9 Novembre 1989: cade il Muro di Berlino.
«Un libro denso di informazioni e lucido nell’analisi» – Antonio Pilati, Il Foglio
«Saggio molto documentato e illuminante» – Luciano Canfora, Corriere della Sera
«Ricco saggio che affronta il compito arduo di una contronarrazione basata su una folta documentazione di dati e testimonianze» – Susanna Böhme-Kuby, Indice dei libri del mese
La riunificazione della Germania: uno dei più grandi successi della nuova Europa sorta da quel crollo? La realtà è ben diversa. Ancora oggi, a trent’anni dal crollo del Muro, la distanza economica e sociale tra le due parti della Germania non accenna a diminuire. La storia di questa unione che divide è una storia che parla direttamente al nostro presente. Allo stesso modo, infatti, la moneta unica europea, introdotta in assenza di una sufficiente convergenza tra le economie e di una politica economica comune, ha accentuato gli squilibri in Europa ed è tra i motivi della crisi dell’ultimo decennio, che per il nostro Paese ha rappresentato la peggiore crisi in tempi di pace dall’Unità d’Italia.
Repetita iuvant. Studiosi come Alberto Bagnai e Vladimiro Giacché ci hanno spiegato da anni che l’ascesa del nazismo seguì non l’iperinflazione di Weimar, come molti sostengono, bensì il periodo successivo di deflazione e impennata della disoccupazione provocate dalle “riforme strutturali” del tempo. Ora, come riporta Bloomberg, finalmente è uno studio tedesco a denunciare il tenace attaccamento della Germania a una visione distorta della propria storia, secondo cui l’iperinflazione sarebbe alla radice dell’ascesa di Hitler. Da questo deriva la sottovalutazione dei rischi connessi a deflazione e disoccupazione e un terrore dell’inflazione quantomeno esagerato. Insomma, la storia insegna, il problema è che non andrebbe capita al contrario.
http://vocidallestero.it/2019/11/04/bloomberg-la-germania-ha-il-terrore-dellinflazione-perche-non-capisce-la-sua-storia/
È giunto il momento di cercare una via d’uscita dalla trappola dell’euro. C’è in giro un pericoloso dogma, secondo il quale l’euro sarebbe stato un “normale” passo avanti verso l’unificazione dell’Europa occidentale. Ma creare una valuta comune europea non è stato affatto normale, perché quasi nessuna delle condizioni preliminari necessarie era soddisfatta.
Due decenni dopo il lancio dell’euro, mancano ancora la maggior parte dei pilastri necessari per una moneta globale di successo – uno Stato comune, un bilancio che copra almeno il 15-20% del prodotto interno lordo totale della zona euro, un ministro delle Finanze della zona euro e un ministero per esercitare questo ruolo.
Raramente ammettiamo le vere radici della decisione sconsiderata di creare una valuta comune: è stata una trappola della Francia. Mentre la Germania si univa, François Mitterrand, allora Presidente francese, temeva il crescente potere tedesco e credeva che convincere il Paese a rinunciare al marco tedesco sarebbe bastato a evitare un’Europa tedesca. Il cancelliere dell’epoca, Helmut Kohl, cedette e considerò l’ euro il prezzo da pagare per una Germania unificata.
Erano entrambi in errore. Ora abbiamo una Germania europea, non un’Europa tedesca, e l’euro non è stato in grado di impedire l’emergere di un’altra forte potenza tedesca. Ma anche i tedeschi sono caduti nella trappola dell’euro “troppo bello per essere vero”. L’inclusione delle economie dell’Europa meridionale nella zona euro ha portato a un tasso di cambio abbastanza debole da consentire ai tedeschi di diventare la più potente macchina di esportazione globale dell’Unione europea. Questa opportunità inaspettata li ha riempiti di soddisfazione. Hanno trascurato di aggiornare le proprie infrastrutture o di investire adeguatamente nei settori in espansione. Hanno mancato la rivoluzione digitale, calcolato male l’emergere della Cina e non sono riusciti a costruire aziende globali paneuropee. Allo stesso tempo, aziende come Allianz, Deutsche Bank e Bayer si sono prodotte in inutili sforzi per conquistare Wall Street e gli Stati Uniti.
La maggior parte dei paesi della zona euro ha avuto un andamento migliore prima dell’euro che dopo la sua entrata in vigore. Secondo l’analisi del Center for European Policy nei primi due decenni di euro ci sono stati pochi vincitori e molti perdenti. Non era certo stata necessaria una valuta comune per le storie di successo europee di prima del 1999, e la maggior parte degli Stati membri dell’Eurozona non ne ha beneficiato in seguito. Durante la crisi finanziaria del 2008 e la crisi economica dell’Eurozona del 2011-12 la maggior parte dei paesi membri è stata colpita in modo pesante, avendo accumulato enormi debiti pubblici. Non ci sono pasti gratis e i prestiti a basso costo spesso costano molto in seguito.
Alexandre Lamfalussy, l’economista ungherese, aveva ragione nel dirci che era necessaria una moneta comune per rafforzare il legame tra le potenze europee e difendere l’Ue dai sovietici. C’era solo un problema: la decisione finale di creare l’euro venne presa a Maastricht nel 1992, con il crollo dell’Unione Sovietica. La ragion d’essere della valuta è venuta a mancare proprio mentre veniva creata.
È giunto il momento di svegliarsi da questo sogno sterile e dannoso. Un buon punto di partenza sarebbe riconoscere che la moneta unica è una trappola praticamente per tutti i suoi membri – per ragioni diverse – e non certo una miniera d’oro. Gli stati dell’Ue, sia quelli che fanno parte dell’Eeurozona sia quelli che non ne fanno parte, dovrebbero ammettere che l’euro è stato un errore di strategia. L’obiettivo di costruire una valuta occidentale globale in competizione con il dollaro era una sfida agli Stati Uniti. La visione europea degli Stati Uniti d’Europa negli ultimi due decenni ha portato a una guerra americana, sia aperta che occulta, contro l’Ue e l’Eurozona.
Dobbiamo trovare il modo di liberarci da questa trappola. Gli europei devono rinunciare alle loro pericolose fantasie di creare un potere in grado di competere con gli Stati Uniti. Nei prossimi decenni I membri della zona euro dovrebbero essere autorizzati a uscire dall’area valutaria, e quelli rimanenti dovrebbero costruire una valuta globale più sostenibile. Nel 2022 celebriamo il trentesimo anniversario del trattato di Maastricht che ha adottato l’euro riscrivendo gli accordi.
Di Gyorgy Matolcsy, 3 novembre 2019
L’autore è governatore della Banca nazionale ungherese
Se il partito di sinistra l’avesse fatto probabilmente avremmo una Germania dell’Est di nuovo rossa dimostrando che un muro esiste ancora anche se non di mattoni, ma gommoso, fatto di denaro e disuguaglianza. Purtroppo l’Italia che è stata una delle vittime designate del sistema Europa non ha mai imparato la lezione, né la prima volta, né la seconda e nemmeno la terza anzi si accanisce nel suicidio.
https://ilsimplicissimus2.com/2019/11/10/il-muro-del-pianto/