Società predatoria

Una società predatoria non significa solo oligarchi che truffano finanziariamente la gente. In verità, significa che le persone annuiscono, sorridono e si fanno i fatti loro mentre vicini, amici e colleghi muoiono nel fosso. I predatori nella società statunitense non sono solo i super-ricchi, ma anche una forza invisibile e insaziabile: la normalizzazione di ciò che nel resto del mondo è vista come dolorosa sconfitta morale, storica, generazionale, se non addirittura criminale, cioè diventano semplici questioni mondane per cui non è necessario piangere o preoccuparsi. Forse vi sembra gretto, no? Ora che vi ho dato alcuni esempi, e ce ne sono molti altri, delle patologie sociali del collasso, permettetemi di condividere tre punti che mi vengono presentati.
Tali patologie sociali sono uno strano e spaventoso nuovo ceppo di malattie che infettano il corpo sociale. Gli Stati Uniti sono sempre stati un pioniere; solo che oggi ospitano non solo problemi che non si vedono nelle società sane. Sono l’avanguardia di nuove patologie sociali che non sono mai state viste nel mondo moderno al di fuori degli Stati Uniti attuali. Cosa ci dice questo? Il crollo degli Stati Uniti è più grave di quanto supponiamo. Ne liquidiamo la grandezza, non sottovalutiamola. Intellettuali, media e pensiero statunitensi non pongono i propri problemi nella prospettiva globale o storica; ma se visti in questo modo, i problemi degli Stati Uniti non si rivelano come fastidi quotidiani di una nazione in declino, ma come un corpo improvvisamente attaccato da malattie inimmaginabili. Visto con precisione: il collasso statunitense è una catastrofe umana senza pari oggi. E perché il disastro che gli USA si sono inflitti, quindi, è così unico, singolare, perversamente speciale; perché anche il trattamento dovrà essere nuovo. L’esclusività di tali patologie sociali ci dice che il collasso statunitense non è il ritorno alla miseria o la caduta di un corso. È qualcosa fuori dalla norma. Qualcosa al di là di dati e statistiche. È come la meteora che spazzò via i dinosauri: un’anomalia delle anomalie, un evento estremo. Questo perché le nostre narrative, strutture e teorie non riescono a capirlo, tanto meno a spiegarlo. Abbiamo bisogno di un linguaggio completamente nuovo, e di un nuovo modo di vedere, per iniziare a darvi un senso. Ma questo è il compito degli Stati Uniti, non del mondo. Il dovere del mondo è questo: se segue il modello del capitalismo statunitense fino all’estremo, con zero investimenti pubblici, crudeltà come stile di vita, perversione delle virtù quotidiane, allora subirà tali nuove patologie. Sono nuove malattie del corpo sociale emerse con la dieta del cibo spazzatura, media spazzatura, scienza spazzatura, cultura spazzatura, sondaggi spazzatura, economia spazzatura, e di persone che si trattano reciprocamente, e la loro società, come spazzatura.

estratto da https://aurorasito.wordpress.com/2018/02/21/stati-uniti-le-patologie-del-piu-grande-stato-fallito/

traduzione di Alessandro Lattanzio

I padroni del vapore

“Il 45 per cento degli americani  spendono fino a metà del loro reddito per ripagare i debiti sulle loro carte di credito”, suona un titolo di Zero Hedge. Circa  il 50  per cento di loro hanno un debito superiore a 25 mila dollari (esclusi i mutui), in media il debito per persona è sui 37 mila dollari, mentre il reddito personale mediano è sui 30 mila.

Il titolo è interessante. No, non per fare la morale  ai consumatori Usa; l’intero mondo occidentale è schiavo del debito. Ma l’economia americana ha il vantaggio di mostrare in modo più limpido e lineare, senza infingimenti né dissimulazioni linguistiche,  le  patologie del capitalismo che chiamiamo “terminale”.

Qui vediamo benissimo  quale è il motivo per cui  siamo in recessione-depressione da un  decennio (i media applaudono  miserabili aumenti del Pil dell’1,6- 1,7 per cento;  la BCE e la Fed parlano allora di “solida” crescita), e perché i consumi non aumentano nonostante le iniezioni  alluvionali di denaro  creato dal nulla, e nemmeno aumenta l’inflazione.

