Patrimonio culturale

Senza cultura, purtroppo, lo si può percepire unicamente come fonte di profitto, per cui manifesti come questo non possono che rimanere inascoltati. Lo abbiamo trovato al link : http://www.appelloalpopolo.it/?p=9271

MANIFESTO TQ SUL PATRIMONIO STORICO E ARTISTICO

DELLA NAZIONE ITALIANA

Primo. Occorre affermare con forza la funzione civile e costituzionale del patrimonio. Occorre dire che il patrimonio non è un lusso per i ricchi né è un mezzo per intrattenersi nel “tempo libero”, ma al contrario serve all’aumento della cultura ed è un importante strumento per la rimozione degli “ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” e per l’attuazione piena dell’eguaglianza costituzionale. E occorre anche dire che, dunque, il suo fine non è quello di produrre reddito. Che, cioè, il patrimonio storico e artistico della nazione non è il petrolio d’Italia.

Secondo. Il patrimonio di proprietà pubblica deve essere mantenuto con denaro pubblico: esattamente come le scuole o gli ospedali pubblici. Fatti salvi i principi generali di competenza (per cui vedi il punto 7) potranno ammettersi al più concorsi privati di finanziamenti, di controllata finalizzazione costituzionale. Il patrimonio di proprietà pubblica deve rimanere tale: e sono dunque inammissibili le alienazioni di sue parti a privati. Esso non deve essere privatizzato nemmeno moralmente o culturalmente attraverso prestiti, noleggi, appalti gestionali esclusivi o cessioni temporanee che di fatto ne sottraggono alla collettività il governo, immancabilmente socializzandone le perdite (in termine di conservazione e di degrado culturale) e privatizzandone gli eventuali utili.

Terzo. Il patrimonio appartiene alla nazione italiana (e in un senso più lato esso è un bene comune all’intera umanità), e anzi la rappresenta e la struttura non meno della lingua. È per questo che il sistema di tutela deve rimanere nazionale e statale, e non può essere regionalizzato o localizzato.

Quarto. Il patrimonio è proprietà di ogni cittadino (non pro quota, ma per intero) senza differenze di credo religioso. Il patrimonio, cioè, è laico: ed è tale anche quello religioso e sacro. In altre parole, al significato sacro delle grandi chiese monumentali italiane si è sovrapposto un significato costituzionale e civile che, non negando il primo, impedisce alla gerarchia ecclesiastica di disporre a suo arbitrio di tali porzioni del patrimonio stesso.

Quinto. Il patrimonio che abbiamo ereditato dalle generazioni passate e che dobbiamo trasmettere a quelle future (e del quale dobbiamo render conto a tutta l’umanità) deve rimanere affidato ad una rete di tutela che obbedisca alla Costituzione, alla legge, alla scienza e alla coscienza, e non può cadere nella disponibilità delle autorità politiche che decidono a maggioranza. Ogni forma del plebiscitarismo ormai largamente invalso nel Paese appare, infatti, particolarmente pericolosa se applicata al patrimonio.

Sesto. Il patrimonio storico e artistico italiano è coesteso e fuso all’ambiente e va tutelato, conosciuto e comunicato nella sua dimensione organica e continua. È inaccettabile ogni politica culturale che si concentri sui cosiddetti capolavori “assoluti” (cioè, letteralmente, “sciolti”: da ogni rete di rapporti significanti) per espiantarli e forzarli in percorsi espositivi dal valore conoscitivo nullo. In altre parole, in Italia gli eventi stanno uccidendo i monumenti: e occorre, dunque, una drastica inversione di rotta. Nella stragrande maggioranza, le mostre di arte antica sono pure operazioni di marketing che strumentalizzano le opere, ignorano la ricerca e promuovono una ricezione passiva calcata sul modello televisivo: la discussione e l’adozione di un codice etico – e innanzitutto di una severa moratoria – per le mostre appare dunque urgentissima.

Settimo. È vitale affidare la tutela materiale e morale del patrimonio a figure professionali di sperimentata competenza tecnica e culturale. A seconda dei vari ruoli, esse sono quelle degli storici dell’arte, degli archeologi, degli architetti, dei restauratori diplomati dall’ICR e dall’OPD. Non ha invece alcuna identità specifica (né sul piano intellettuale, né su quello professionale) la figura del cosiddetto “operatore dei Beni culturali”.

Ottavo. Occorre dunque mettere radicalmente in discussione l’invenzione dei corsi e delle facoltà di Beni culturali. Non solo la loro esistenza è intenibile sul piano intellettuale (qual è infatti lo statuto epistemologico dei cosiddetti Beni culturali?), ma sostituendo agli storici dell’arte-umanisti figure di “esperti” o “tecnici” tali corsi e facoltà pongono le premesse per l’azzeramento della tutela e dell’attribuzione di senso culturale al patrimonio stesso. Occorre invece ribadire con forza che la funzione primaria degli storici dell’arte come umanisti è quella di favorire “la riappropriazione critica degli spazi pubblici e dei beni comuni”. Combattere, cioè, perché il tessuto storico delle nostre città torni ad essere lo strumento di crescita culturale garantito dalla Costituzione, e sfugga all’alternativa tra la distruzione e la trasformazione in un parco di intrattenimento a pagamento.

Nono. È necessario restituire dignità e utilità intellettuali alla presenza della storia dell’arte sui media italiani: che attualmente è dilagante, quanto mortificante. Chi può dire di aver appreso, tramite un giornale italiano, qualcosa circa l’attualità della ricerca storico-artistica? Quale saggio, idea, prospettiva scientifica, scuola di pensiero ha potuto trovare uno spazio per presentarsi al grande pubblico? Il novanta per cento degli articoli che trattano di storia dell’arte si occupa di mostre essendone, di fatto, una pubblicità più o meno occulta: gli sponsor comprano sempre più spesso intere pagine dei grandi quotidiani italiani in cui pubblicare stralci del catalogo accanto ad interventi promozionali di noti storici dell’arte. La storia dell’arte rappresenta, di fatto, il fronte più avanzato della mutazione mediatica del dibattito culturale in marketing occulto.

