Fonte: Pierluigi Fagan
Numerosi i fronti del conflitto in atto, andremo dal micro al macro. Nel Lugansk, tutto si gioca in una cittadina, anzi un paio, che concluderebbero la presa dell’oblast che fa metà del Donbass. I russi hanno concentrato truppe locali, i riposizionati dai precedenti fronti nord ed est e nuove e fresche forze dalla Russia contro gli ucraini che lì hanno il loro maggior condensamento. Gli ucraini insistono che lì è Armageddon, la battaglia decisiva, il non poter concedere agli avversari l’obiettivo. Sul perché si possono fare ipotesi. Prima però va detto che, da un paio di giorni le intelligence britannica ed anche americana, sembrerebbero aver consigliato agli ucraini di riposizionare il fronte indietro, dicono anche perché prima o poi inevitabile, cosa che Kiev però non ha intenzione di fare. Dubito i servizi anglosassoni non sappiano la situazione sul campo e quella logistica. Ma Kiev, forse, teme che arrivati ai confini amministrativi della regione intera, i russi si attestino e smettano di avanzare, il che raffredderebbe molto l’attenzione su di loro che continuano a chiedere di tutto e di più.
Qui poi si aprono vari fronti. Da quello del grano a quello militare a quello diplomatico, ai rapporti con l’UE, con alcuni Paesi dell’UE (nel frattempo, l’Ungheria ha dichiarato lo “stato d’emergenza”), con la troika euro-occidentale. Europa che non riesce a passare dal quinto al sesto pacchetto di sanzioni antirusse per insormontabili difficoltà. Qui, l’ineffabile Ministro delle Finanze tedesco, liberale, sconsiglia di immaginarsi titoli di debito pubblico comune per finanziare la ricostruzione, mentre Macron avverte che per entrare nell’UE ci vogliono tra i 15 ed i 20 anni. Il piano di pace italiano o supposto tale è stato rubricato sarcasticamente da Medvedev come nostro affare di politica interna. Kiev ha bisogno di soldi e riconoscimento, sui soldi grandi interrogativi, non ottenere neanche l’entrata in UE perché si scopre che “non ha i parametri”, toglierebbe parecchio senso alle migliaia di morti che Kiev ha deciso di investire nel conflitto. Sui soldi, immagino che la questione sia semplicemente gigantesca, qui nessuno fa niente per niente e lì manca e mancherà sempre più, praticamente tutto, parliamo di centinaia e centinaia di miliardi in epoca di stagflazione. La stampa ha già battezzato il futuro piano “Marshall Plus”, ma gli ucraini più che i bruciori di stomaco, sentiranno altri tipi di urgenze, credo e non poche. Mi sembra si sia offerta World Bank, meno l’IMF. Chi ci metterà i denari, e tanti, a quali condizioni, per quanto tempo non è affatto chiaro. In compenso avremo ai bordi subcontinentali la nazione forse più disperata al mondo ma anche la più armata. Un affarone.
Svezia e Finlandia sono servite per farci titoloni, ma ora sono entrati nel cono grigio delle trattive con Erdogan, il quale è notoriamente un cagnaccio. Meno facile di quanto si pensi il problema degli scandinavi, soprattutto gli svedesi con le loro amicizie curde. Sono curioso di vedere la reazione nelle loro opinioni pubbliche, presso le quali non mi sembra fosse così esagerata l’opinione favorevole alla rottura di neutralità (si cita un sondaggio di settimane fa con un 56% di favorevoli, se ben ricordo) che gli svedesi hanno avuto sin dal 1814, più di due secoli quindi.
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