La città dell’Aia, sede del governo olandese, ha chiesto di poter derogare dalle sanzioni e continuare ad acquistare gas russo da Gazprom perché non è riuscita per il momento a trovare altri fornitori e ha avvisato la cittadinanza che se anche nuovi venditori verranno individuati i prezzi subiranno un aumento molto forte: probabilmente non c’è esempio migliore del vicolo cieco in cui si è andata a cacciare l’Europa che mentre vede salire vertiginosamente la bolletta energetica che mette in grave pericolo la sua industria, oltre che le famiglie, deve assistere al fatto che la Russia non è stata affatto piegata e oggi esporta il 38 per cento in più di prodotti energetici. Che Mosca non avrebbe avuto grandi difficoltà a trovare contratti sostitutivi per i propri prodotti energetici era abbastanza prevedibile conferendo perciò alle sanzioni uno stigma di inutilità visibilissimo, ma pochi avevano immaginato che la sola aspettativa di un’Europa fuori dai giochi e dunque di una maggiore disponibilità ha fatto scatenare molte economie asiatiche che comprano a qualsiasi prezzo. E questo già prefigura a cosa andremo incontro nel prossimo futuro, così come prefigura una totale marginalità del continente.
Archivio mensile:agosto 2022
Draghi sbaglia
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Il governo Draghi è prossimo all’invio di nuovi armi pesanti in Ucraina? Alcune indiscrezioni, non smentite dal governo, dicono di sì. Forse questa è anche la ragione per cui i partiti stanno evitando scrupolosamente di toccare questo tema delicato. Fino ad aprile, i politici italiani trovavano piuttosto agevole giustificare il loro appoggio alla linea politica di Biden che consiste nel solo invio di armi e niente più. La guerra era appena iniziata e nessuno aveva elementi concreti per smentire il grande inganno. I draghiani assicuravano che gli ucraini, uccidendo tanti soldati russi con le armi occidentali, avrebbero costretto Putin ad arrendersi piuttosto in fretta. Siamo al 23 agosto e i fatti hanno decretato che la promessa è ormai smentita: i soldati russi sono morti in gran numero, ma Putin bombarda più di prima. Il problema è che è stata smentita anche la seconda promessa degli amici di Draghi, secondo cui le sanzioni avrebbero messo in ginocchio la Russia mentre l’Occidente avrebbe continuato a prosperare. È stata smentita anche la terza promessa, secondo cui la crisi economica in Russia avrebbe causato una rivolta popolare che avrebbe rovesciato Putin. È stata smentita anche la quarta promessa che annunciava l’imminente assassinio di Putin per mano dei suoi stessi generali a causa del cattivo andamento della campagna militare. È stata smentita anche la quinta promessa, secondo cui la Russia si sarebbe trovata completamente isolata a livello internazionale, mentre noi assistiamo a un fenomeno ben diverso: la Russia gode di sostegno internazionale e solidarietà da parte di un gran numero di Stati, inclusa l’Algeria super filo-russa, da cui Draghi ha deciso di dipendere per il gas. È stata smentita anche la sesta promessa, secondo cui avremmo assistito alla separazione tra la Cina e la Russia che, invece, sono sempre più unite, complice anche la crisi di Taiwan. Infine, è stata smentita la settima promessa, in base alla quale gli ucraini, magari lentamente ma comunque certamente, avrebbero liberato i territori occupati dai russi anche grazie alle armi italiane. Contro queste previsioni ottimistiche, che messe insieme rappresentano il “grande inganno” del tempo in cui viviamo, la Russia ha conquistato larga parte del Donbass. Dal momento che tutte le promesse del fronte bellicista sono state smentite, i candidati premier non sanno più che cosa promettere e, quindi, preferiscono non parlare della guerra in Ucraina. La fine di tutte le promesse mette a nudo la politica occidentale in Ucraina che consiste nell’alimentare la guerra dall’esterno senza nessuna proposta di pace o idea di come uscirne. I candidati premier non sanno più che cosa dire e allora non dicono niente, risolvendo, si fa per dire, il problema alla radice. Stupisce la mancanza di un conduttore televisivo che li incalzi a dovere. Pare che a nessun conduttore venga in mente di porre queste semplici domande: “Mi scusi, caro candidato premier, ma lei ha occhi per vedere che la strategia occidentale di inviare armi pesanti in Ucraina non ha prodotto nessuna delle conseguenze che avevate annunciato?”; “mi scusi, caro candidato premier, ma lei riesce a vedere che in Ucraina le cose vanno sempre peggio mentre l’Italia non fa niente per migliorare la situazione o per riflettere sugli errori commessi finora da Biden che guida il convoglio occidentale?”. Giunti a questo punto, le nostre domande si moltiplicano: perché i conduttori non pongono domande così ovvie? Com’è organizzato il mondo dell’informazione in Italia? Perché il dibattito sulla politica internazionale si riduce a una celebrazione delle scelte del governo Draghi? Qual è il livello di libertà dell’Università italiana e dei suoi professori su questioni tanto delicate? La mancanza di critiche alle politiche della Nato in Ucraina esprime consenso o paura del dissenso?
Rinnoviamo il copione
Putin accetta un’ispezione internazionale alla centrale nucleare contesa. In mano ai russi da marzo, bersaglio degli ucraini da settimane, l’impianto atomico è diventato il paradigma della guerra in Ucraina. Dei suoi rischi, delle sue crudeltà, della sua propaganda
da Il Manifesto del 20 agosto
Assalto a casa Trump
Forse potremmo definirla l’ultima grande cazzata di Biden o meglio dei burattinai che tirano i suoi fili: la perquisizione a mano armata della casa di Donald trump in Florida a Mar-A-Lago, alla ricerca ufficialmente di documenti non restituiti dopo l’addio alla Casa Bianca, mostra in maniera chiarissima la filigrana di un potere divenuto regime: secondo lo stesso New York Times che è l’house organ dello status quo, la restituzione dei documenti avrebbe potuto essere richiesta in altro modo, evitando la sceneggiata dell’assalto con mitragliatori spianati degli agenti dell’Fbi. Secondo quanto si mormora quello che si cerca è probabilmente qualche pezza d’appoggio per le vicende del presunto assalto al Campidoglio che da un punto di vista giudiziario comincia seriamente a traballare e anzi a mostrare in trasparenza le fattezze di una trappola accuratamente preparata, ma insomma qualsiasi cosa o pretesto possa impedire a Trump di ripresentarsi alla prossime elezioni. Questi metodi spettacolari tentano di sbattere il mostro in prima pagina, comunque vada la perquisizione: anche se non si trova nulla ( sempre che qualcosa non la mettano gli stessi assalitori) rimane appiccicata un’aura negativa.https://ilsimplicissimus2.com/2022/08/09/assalto-a-casa-trump-lultimo-errore-di-biden/