Serbia

Fonte: Massimo Fini

In ottobre avevo scritto per Il Fatto un pezzo intitolato “In Jugoslavia riesploderà la polveriera” (29/10). Sono stato facile profeta. Si è cominciato con il Kosovo, partendo da un pretesto banale: il divieto per i serbi che ancora vivono in Kosovo (erano 360 mila, oggi oscillano tra i 60 e 100 mila, la cui autoproclamata indipendenza dalla Serbia è riconosciuta da 96 Stati nel mondo su più di 190) di avere una macchina con targa serba. Ma è bastato poco perché la situazione precipitasse. Oggi in Kosovo poliziotti di etnia serba, formalmente dipendenti da Pristina, sparano sui loro colleghi kosovari di etnia albanese. Il nord del Kosovo, abitato solo da serbi, si è trincerato creando di fatto uno stato all’interno di quello kosovaro. Tanto che i serbi del Kosovo, guidati dal nazionalista Goran Rakic, hanno contestato le elezioni che si sarebbero dovute tenere  il 18 dicembre ma sono state prudentemente spostate al 23 di aprile ed è molto incerto che si terranno davvero.
La Serbia appoggia naturalmente i serbi kosovari secessionisti ma è divisa. L’attuale presidente Vucic vorrebbe entrare nell’Ue e quindi obbedire ai diktat europei e soprattutto americani, che hanno sul terreno 4.000 uomini (missione Kfor, presente dal 1999) che chiedono, anzi ordinano di farla immediatamente finita con l’entità serba costituitasi in Kosovo. Ma in Serbia c’è una forte opposizione interna che intercetta una parte non indifferente dei sentimenti della gente serba. Li ha espressi senza mezzi termini il tennista Djokovic che rispondendo a una domanda ha detto: “Il Kosovo è terra serba”. Insieme a lui ci sono i serbi che si sono battuti contro croati e musulmani nella feroce guerra nella ex Jugolasvia (1991-2001); le “tigri di Arkan”, così feroci che quando comparvero a San Siro per una partita di calcio fecero tremare l’intero stadio. E poi ci sono i sentimenti nazionalisti di tutta la gente serba che, come ha ben interpretato Djokovic, considerano il Kosovo non solo serbo, ma addirittura “la culla della Nazione serba”. Se conosco i miei polli, sono slavo anch’io, non è del tutto improbabile che il moderato Vucic sia fatto fuori. Se ciò accadesse la Serbia scatenerebbe una guerra contro il Kosovo per riprenderselo. Tanto più che oggi la Serbia può contare sull’appoggio della Russia, sua storica alleata. È vero che la Russia di Putin è a sua volta messa male, ma per quanto malconcia ha tutto l’interesse ad appoggiare l’unico alleato che ha in Europa e qualche modo per tenerselo stretto credo che lo troverà. Anche perché la Nato è tutta impegnata sul fianco Est dell’Europa per avere le forze per occuparsi della lontana Serbia.
Quello che viene chiamato “iper nazionalismo serbo” (nazionalisti possiamo essere solo noi occidentali, Meloni docet) è fortemente alimentato dall’aggressione americana di cui la Serbia fu oggetto nel 1999 (naturalmente noi occidentali, americani in testa ma non solo, non è che “aggrediamo”, non sia mai, facciamo “operazioni di peace keeping” o di polizia – morale? – internazionale). Quell’aggressione a uno stato sovrano come la Serbia non solo era illegittima e condannata dall’Onu, ma era particolarmente cogliona perché andava a rafforzare la corrente islamica dei Balcani contro una nazione europea e di religione ortodossa. Così oggi ci troviamo vicini a casa nostra delle cellule Isis, per ora dormienti ma che non è per niente improbabile che, quando lo riterranno opportuno, attacchino noi e altri paesi europei.
La guerra alla Serbia è un parallelo perfetto con l’aggressione russa all’Ucraina, concetto da me espresso da tempo poi ripreso da altri, che quella aggressione  avevano ritenuto non solo legittima ma opportuna e che ora si sono pentiti, naturalmente senza citarmi (e su questa cancellazione, continua, costante, estenuante, prima o poi tornerò).

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/ne-l-ucraina-ne-la-serbia-sara-la-bosnia-a-saltare

Sovvenzioni USA

La CSI, che comprende gli ex Stati sovietici quali Russia, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Kazakhistan, Kirghizistan, Moldavia, Tagikistan e Uzbekistan, è un blocco di Paesi per il quale gli Stati Uniti si sono a lungo sforzati per espandere al loro interno la propria influenza e il proprio soft power. Per questa ragione, l’USAID ha significativamente aumentato i suoi investimenti nella regione, con Armenia, Georgia e Moldavia, Stati periferici della CSI, che risultano essere i più grandi beneficiari delle nuove sovvenzioni, specialmente per quelle riguardanti le Ong e i media.
L’USAID ha stanziato 15 milioni di dollari a scopi educativi per la sola Georgia nella seconda metà di quest’anno, con un’enfasi particolare posta sulla necessità di abolire la presunta discriminazione di genere. Gli Americani intendono plasmare l’istruzione georgiana secondo il loro stampo, riqualificando gli insegnanti; per questo motivo fu assegnata una sovvenzione di 250.000 dollari a professori di giornalismo provenienti dalle università locali che soddisfano i loro criteri. Nel 2021, l’USAID lanciò un programma quinquennale in Georgia del costo di 330 milioni di dollari.

