Comunità

I cinesi sono pragmatici che pensano a lungo termine. L’ideologia dei diritti umani è per loro totalmente estranea (le parole «legge» e «uomo», nel senso che diamo loro, non hanno nemmeno un equivalente in cinese:«diritti umani» si dice «ren-quan», «uomo-potere», che non è particolarmente chiaro), così come l’individualismo. Per i cinesi, l’uomo deve adempiere i suoi doveri verso la comunità piuttosto che rivendicare diritti come individuo. Durante l’epidemia di Covid-19, gli europei si sono confinati per paura; i cinesi lo hanno fatto per disciplina. Gli occidentali hanno riferimenti «universali», i cinesi hanno riferimenti cinesi. C’è una bella differenza.
Gli americani hanno sempre voluto uniformare il mondo secondo i propri canoni identificati con la marcia naturale del progresso umano. Da quando hanno raggiunto una posizione dominante, si sono costantemente adoperati per evitare l’emergere di qualsiasi potere crescente che potesse mettere in pericolo questa egemonia. Negli ultimi anni, negli Stati Uniti sono proliferati i libri (Geoffrey Murray, David L. Shambaugh, ecc.) che dimostrano che la Cina è oggi la grande potenza in ascesa, mentre gli Stati Uniti sono in declino.
In un libro molto discusso (Destined for War), il politologo Graham Allison mostra che nel corso della storia, ogni volta che una potenza dominante si è sentita minacciata da una nuova potenza nascente, la guerra si profila all’orizzonte, non per ragioni politiche, ma per il semplice fatto della logica propria dei rapporti di potere.

Navi cinesi in Siria

Questo è ciò che Allison ha chiamato la «trappola di Tucidide», in riferimento al modo in cui la paura ispirata a Sparta dall’ascesa di Atene ha portato alla guerra del Peloponneso. Ci sono buone probabilità che lo stesso accada con Washington e Pechino. A breve termine, i cinesi faranno di tutto per evitare uno scontro armato e non lasciare il posto alle provocazioni con cui gli americani hanno familiarità.
A lungo termine, tuttavia, un tale conflitto è perfettamente possibile. La grande domanda è, quindi, se l’Europa passerà dalla parte americana o se dichiarerà la sua solidarietà con le altre grandi potenze del continente eurasiatico. Questa è, naturalmente, la questione decisiva.