Storicamente è proprio questo ruolo di ponte che ha fatto le fortune dell’Italia e che l’ha resa l’area più ricca dell’occidente per almeno due secoli tra Medioevo e Rinascimento: questo perché non si tratta mai di semplice passaggio, ma della nascita di innumerevoli attività e di connessioni tecnologiche, di intreccio di saperi, di affari che potrebbero risollevare il Paese dallo stato miserevole in cui giace. Ma appunto questo è il ruolo che invece vuole avere la Germania, ancorché la sua geografia non la aiuti in questo e che farà di tutto, attraverso gli strumenti europei, non comparendo mai in prima persona, per evitare che ciò accada. In realtà società portuali tedesche stanno cercando già da ora di accaparrarsi lo scalo triestino tanto che la società che gestisce il porto tedesco di Duisburg, la Duisburger Hafen AG sta diventando azionista al 15 per cento della società che gestisce l’Interporto di Trieste, avendo comprato le quote da Friulia, la finanziaria regionale, la cui partecipazione allo scalo triestino scende così dal 47% al 32%. Basta un altro acquisto e i tedeschi saranno i padroni di fatto e allora sì che saremo tagliati fuori, le merci saranno gestite dai porti del nord Europa e passeranno addirittura attraverso la Slovenia. A Trieste rimarranno solo gli oneri, l’inquinamento e le cartacce. Tuttavia sembra che nessuno si renda conto di tali problemi che investiranno nel prossimo futuro anche altri scali e che gli unici a farlo sono proprio quelli che vogliono mettere i bastoni fra le ruote, dietro compenso , ovviamente. Ed è la stessa gente che organizza la politica.
estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2021/02/01/quellitalia-che-non-va-in-porto/
https://ilsimplicissimus2.com/2021/02/07/time-ammette-il-complotto-contro-trump/