sua volta.

“La Russia non è mai stata un colonizzatore in Africa e non porta il peso del passato”, ha detto il ministro degli Esteri libico Abdelhadi Hwaj alla Sputnik News, a margine del vertice Russia-Africa a Sochi.

Ha sottolineato che le relazioni tra Russia e Libia sono sempre state amichevoli e strategiche e che questo è uno dei motivi di una cooperazione congiunta approfondita e globale. Secondo lui, un tale vertice avrebbe dovuto svolgersi molto tempo fa, ma è positivo che si sia tenuto nel 2019 e non nel 2020 o nel 2021.

Vogliamo colloqui libici, come quelli siriani a Sochi

“La Libia è la porta settentrionale dell’Africa. Purtroppo, non è un porta sicura, ci sono più di 21 milioni di armi illegali in circolazione . Vi è una difficile situazione di sicurezza in Nigeria e Camerun. L’Africa dovrebbe sospendere le importazioni e la produzione di armi. È necessario concentrare le forze sull’economia e sulle questioni sociali. Circa il 60 percento della popolazione africana è giovane “, ha dichiarato il capo della diplomazia libica.

Il ministro ha sottolineato che è per questo motivo che risulta necessario un partenariato internazionale strategico ed efficace per invertire la situazione attuale. Ha anche espresso la speranza che la Russia si occupi della questione libica prendendola nelle sue mani.

I bombardamenti delle forze governative in Libia

“Speriamo che la Russia svolga un ruolo più significativo nella risoluzione della crisi libica. La Russia è un membro attivo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e una grande potenza economica. Vogliamo che la Russia conduca i negoziati libici allo stesso modo dei colloqui siriani a Sochi “.

Per la Russia, tutte le porte sono spalancate

“Abbiamo bisogno della partecipazione russa nella sfera dello sviluppo, il sistema petrolifero e del gas, stiamo aspettando investimenti russi per costruire la ferrovia e ricostruire il paese. Il governo orientale controlla il 90 percento del paese. Abbiamo bisogno di progetti per la ricostruzione di infrastrutture, strade, elettricità. Invitiamo nuovamente la Russia a lavorare in Libia “, ha dichiarato il ministro degli Esteri libico Hwaj.

Anche il capo del governo dell’Accordo nazionale della Libia (situato a Tripoli), Faiz Saraj, è arrivato a Sochi. Dopo l’incontro con Faiz Saraj, il capo del gruppo di contatto russo per il regolamento sulla situazione interna della Libia , ha dichiarato che “stanno cercando nuovi accordi nel campo della cooperazione tecnico-militare. Vogliono costruire attivamente relazioni nella sfera tecnico-militare. Allo stesso tempo, comprendiamo che esiste un embargo sulle armi in Libia e, sebbene sia attualmente una situazione complessa, stiamo cercando un modo per agire legalmente all’interno delle norme e delle leggi internazionali “.

https://www.controinformazione.info/la-libia-richiede-la-protezione-della-russia-come-fatto-con-la-siria/

America latina

Non è difficile capire che le rivolte popolari, esplose nei paesi dell’America Latina, dal Cile all’Ecuador all’Honduras, all’Argentina, rappresentano il suono delle campane a morto per le teorie del neoliberismo a cui erano dedicati tutti i governi del continente, con l’eccezione del Venezuela, di Cuba, Nicaragua e Bolivia.
Dopo 46 anni di imposizione di queste teorie da parte delle oligarchie neoliberali sostenute dalle giunte militari, come avvenuto in Cile, con il triplice avallo della CIA / di Kissinger / della “Friedmanitas” dei Chicago Boys , il sistema è arrivato alla sua implosione e si trascina dietro il modello globalista che, con tutti i disastri che ha provocato, non sarà rimpianto nelle strade di Santiago, Buenos Aires o Bogotà.
Da ogni parte del mondo, e non solo in America Latina, fa acqua il modello neoliberista imposto dagli Stati Uniti , dal Fondo Monetario e dalla Banca Mondiale, per favorire le classi privilegiate, le borghesie cosmopolite a pregiudizio della gande massa dei lavoratori e piccoli produttori locali. Le oligarchie finanziarie e borghesi, i loro partiti di riferimento, i militari e il grande apparato dei media sono le cinghie di trasmissione delle elite di potere nei paesi del continente latino americano che consentivano il mantenimento delle gerarchie sociali e della gestione clientelare dei governi neoliberisti.
Indubbiamente il paese che per primo ha sperimentato la gestione neoliberista è stato il Cile, già dagli anni del governo di Pinochet e questo paese ha rappresentato per molti anni un vanto ed un modello di successo (apparente) per tutti gli altri paesi dell’America Latina.
Oggi il Cile di Sebastian Piñera, come un vulcano addormentato, si è risvegliato dal suo letargo ed è un paese in preda a rivolte di massa contro la giunta di governo provocando uno stato d’assedio che ha determinato la paralisi del sistema paese ed una crisi umanitaria da cui non si vede l’uscita se non con le dimissioni del governo. Questo accade mentre la sua ex presidente ed ex ministro della Difesa, Michelle Bachelet, si dedica grottescamente a dare lezioni sulla tribuna dell’ONU di “diritti umani” al resto dell’America Latina, quando non nota l’ipocrisia di chi predica bene ed è corresponsabile del disastro nel suo paese..

