Il Summit ha dichiarato aperto un «nuovo capitolo» nella storia della Alleanza, basato sull’agenda «Nato 2030». Viene rafforzato il «legame transatlantico» tra Stati uniti ed Europa su tutti i piani – politico, militare, economico, tecnologico, spaziale ed altri – con una strategia che spazia su scala globale, dal Nord e Sud America all’Europa, dall’Asia all’Africa In tale quadro gli Usa schiereranno tra non molto in Europa contro la Russia e in Asia contro la Cina nuove bombe nucleari e nuovi missili nucleari a medio raggio.
Da qui la decisione del Summit di accrescere ulteriormente la spesa militare: gli Stati uniti, la cui spesa ammonta a quasi il 70% di quella complessiva dei 30 paesi della Nato, spingono gli Alleati europei ad accrescerla. L’Italia, dal 2015, ha aumentato la sua spesa annua di 10 miliardi, portandola nel 2021 (secondo i dati Nato) a circa 30 miliardi di dollari, la quinta in ordine di grandezza fra i 30 paesi Nato, ma il livello che deve raggiungere supera i 40 miliardi di dollari annui.
Viene allo stesso tempo rafforzato il ruolo del Consiglio Nord Atlantico, l’organo politico dell’Alleanza che, secondo le norme Nato, decide non a maggioranza ma sempre «all’unanimità e di comune accordo», ossia d’accordo con quanto deciso a Washington. Ciò comporta un ulteriore indebolimento dei parlamenti europei, in particolare di quello italiano, già oggi privati di reali poteri decisionali su politica estera e militare dato che 21 dei 27 paesi della Ue appartengono alla Nato.
Non tutti i paesi europei sono però sullo stesso piano: Gran Bretagna, Francia e Germania trattano con gli Stati uniti in base ai propri interessi, mentre l’Italia si accoda alle decisioni di Washington contro i suoi stessi interessi.
Manlio Dinucci