E’ chiaro. Il consumatore americano compra a man bassa indebitandosi: compra regolarmente l’auto di un modello superiore a quello che si può permettere; compra    con le carte di credito molte altre merci superflue; ciò fa girare molto bene l’economia, che prospera. Fino al giorno in cui l’americano deve spendere metà del suo reddito per ripagare gli interessi sui debiti che ha contratto.  Il suo potere d’acquisto è dimezzato;   le banche  e le finanziarie  gli prelevano dal salario (se ne ha uno) dal 33% al 50% ogni mese.

L’americano ha tutta la buona volontà di  continuare a spendere e spandere –   anche se è indebitato, ancora  spende il 40% del suo mensile in “spese discrezionali, intrattenimento, hobbies,  viaggi”; il 24% di loro dichiara di essersi indebitato troppo a   causa di “ spese frivole ed eccessive”;  le finanziarie   delle carte di credito  sono ancor più volonterose a prestargli tutti i dollari che vuole (al 25% d’interesse),  e le altre finanziarie  gli offrono persino  prestiti ripagabili in 7 anni per l’acquisto di auto usate;  la Federal Reserve   crea tutta la liquidità  che esigono finanziarie, consumatori, Wall Street (indebitando lo Stato); ma niente.

L’economia non si muove, non “cresce”. Anzi, nelle ultime settimane, cala. Per esempio , le vendite della Apple sono cadute  a meno -8% rispetto a un anno  prima. Ad aprile,  Ford, Fiat Chrysler, Honda  hanno venduto ciascuna il 7% in meno di quel che avevano venduto l’aprile  2016, la General Motors -6, Hyundai -11. I piazzali si riempiono di invenduti.   Tutti i segni di prossimi crack e scoppi di  bolle si moltiplicano.

Vendite di auto, rispetto alle previsioni…

Il  motivo è lì, ben visibile:  il potere d’acquisto dimezzato. Il reddito spendibile divorato dalla necessità di “servire” i debiti pregressi. Come sempre  quando trionfa il capitalismo  puro (cioè  finanziario) arriva inevitabile questo momento: il momento in cui il creditore ha indebitato “troppo”  e il debitore non si può indebitare oltre. Allora comincia la recessione, poi la depressione.

Il fenomeno si chiama “deflazione”. Precisamente, deflazione da debiti. Se l’inflazione è prodotta da un aumento della massa monetaria  e dall’accelerazione della sua circolazione, ciò che fa  rincarare i prezzi delle merci, la deflazione si rivela con il contrario: una contrazione della massa  monetaria, e il suo congelamento.

E’ impressionante vedere come nelle ultime settimane, in Usa,la massa monetaria nel sistema stia diminuendo:  poiché nel  sistema il denaro è “debito” creato cioè dalle finanziarie quando indebitano la gente, vuol dire che la gente non si indebita più, che le imprese chiedono meno fidi e mutui.

La deflazione da debiti. Questa malattia che la Germania (grande creditrice) ha preteso di curare imponendo  austerità crudeli ai vassalli-debitori (si veda  quel che hanno fatto ancor ieri  ai greci), in Usa è curata con la larghezza della Fed e la facilità accentuata del credito. Nell’un  caso e nell’altro, sono cure fallite.

Il motivo è lo stesso: il redito disponibile ai consumatori   si è ridotto drasticamente.  In America  è più chiaro che in Europa, perché lì non vige la dottrina Schauble, “avete vissuto sopra i vostri  mezzi, dunque  siete puniti”, lì al contrario tutti sono incoraggiati a vivere sopra i propri mezzi.

Ma né l’una né l’altra terapia affronta il vero motivo.