Rivolte popolari in Cile

L’intossicazione mediatica della propaganda globalista, neoliberista del sistema cileno , presentato come modello per gli altri, è durata quasi mezzo secolo in America Latina ed oggi si ritorce contro i suoi propagandisti.
Mr. John Authers – un commentatore neoliberal del Financial Times – ha commentato a Bloomberg che “la violenza in Cile porta un messaggio preoccupante per il mondo” mentre si verifica in “uno dei paesi più prosperi dell’America Latina” il che suggerisce come una situazione simile possa verificarsi facilmente ovunque “.
Le riforme neoliberali avevano fatto del Cile un laboratorio di economia privatizzata che aveva investito tutti settori, dal sistema pensionistico a quello sanitario, dei trasporti, dell’acqua pubblica privatizzata, ecc.. con l’inevitabile conseguenza di creare una ristretta minoranza di privilegiati che godono dei proventi delle rendite e della speculazione in contrasto con la massa di persone, anche della classe media, cadute in miseria.
Non per caso uno dei fattori scatenanti della rivolta è il mix di bassa crescita, aumento del debito e divario di ricchezza tra ricchi e miserabili, una diretta conseguenza della politica fondo-monetarista applicata in questi regimi.
Una situazione molto simile a quella dell’Argentina dove le riforme di Mauricio Macri, il pupazzo degli USA e del FMI, dopo aver svenduto le risorse del paese ai potentati finanziari, hanno provocato una reazione di ripudio popolare ed all’elezione dei neo peronisti Alberto Fernandez e Cristina Kirchner.
Analoghe le situazioni nell’ Ecuador di Lenin Moreno e nell’ Honduras di Juan Orlando Hernández, dove il governo golpista si trova alle strette e costretto alla più dura repressione dei moti di piazza.

Rivolte popolari in America Latina

Il sistema neoliberista si difende dalle rivolte popolari utilizzando i vecchi metodi della repressione, autoblinde nelle strade, polizia che spara ad alzo zero su dimostranti, “toque de queda” (stato d’assedio) e qualche improvvida concessione alle masse con ritiro di provvedimenti di rincaro dei prezzi del trasporto (in Cile) e del carburante (Ecuador) ma questo non basta a placare l’ira delle masse in rivolta che richiedono un cambio radicale. La novità di queste rivolte è quella che i protagonisti sono in grande maggioranza i giovani, con grande partecipazione di donne, tutte persone che non hanno vissuto i tempi bui delle dittature militari degli anni ’70 e non hanno paura di scendere in piazza ed alzare barricate.
Le masse che scendono in piazza in America Latina non si accontentano più di qualche aggiustamento dei prezzi da parte dei governi ma, per avere queste acquisito un livello di coscienza sociale inedito rispetto al passato, esigono un cambiamento radicale con la richiesta di una modifica dell’ordinamento esistente ed una spinta verso il superamento del sistema del capitalismo finanziario che ha strozzato qualsiasi prospettiva di giustizia sociale.
Quello che i media e l’apparato propagandistico non dicono è il fatto che si fa strada , nelle masse e nei leader della rivolta, una seconda opzione, che corrisponde ad una spinta rivoluzionaria ed anticapitalista instradata verso il superamento del modello di produzione neoliberista, nel contesto della edificazione di un nuovo ordine sociale e nazionale, tanto in America Latina come in altre parti del mondo.
Pertanto l’effetto internazionale, quale prodotto di queste rivolte, sarà un crollo dei regimi satelliti degli USA e quello di formare un sistema multipolare e multidimensionale che, come tutto lascia indicare, sarà un riflesso della crisi dell’egemonia non solo del modello neoliberale ma anche dell’imperialismo nordamericano.

