Il Sinodo sull’Amazzonia, che si svolgerà a Roma dal 6 al 27 ottobre, è il primo Sinodo su questo tema che la Chiesa cattolica abbia mai organizzato nella sua storia. Un tema di scottante attualità, come emerge già chiaramente dal titolo: “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”. Tra gli argomenti che verranno affrontati ce n’è uno che riveste un ruolo centrale e che riguarda il rapporto tra la Chiesa cattolica e il colonialismo, e cioè come trasmettere la fede in Cristo senza imporre culture e modelli economici discriminanti e irrispettosi dei popoli indigeni. Si tratta di una questione rilevante non solo per i popoli indigeni ma anche e soprattutto per le nazioni che hanno praticato, e praticano ancora oggi, politiche neocolonialiste. A tale proposito è scritto nell’Istrumentum Laboris al punto 76: «La famiglia amazzonica è stata vittima del colonialismo nel passato e di un neocolonialismo nel presente. L’imposizione di un modello culturale occidentale ha inculcato un certo disprezzo per il popolo e i costumi del territorio amazzonico, definendoli addirittura “selvaggi” o “primitivi”. Oggi, l’imposizione di un modello economico estrattivista occidentale colpisce ancora una volta le famiglie invadendo e distruggendo le loro terre, le loro culture, le loro vite, costringendole ad emigrare nelle città e nelle loro periferie». Al punto 103 dello stesso documento si spiega che lo sguardo credente sulla realtà amazzonica «ha fatto apprezzare l’opera di Dio nella creazione», ma ha fatto anche comprendere la presenza del male a diversi livelli: «colonialismo (dominio), mentalità economico-mercantilista, consumismo, utilitarismo, individualismo, tecnocrazia, cultura dello scarto». «Una mentalità che si è espressa storicamente in un sistema di dominazione territoriale, politica, economica e culturale che persiste ancora oggi in varie forme che perpetuano il colonialismo». «Una economia basata esclusivamente sul profitto come unico fine, che esclude e calpesta i più deboli e la natura, si costituisce in idolo che semina distruzione e morte». «Una mentalità utilitaristica concepisce la natura come mera risorsa e gli esseri umani come meri produttori-consumatori, rompendo il valore intrinseco e la relazionalità delle creature». «L’individualismo – continua l’Istrumentum Laboris – indebolisce i legami comunitari facendo passare in secondo piano la responsabilità verso il prossimo, la comunità e la natura». In merito allo sviluppo tecnologico si riconosce che questo ha portato grandi benefici all’umanità, ma, allo stesso tempo, la sua assolutizzazione lo ha portato ad essere strumento di possesso, dominio e manipolazione della natura e dell’essere umano. Tutto questo ha generato una cultura globale predominante che Papa Francesco ha definito «paradigma tecnocratico».
fonte: frammentidipace.it