L’avvento del covid democratico ha spazzato via Trump: lui sarebbe stato rieletto nonostante la guerra mondiale permanente contro di lui, per i grandi risultati conseguiti nel rilancio dell’economia, l’occupazione, l’assenza di guerra, i buoni successi internazionali. Ma il covid, e la sua spavalderia nell’affrontarlo, anzi la sua arroganza, come l’ha chiamata il suo precursore italiano Berlusconi, lo hanno sconfitto. È passato il messaggio che ha identificato negli States la catastrofe della pandemia con la sua leadership. E gli americani per chiudere col covid hanno chiuso con lui.
Ma resta un gigantesco interrogativo che sovrasta come una nuvola sospesa sul mondo: ma con Trump è stato sconfitto e debellato il sovranismo, è finita l’era dei sovranismi? Sconfitto può darsi, debellato troppo presto per dirlo. Anche perché Trump è stato solo un veicolo del populismo sovranista, un collettore, ma non è stato né l’inventore né il titolare unico della sua formula politica. Perché si tratta di un fenomeno mondiale con radici profonde e reali, insorto contemporaneamente in diversi paesi, fiorito in Europa, e già imbrigliato alle ultime elezioni europee, ma non per questo debellato.
Il problema è che i disagi, le proteste, le aspettative che hanno generato il sovranismo sono rimaste tutte in piedi. Si può parlare di interpreti inadeguati, a cominciare da Trump. Si può parlare d’insufficiente capacità di affrontare la realtà e le sue articolazioni, o meglio – in tanti casi – di una grande capacità di raccogliere voti ma senza altrettanta perizia poi nel governare e tradurle in una visione compiuta. Ma si deve soprattutto parlare dell’enorme difficoltà di governare avendo contro l’establishment, la macchina mediatica e giudiziaria, le oligarchie finanziarie e intellettuali, le agenzie d’influenza come la Chiesa di Bergoglio.
Ciònonostante la sconfitta di Trump non è la fine del sovranismo, ma indica la sua necessità di ridefinirsi e ridisegnarsi. Trump aveva fatto una scelta precisa e vistosa: non si era posto come leader globale del sovranismo ma come il presidente degli Stati Uniti che intendeva pensare prima di tutto al suo Paese, non al mondo, tutelarlo dagli attacchi e proteggerlo sul piano economico e commerciale. Di conseguenza la sua influenza sugli altri paesi è stata pressoché inesistente; mai Trump ha preteso di dar vita a un’Internazionale sovranista, ma si è posto in concorrenza commerciale e in antagonismo con la Cina, con l’Asia, con l’Europa. La sua parola d’ordine è stata “dazi”, non certo divulgare il sovranismo. Trump ha opposto il protezionismo alla globalizzazione.
Di conseguenza la sua sconfitta non fa saltare nessuna filiera, nessuna internazionale sovranista. Durante i suoi quattro anni, Trump non ha nemmeno tentato di affrontare la battaglia culturale contro il politically correct sul piano globale; non ha contrapposto un modo di pensare e di vedere alternativo a quello dominante. Si è limitato, ed è già tanto, a difendere l’America reale di sempre, sul piano pratico e giuridico. L’unico tentativo vagamente abbozzato è stato quello di Steve Bannon, ed è stato presto sconfessato da Trump.
Marcello Veneziani
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-covid-democratico-batte-il-sovranismo
Questo per dire che la legge marziale e la ripetizione delle elezioni quanto meno in alcuni stati è perfettamente possibile anche dal punto di vista legale, ma anche per dire che ormai da questa situazione, comunque vada a fire non si torna più indietro e che ormai siamo in un altro mondo, nel quale fare il tifo per gli uni o per gli altri, cosa peraltro ovviamente legittimo, non esaurisce una realtà planetaria molto più complessa nel quale gli Usa non sono più il riferimento unico, anche se questo sta disorientando un’opinione pubblica italiana che vede spegnersi un faro, senza nemmeno aver accesso un fuocherello di autonomia e di dignità.
https://ilsimplicissimus2.com/2020/12/21/usa-sospesa-la-transizione-voto-invalido-in-california/