di Luciano Lago

https://www.controinformazione.info/le-rivolte-popolari-nellamerica-latina-indicano-limplosione-del-modello-neoliberale/

Gli anglosassoni

di Pierluigi Fagan

Gli anglosassoni hanno una loro religione, che si dà in due versioni: quella cristiana in senso protestante e quella deista, quella propria delle èlite. Hanno una loro filosofia, nata nel medioevo inglese al totale riparo da ogni aristotelismo, quindi priva di sensibilità etica e politica. Logica e razionale da una parte, platonica quindi basata sulla metafisica pitagorica dall’altra. Gli anglosassoni sono di origine germano-tribale, anzi clanica, e si sono imposti come aristocrazia sulle popolazioni degli antichi britanni e gaelici a partire dal VI secolo. Come aristocrazia baronale, hanno mal accettato il monarca verso cui si son ribellati precocemente (1215 Magna Charta) e poi a più riprese, fino al tagliare la testa ad un re (1649), centoquaranta anni prima dei francesi. Questa impostazione di élite senza capo, il cui comune interesse è non pagare le tasse, l’hanno dipinta come epitome del concetto di “libertà”. Nel 1688-9, hanno -nei fatti- detronizzato il monarca mettendo al suo posto il potere parlamentare con propri rappresentanti. Ancora nel 1832, il parlamento del Regno, era votato da solo il 4% degli adulti (maschi), entro un sistema particolarmente surreale quanto a distribuzione delle rappresentanze. In seguito, questo assetto venne detto “democrazia liberale”.

Gli anglosassoni non hanno inventato il capitalismo quanto a definizione di semplice sistema economico, ma lo hanno reso l’unico sistema economico possibile e posto ad ordinatore unico dell’intera società. Quello che K. Polanyi dice “sistema dis-embedded” ovvero lo scorporo del sistema economico dalla logica dominante del sistema sociale, è in realtà prima lo scorporo dell’economico dal sociale e poi la re-incorporazione della società -dentro- il sistema economico. In pratica, inversione dei domini rispetto alle forma sociali tradizionali e storiche di ogni dove e tempo precedente. Tutto ciò, a partire dal colpo di stato organizzato nel 1688 a cui poi hanno messo nome più presentabile di “Gloriosa rivoluzione”. Solo dopo molti anni, almeno due secoli per lo meno, il resto dell’Europa ha seguito il format d indubbio successo ma non sempre con esiti storici altrettanto brillanti. Le culture sono entità complesse e non si “esportano” senza varianti e resistenze.

estratto da https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-scommessa-trans-umanista

Non esistono dieci Sirie

di Giuseppe Caracciolo – 12/10/2019

Non esistono dieci Siria

Fonte: Giuseppe Caracciolo

IN TOTO.
La Siria è in guerra da quasi un decennio e in tutto questo tempo è stata il teatro di qualcosa che somiglia molto ad un guerra mondiale . Ha iniziato la CIA provando a destabilizzare il paese dall’interno, finita questa fase è arrivato dall’ Iraq il califfato , belve wahabbite feroci che hanno devastato e occupato il 70% del suolo siriano, poi sono arrivati gli americani che si sono illegalmente insediati sia al sud sia al confine con l’Iraq , controllando illegalmente le risorse petrolifere siriane , in questa opera nefasta sono stati aiutati dai curdi , questi in cambio di promesse territoriali, hanno portato alla canna del gas Damasco , già provata da anni di sanzioni, costretta a comprare da loro , a prezzi esorbitanti, il proprio petrolio. La Siria in tutti questi anni è stata invasa dall’Isis, dagli americani, dalla Francia , dalla Turchia tre volte ( ma le altre due vi sono sfuggite perché il tg non ve l’ha detto), da tutte le sigle terroristiche salafite esistenti sulla terra , è bombardata regolarmente da Israele ed è stata bombardata dall’Europa ( si la stessa Europa che oggi si straccia le vesti) , La Siria ha pagato la sua resistenza eroica con almeno duecentomila morti e quasi 2 milioni di profughi . Mentre scrivo l’esercito siriano sta sradicando Al Quaida ( si quella delle torri gemelle che vi fecero tanta tenerezza) dalla provincia di Ildib , sta combattendo la battaglia della vita caricata di sanzioni internazionali .
Seguo le vicende siriane da anni , da quando di siriano era rimasta solo la fascia costiera di Damasco , non posso non provare un senso di fastidio verso quello che leggo in questi giorni , i soliti post strappalacrime , frasi fatte e una colossale mancanza di conoscenza dei fatti.
Non esistono dieci Siria , lo spezzatino che America e Israele avevano in mente non si realizzerà , l’Islam integralista di matrice saudita non passerà , la Siria resterà il paese più laico del medio oriente e alla fine tutti gli invasori se ne andranno.
A proposito anche nell’esercito siriano ci sono migliaia di donne coraggiose e bellissime e muoiono come le donne curde, ma di loro non gliene mai fregato un ca**o a nessuno.”

