Fonte: Maurizio Murelli
Ieri, dopo una quindicina di giorni (ho voluto sottrarmi alla tempesta di vomito elettorale), ho riacceso il televisore, giusto in tempo per sentire un paio di opinionisti molto accreditati sostenere che i russi, dopo aver passato settimane ad autobombardarsi nella centrale nucleare di Zaporizhzhia, invece di chiudere definitivamente i rubinetti del gas, si sono autosabotati il North stream 1 e 2. Ormai tutti i freni inibitori per contenere tesi deliranti sono del tutto saltati: gli eroi della propaganda nato-atlantista non temono più neppure il senso del ridicolo. Ovviamente nessuno ha citato le dichiarazioni risalenti a febbraio di Biden e Nuland con cui affermavano che avevano i mezzi per sabotare i gasdotti russi e lo avrebbero fatto se la Russia avesse “invaso” l’Ucraina. E nessuno ha neppure sottolineato il fatto che il sabotaggio ai tubi avviene pochi giorni dopo che i tedeschi hanno annunciato che non avrebbero più mandato i carri armati in Ucraina, nonché la notizia che comunque, sottobanco, la Germania si approvvigionava di gas russo a prezzo di favore (vedi articolo di Fubini sul “Corriere della Sera”): in pratica i tedeschi si stanno/stavano sfilando dalla guerra alla Russia.
Ma c’è di peggio. La gravità del fatto, tanto dai media quanto dai politici, non è per nulla percepito. Oppure lo è al tal punto che in preda allo spavento sono tutti ammutoliti. Basta leggere i quotidiani di questa mattina o seguire i TG.
Non voglio pensare che chi ha ha deciso di minare i tubi si auspichi ora una ritorsione russa con altrettanti sabotaggi ai gasdotti operativi, per esempio quello appena entrato in funzione collegando Norvegia al continente, oppure quelli che arrivano dall’Africa o dall’Azerbaijan (che ha appena aggredito l’Armenia, ma questo è per gli atlantisti un bruscolino da poco: e non hanno avuto nulla da ridire). Cioè non voglio pensare che qualcuno auspichi una guerra dei gasdotti e poi la utilizzi per far scattare l’articolo 5 del trattato Nato per un’entrata in guerra in modo palese e non occulto, dispiegando tutto l’armamentario di cui dispone.
Il sabotaggio ai gasdotti russi appare come la risposta NATO al referendum in Donbass e l’annessione di quei territori alla Russia, cosa che muterà il volto della guerra in Ucraina. Un azzardata mossa che apre a scenari veramente catastrofici. In questo quadro, l’Europa ha deciso di accelerare il proprio suicidio, di sacrificarsi del tutto agli interessi USA. E mentre tutto questo sta avvenendo in tempo reale, i nostri media, i nostri politici, le nostre istituzioni si appassionano al prossimo venturo governo Meloni, saturando tutti gli spazi di cui dispongono. Altro che orchestrina che continua a suonare mentre il Titanic affonda: qui siamo oltre ogni possibilità di rappresentare il surreale che stiamo vivendo. Non c’è metafora all’altezza per descrivere lo scenario. Siamo al cospetto di una tragedia che qui in Italia viviamo come melodramma verdiano.
Buon inverno 2022-23 a tutti…
Ora basta prendere questo fatto, ribaltarlo, tirarne le conseguenze e abbiamo una nuova filigrana di lettura della realtà nella quale l’assalto all’Ucraina, i pasticci in Turchia e successivamente in Iran e Qatar, fanno sì parte della strategia di accerchiamento della Russia per impedire una ripolarizzazione mondiale, ma hanno come importante punto iniziale questioni interne, in pratica il salvataggio delle aziende petrolifere impegnate nel fracking e tutto l’alone di speculazione borsistica attorno ad esse. Com’è noto è stato Bush, petroliere mancato, a promuovere le nuove tecniche estrattive ed è stato Obama a premere sull’acceleratore con la promessa o forse è meglio dire miraggio di far tornare gli Usa fra i maggiori esportatori di greggio, ma soprattutto con l’obiettivo di contenere la crisi con lo svilupppo di una nuova corsa all’oro nero. Disgraziatamente l’estrazione di petrolio con le tecniche del fracking oltre ad essere estremanete pericolosa per l’ambiente, per l’acqua, per l’atmosfera è anche parecchio più costosa rispetto ai normali pozzi, compresi quelli sottomarini e dunque tutto il settore si è in qualche modo sviluppato in una bolla a metà fra borsa e Stato fino a che non è intervenuto un calo drastico dei prezzi del petrolio che ha messo in grossi guai quelli che si erano buttati sulla nuova frontiera, i grandi investimenti subito accorsi e l’ancor più grande alea speculativa attorno ad essi.