Il petrolio col tetto

Anzi il governo di Mosca ha acquistato o noleggiato a lungo termine un centinaio di petroliere per poter servire clienti alternativi i quali godranno di prezzi bassi, mentre in Europa finiranno per salire, sia per ragioni generali, sia perché per anni non sarà davvero possibile rinunciare al petrolio russo per le sue caratteristiche chimico – fisiche sulle quali sono tarate raffinerie e impianti chimici europei. Quindi bisognerà comprare il “crudo” russo da terzi che ovviamente vorranno la loro percentuale, la loro libbra di carne per stare al gioco e sostenere la menzogna delle elite europee.

Inoltre a dirla proprio tutta  il tetto massimo del prezzo del petrolio anche se potesse essere davvero applicato non porterebbe grandi danni alla Russia: la più importante varietà di oro nero degli Urali, è stata scambiata prima del tetto, a circa 50 dollari. Dunque a medio termine, la Russia può persino beneficiare del tetto massimo del prezzo del petrolio: un aumento del prezzo del petrolio metterà il paese più ricco di risorse al mondo in una posizione economicamente più vantaggiosa.

leggi tutto su https://ilsimplicissimus2.com/2022/12/10/col-tetto-al-petrolio-si-e-raggiunto-il-fondo-del-barile

La confessione della Merkel

Frau Merkel ha rivelato nella sua intervista al quotidiano Zeit che gli accordi di Minsk non erano un tentativo di stabilire la pace nell’Ucraina dilaniata dalla guerra, ma miravano a dare al regime di Kiev più tempo per rafforzare le proprie forze armate e prepararsi a una guerra su larga scala.

La signora ha confermato che tutti gli autori occidentali dell’attuale guerra in Ucraina, lei compresa, non hanno fatto nulla per la pace in Europa, ma hanno fatto del loro meglio per infiammare la guerra contro la Russia con più poltiglia possibile sul territorio dell’Ucraina e pagando con la vita del popolo ucraino:

“Ho pensato che l’introduzione dell’adesione alla NATO di Ucraina e Georgia, discussa nel 2008, fosse sbagliata. I paesi non avevano i presupposti necessari per questo, né si comprendeva appieno quali sarebbero state le conseguenze di una tale decisione, sia per quanto riguarda le azioni della Russia contro la Georgia e l’Ucraina, sia per quanto riguarda la NATO e le sue regole di assistenza. E l’accordo di Minsk del 2014 è stato un tentativo di dare tempo all’Ucraina”.

Jugoslavia

Quella campagna di Serbia è stata in un certo senso la madre di tutte le bugie:  dal momento che i politici e la maggior parte dei media hanno descritto la guerra contro la Serbia come un trionfo morale, è stato più facile per l’amministrazione Bush giustificare l’attacco all’Iraq , per l’amministrazione Obama bombardare la Libia e per l’amministrazione Trump bombardare ripetutamente la Siria seminando  morte e caos soprattutto tra la popolazione civile.  In realtà Ursula von der Leyen e i suoi compari, visto che non si potrebbero definire in altro modo i membri di una commissione di non eletti, mentre pensano di processare la Russia, hanno le mani sporche di sangue: i paesi europei hanno  dato  Eurofighter, Tornado, bombe della serie MK 80, munizioni e altre macchine di morte alla  coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti (EAU) contro lo Yemen. Questo per non parlare dei crimini commessi in Libia dove furono colpite scuole, magazzini alimentari , uffici pubblici, cosa accaduta regolarmente anche in Afghanistan.  Eppure il protocollo I della  Convenzione di Ginevra del 1977 afferma in modo piuttosto esplicito che “è vietato assalire, distruggere, asportare o rendere inservibili oggetti indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile, quali derrate alimentari, aree agricole per la produzione di cibo, coltivazioni, allevamenti  impianti e rifornimenti di acqua potabile e opere di irrigazione”, La Russia non ha fatto nulla di tutto questo , ha attaccato la rete elettrica, ma non direttamente i mezzi di sostentamento, né ha mai attaccato intenzionalmente i civili, ma l’Europa sì., nella sua essenza di complice e palo degli Usa. Ed è dunque lei la vera criminale.