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/non-esistono-dieci-siria

Strategia del caos

La principale consigliera del presidente turco Erdogan, Gulnur Aybet ,ha rivelato che, contrariamente a quanto affertmato dall’Amministrazione USA, Washington era perfettamente al corrente dell’operazione militare turca in Siria.

“Non sappiamo a cosa si riferisca Trump con i suoi Twit ma lui sa bene quali sono gli obiettivi dell’operazione (contro i curdi nel nord della Siria). Ankara e Washington sono d’accordo che i gruppi armati dei terroristi schierati in Siria sono europei e devono essere rimpatriati”, ha affermato Aybet in una intervista esclusiva che ha rilasciato alla CNN.

Anche la famosa corrispondente della CNN, Christiane Amanpour, ha riferito che le dichiarazioni di Trump sono state smentite dalla principale consulente di Erdogan, Aybet, in quanto questa ha dichiarato che Ankara e Washington avevano concordato su come si sarebbe svolta l’operazione. Aybet ha fatto notare che Erdogan e Trump si riuniranno il prossimo mese per affrontare la questione dei terroristi dell’ISIS detenuti e ci si aspetta che raggiungano un accordo in merito. La stessa Aybet ha smentito che gli USA abbiano chiuso lo spazio aereo in quanto tutti hanno potuto notare che l’aviazione turca sta conducendo le operazioni di attacco sulle posizioni curde nel nord della Siria. (Fonte: Hispantv)

https://www.hispantv.com/noticias/turquia/439819/trump-erdogan-guerra-kurdos-siria

Nota: Si deduce quindi che, al contrario delle dichiarazioni ufficiali, Erdogan e Trump abbiano sottoscritto un accordo per l’operazione di attacco della Turchia contro i curdi. Washington mira a creare una situazione di caos che possa indebolire il regime siriano di Assad e creare problemi alla presenza delle forze russe nella regione. La vecchia “strategia del caos” rimane una priorità nei piani USA per il Medio Oriente.

Luciano Lago

https://www.controinformazione.info/smentite-le-menzogne-di-trump-sullattacco-turco-ai-curdi-gli-usa-erano-perfettamente-daccordo/

Colonialismo e Cattolicesimo

Il Sinodo sull’Amazzonia, che si svolgerà a Roma dal 6 al 27 ottobre, è il primo Sinodo su questo tema che la Chiesa cattolica abbia mai organizzato nella sua storia. Un tema di scottante attualità, come emerge già chiaramente dal titolo: “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”. Tra gli argomenti che verranno affrontati ce n’è uno che riveste un ruolo centrale e che riguarda il rapporto tra la Chiesa cattolica e il colonialismo, e cioè come trasmettere la fede in Cristo senza imporre culture e modelli economici discriminanti e irrispettosi dei popoli indigeni. Si tratta di una questione rilevante non solo per i popoli indigeni ma anche e soprattutto per le nazioni che hanno praticato, e praticano ancora oggi, politiche neocolonialiste. A tale proposito è scritto nell’Istrumentum Laboris al punto 76: «La famiglia amazzonica è stata vittima del colonialismo nel passato e di un neocolonialismo nel presente. L’imposizione di un modello culturale occidentale ha inculcato un certo disprezzo per il popolo e i costumi del territorio amazzonico, definendoli addirittura “selvaggi” o “primitivi”. Oggi, l’imposizione di un modello economico estrattivista occidentale colpisce ancora una volta le famiglie invadendo e distruggendo le loro terre, le loro culture, le loro vite, costringendole ad emigrare nelle città e nelle loro periferie». Al punto 103 dello stesso documento si spiega che lo sguardo credente sulla realtà amazzonica «ha fatto apprezzare l’opera di Dio nella creazione», ma ha fatto anche comprendere la presenza del male a diversi livelli: «colonialismo (dominio), mentalità economico-mercantilista, consumismo, utilitarismo, individualismo, tecnocrazia, cultura dello scarto». «Una mentalità che si è espressa storicamente in un sistema di dominazione territoriale, politica, economica e culturale che persiste ancora oggi in varie forme che perpetuano il colonialismo». «Una economia basata esclusivamente sul profitto come unico fine, che esclude e calpesta i più deboli e la natura, si costituisce in idolo che semina distruzione e morte». «Una mentalità utilitaristica concepisce la natura come mera risorsa e gli esseri umani come meri produttori-consumatori, rompendo il valore intrinseco e la relazionalità delle creature». «L’individualismo – continua l’Istrumentum Laboris – indebolisce i legami comunitari facendo passare in secondo piano la responsabilità verso il prossimo, la comunità e la natura». In merito allo sviluppo tecnologico si riconosce che questo ha portato grandi benefici all’umanità, ma, allo stesso tempo, la sua assolutizzazione lo ha portato ad essere strumento di possesso, dominio e manipolazione della natura e dell’essere umano. Tutto questo ha generato una cultura globale predominante che Papa Francesco ha definito «paradigma tecnocratico».