Ora però c’è un ulteriore problema: dai pozzi si estrae sia petrolio che gas, ma quest’ultimo rischia di non costituire un guadagno quanto una perdita soprattutto per gli operatori più piccoli, perché l’utilizzo del gas è meno sviluppato negli Usa rispetto all’Europa e il recupero di esso nelle particolari condizioni della tecnica di fratturazione, ne aumenterebbe ancora i costi a livelli limite. Tanto limite che si è creata una situazione assurda nella quale da una parte esiste una sovrapproduzione gasiera, dall’altra gli Stati Uniti continuano a importare dal Canada. Per reggere la baracca del fraking così vitale per la favoleggiata nuova America saudita era ed è vitale trovare dei mercati a cui vendere questo gas e dove principlamente se non in Europa? Disgraziatamente del continente fa parte anche il maggior produttore mondiale di gas oltre che detentore delle maggiori riserve planetarie ossia la Russia che con i suoi gasdotti, può rifornire l’Europa a prezzi molto più bassi rispetto agli Usa che già estraggono a prezzi superiori, ma poi devono liquefare il gas riempire le navi e mandarle dall’altra parte dell’Atlantico. Certo visti gli sprechi anche un prezzo geopolitico può dare un po’ di respiro, ma i Paesi importatori devono comunque spendere miliardi per gli impianti di degassificazione e di trasporto .
Dunque la maniera per poter attuare il proposito è impedire alla Russia di esportare, di metterla in difficoltà, di isolarla e anche di mandare a gambe all’aria quei Paesi che godono di immense riserve di gas ancora in gran parte inutilizzate, ma a portata di gasdotto per l’Europa: volete qualche nome? Il golfo della Sirte, dunque Libia, il braccio di mare tra Cipro e le coste della Siria, il Qatar e l’Iran che già producono abbastanza, ma che hanno immense riserve e che soprattutto insieme potrebbero rifornire il continente europeo e parte dell’Asia senza bisogno di degassificatori. Ma anche la Grecia e l’Egeo sono miniere già accertate e sia pure in misura minore alcuni tratti di costa turca e dell’Egitto. Ora si dà il caso che tutti questi Paesi, oltre alla Russia stessa, siano entrati nel mirino di Washington e degli ascari di Bruxelles con la guerra, tentati golpe, primavere arabe, distruzione economica, minacce per interposti amici importazione di terrorismo e quant’altro. Certo si tratta di apparenti coincidenze che trovano tutttavia un riscontro temporale visto che le vicende elencate sono ominciate insieme al boom del fracking negli Usa tra la fine del 2010 e il 2011, lo steso periodo in cui improvvisamente tutti noi scoprimmo che dovevamo diversificare le nostre fonti, costruire dagassificatori a più non posso e in sostanza comprare dagli Usa a prezzo maggiorato (vedi nota).
Ovvio che non è possibile spiegare tutto solo alla luce di questo, ma le troppe coincidenze ci dicono che si tratta di un elemento importante nella dinamica dei fatti. L’inattesa anche se serpeggiante ribellione sul North Stream della Germania, del resto già avvertita con l’affaire Wolkswagen tramite l’ennesima “agenzia indipendente”, conferma che la pista non insegue miraggi. E che l’unico miraggio è fidarsi dell’estremo occidente.
Nota E’ curioso a questo proposito notare come sia stata la Croazia ad ottenere, dopoGas-piantina una battaglia con l’Italia e la Slovenia, finanziamenti europei per costruzione un degassificatore sull’isola di Veglia. Curioso perché Slovenia e Croazia sono comprese in pieno nel più vasto bacino europeo adatto all’estrazione di olio e gas con la tecnica del fracking e per giunta hanno una situazione antropica di certo più favorevole di altri aree del continente. In particolare entrambi i Paesi possiedono queste risorse lontano dalla zona turistica costiera. Risultato: devastazione delle coste per comprare gas da fracking dallo zio Sam in maniera da essere compiutamente zio Tom.
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