Come mai? Vediamolo in un altro modo: la liquidità che il consumatore Usa deve distogliere dal suo potere d’acquisto, non sparisce nel nulla. Essa va ai creditori, alle banche, alle finanziarie, alle imprese che gestiscono carte di credito. Questi giganti – tali sono – si riempiono di “denaro”  che hanno estratto ai cittadini,  si locupletano di interessi e quote capitale – interessi del 25 % sulle carte di credito, mentre i giganti finanziari si riforniscono di denaro dalle banca centrale all’1 % –  ma  non lo rimettono in circolo.

Da qualche parte però lo impiegano, quel “denaro”. Dove lo mettono i creditori?

Leggi tutto su http://www.maurizioblondet.it/rimedio-alla-crisi-noto-non-si-puo-dire/

Le ragioni dell’1%

Passare l’aliquota massima su i redditi, dall’80% al 28% come fece Reagan, va letto solo e soltanto come esplicito incentivo alla delinquenza.

Pensare che nel capitalismo, qualcuno becchi un sacco di soldi senza motivo per così lungo tempo solo perché i controllori dell’impresa non sono più controllati o perché imperversa una ideologia estremistica del merito (apparente) è assai ingenuo. Passando dal profitto della produzione, alla produzione di profitto in sé per sé, la nozione di merito è passata ai valori della furbizia, della apparenza seducente, della intraprendenza delinquenziale. L’inflazione dei mercati della droga, delle cure psichiche, della farmaceutica dell’umore nelle capitali anglosassoni, si spiega direttamente con l’evidente crisi dell’anima che questo circo della “malavita del valore” produce. Del resto, una disciplina, l’economia, che nasce nella filosofia morale e da questa si emancipa per liberarsi da vincoli ritenuti restrittivi non può che giungere a questi esiti di morale negativa. Altresì, questa deriva non è reversibile, non si è trattato di uno sbandamento in curva correggibile ma del portato inevitabile della necessità di lasciare l’economia di produzione e scambio ai nuovi paesi emergenti e garantirsi un posto al sole, sovraintendendo la circolazione del capitale finanziario.

estratto da http://pierluigifagan.wordpress.com/2014/10/20/la-razionalita-dell1/

Accumulazione per spossessamento

L’analisi marxiana dell’accumulazione originaria è quella della nascita della mano d’opera salariata, oggi l’analisi riguarda maggiormente il modo in cui il capitalismo recupera valore nella circolazione del flusso.

Un esempio è la crisi immobiliare americana. Dopo la crisi sono stati disposti trenta milioni di pignoramenti, di cui sette milioni eseguiti: un processo di appropriazione e rapina. Cose simili sono successe in Spagna, in Ungheria; è importante sottolineare che durante la crisi la popolazione ispanica e nera ha perso 2/3 del patrimonio, mentre la bianca il 30%: ciò corrisponde ai bonus che Wall Street ha pagato ai suoi traders nello stesso periodo. Questo è ciò che chiamo accumulazione per spossessamento.

Lo stesso è successo per le pensioni: anche qui c’è stato un furto da estorsione di valore a popolazioni vulnerabili che ha reso ancora più ricco l’1% della popolazione. La stessa cosa succede su scala globale con la terra (Africa), ma anche con la spoliazione continua dei diritti di accesso all’acqua, dei minerali, da parte delle grandi corporations. La cosa importante è che anche strumenti che vengono presentati come elementi che possono aiutare, sono elementi di spossessamento, come il microcredito o i mutui subprime. Questi strumenti, già visti positivamente, si rovesciano nel loro opposto, dalla cooperazione all’espropriazione.

estratto da http://gabriellagiudici.it/david-harvey-a-passignano-perugia/

L’idiotismo dell’antiberlusconismo

L’idiotismo dell’antiberlusconismo

Come l’odierno antifascismo in assenza integrale di fascismo, così l’antiberlusconismo ha svolto il ruolo di fondazione e di mantenimento dell’identità di una sinistra ormai conciliata con l’ordine neoliberale. Ingiustizia, miseria e storture d’ogni sorta hanno così cessato di essere intese per quello che effettivamente sono, ossia per fisiologici prodotti dell’ordo capitalistico, e hanno preso a essere concepite come conseguenze dell’agire irresponsabile di un singolo individuo.

Diego Fusaro