fonte: frammentidipace.it

Statuto speciale al Donbass

“Grazie a Russia, Germania e Francia, ieri l’Ucraina ha finalmente firmato la “Formula Steinmeier” che garantisce uno status speciale per il Donbass. Pertanto, riconosce il diritto speciale alla gente del Donbass di determinare autonomamente il proprio destino. Decideremo noi stessi quale lingua parlare, come sarà la nostra economia, come sarà formato il nostro sistema giudiziario, come la nostra milizia popolare proteggerà i nostri cittadini e come c’integreremo con la Russia. Questo è il nostro lavoro, il nostro obiettivo. Continueremo i negoziati a Minsk al fine di giungere al pieno autogoverno e alla piena autodeterminazione.
Invitiamo il signor Zelensky a non dettarci le condizioni. Quando afferma che le elezioni nel Donbass si terranno solo dopo che l’Ucraina avrà acquisito il controllo del confine (con la Russia ndr.), non capisce che non spetta a lui decidere quando si terranno le elezioni, ma spetta a noi. Le autorità di Kiev non consegneranno alcun controllo sul confine.

http://dnr-news.com/oficialno/51167-sovmestnoe-zayavlenie-glavy-dnr-denisa-pushilina-i-glavy-lnr-leonida-pasechnika.html

Il signor Zelensky ha anche affermato che verrà adottata una certa nuova legge sullo status speciale. È interessante sapere quale? Non ci piace molto la stesura attuale di questa legge, nella quale Poroshenko ha posto riserve inaccettabili. Queste riserve e inserzioni devono essere rimosse da tale legge. In essa ci sono anche disposizioni più importanti che non possono essere modificate in nessun caso. Pertanto, eventuali modifiche alla legge sullo status speciale devono essere concordate con noi; diversamente, le considereremo una violazione diretta e grossolana degli Accordi di Minsk, quindi, per noi, giuridicamente insignificanti.
Vogliamo mettere in guardia il signor Zelensky da azioni avventate. Se vuole raggiungere una pacifica coesistenza con la DNR e la LNR, che entri in un dialogo diretto con noi e non faccia dichiarazioni unilaterali mal concepite e insensate”.

Il capo della DNR Denis Pushilin e il capo della LNR Leonid Pasechnik

Considerazioni finali
Le dimissioni, il 27 settembre, del rappresentante speciale del Dipartimento di Stato USA per l’Ucraina Kurt Volker, senza dubbio, hanno rappresentato il preludio a questa nuova posizione di Kiev. Volker ha sempre manifestato il suo scetticismo sulle possibilità di una reale pace negoziata con le due Repubbliche, come allo stesso modo, è sempre stato un fautore della linea dura verso il Donbass e la Russia.
Ora, invece, se Kiev sosterrà anche nei fatti la “Formula di Steinmeier”, il processo di pace inizierà realmente, tuttavia, il problema di fondo è il controllo dei radicali nazionalisti ucraini che spesso si muovono in maniera autonoma sia all’interno del paese che a ridosso della linea di contatto. Riuscirà Zelensky a depotenziarli?
Il riconoscimento di uno status speciale al Donbass rappresenta un cambio di rotta significativo, nella direzione opposta, a ciò che negli ultimi cinque anni è sempre stato predicato dal “partito della guerra”, ovvero le posizioni del ex-presidente Poroshenko e di tutti coloro che hanno sempre visto nella Russia e nei russo-etnici del Donbass “il nemico” assoluto con i quale era impensabile ogni forma di accordo o di dialogo.

Fonti: Ria.Novosti, Dnr-news

https://www.controinformazione.info/lucraina-ha-firmato-la-formula-steinmeier-si-avvia-la-procedura-per-il-riconoscimento-di-uno-status-speciale-per-donetsk-e-lugansk/