Decimo. Il fronte più importante nella battaglia per la salvezza del patrimonio storico e artistico italiano è quello che passa nella scuola. È vitale difendere e anzi ampliare l’asfittico spazio concesso negli orari scolastici a quella “storia dell’arte che ogni italiano dovrebbe imparar da bambino come una lingua viva, se vuole aver coscienza intera della propria nazione” (la citazione è da Roberto Longhi).

Chi davvero ha a cuore il futuro delle opere d’arte, e della natura e della storia che le hanno generate – cioè chi ha a cuore il futuro del nostro Paese , deve lottare perché le prossime generazioni escano dall’analfabetismo figurativo che ha afflitto quelle precedenti, e che ha sempre reso cieca la classe dirigente della Repubblica.

 

Abbattere piace

A Bondeno si parla di abbattere le chiese di San Giovanni, delle Suore e dell’Addolorata; così si esprime Italia  Nostra:

“Per Pier Luigi Cervellati, Architetto e membro di Italia Nostra “è inaccettabile sentir parlare di monumentalità inferiore che può, dunque, essere abbattuta. I monumenti che vengono definiti minori sono invece identitari. Quando abbiamo sentito parlare di demolizioni  e abbiamo cominciato a far sentire la nostra voce, ciò evidenziava una preoccupazione di carattere estetico-culturale, ma che voleva scongiurare il ripetersi di una situazione già vista a L’Aquila. La ricostruzione sbandierata a L’Aquila, attraverso le new-town, ha distrutto la città. Oggi L’Aquila è completamente smembrata nella parte storica. E ora come si reagisce a questo terremoto? Si pensa subito di abbattere edifici storici-artistici, ma noi vogliamo evitare dannosi abbattimenti. Ingegneri e tecnici che hanno lavorato ai consolidamenti dopo il terremoto di circa 10 anni fa nella zona di Reggio Emilia non sono nemmeno stati consultati, professionisti che conoscono nel dettaglio gli edifici compromessi. Se si continua ad agire in modo non coordinato, per coloro che hanno, secondo la Costituzione, l’obbligo di mantenere la tutela, vuol dire che non sono in grado di capire l’importanza della perdita di questi beni e la distruzione di un territorio anche attraverso lo spostamento della popolazione, lo svuotamento dei centri storici e l’annientamento identitario che produce non luoghi”.

Per Elio Garzillo “il momento decisivo per la salvaguardia delle persone e dei monumenti è questo. Improvvisamente gli edifici che fino a pochi giorni fa erano il nostro patrimonio, sono diventati “un incombente rischio”. Le istituzioni hanno dato subito, pochi giorni dopo, un’inedita disponibilità a intervenire con demolizioni. Non hanno preso decisioni tese alla salvaguardia del patrimonio. Al contrario pare di essere tornati molto indietro, ci sono fantasmi che si aggirano. Io che ho vissuto da funzionario di soprintendenza il terremoto dell’Irpinia ricordo benissimo che il Ministero per i beni culturali mandava degli ispettori alla sovrintendenza della Campania per conoscere quanti interventi i singoli funzionari avessero messo in atto in quei 10 giorni. Dopo il terremoto di Reggio Emilia nel 1986, Ministero dei Beni Culturali e Soprintendenza, sono intervenuti 48 ore dopo con interventi, con fasciature, incantenature, incollature, e mai con “puntellature”. Sempre in situazioni in cui i danni erano stati notevolissimi. Le persone erano state evacuate, siamo intervenuti subito operando in sicurezza. Con importi irrisori abbiamo messo in sicurezza in pochi giorni e abbiamo firmato l’agibilità dei monumenti e delle case circostanti.

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I danni al patrimonio artistico

Ad ormai tre settimane dalla prima scossa di Domenica 20 maggio è possibile verificare gli effetti del sisma sul patrimonio storico ed artistico nella Città di Ferrara, diversamente però da quanto osservabile nella realtà sulla stampa locale è circolata l’informazione che ad essere danneggiato sia il 30% dell’insieme degli edifici e beni monumentali. Ora che il sistema turismo è paralizzato e al terremoto culturale, economico e sociale che già da tempo si è abbattuto sul nostro paese e sulle nostre città provocando disoccupazione e precarietà senza eguali in Europa, si vanno sommando gli effetti del terremoto che affligge il cuore della Pianura Padana, occorrerebbe una discussione seria sul che fare. Il problema, uno dei problemi, è invece quello del pressapochismo e della circolazione di leggende metropolitane che poi, per qualche insondabile ragione, sono riprese dai media e tendono ad affermarsi come elementi di realtà.

A Ferrara ad essere stato danneggiato dal terremoto e dallo sciame sismico che ancora continua non è certo solo il 30% degli edifici storici. Quali sono i monumenti che non hanno subito lesioni piccole o grandi? Ci sono chiese storiche che non hanno subito danni significativi? Anche la basilica di San Giorgio che ha già riaperto non è stata indenne e tutti gli edifici storici della città, quelli che ne formano il patrimonio storico ed artistico, che sono patrimonio dell’umanità protetto dall’UNESCO e che sono la ragione unica della presenza turistica a Ferrara, sono oggi lesionati e in alcuni casi versano in condizioni davvero gravi.

Allo stato attuale sono chiusi musei, facoltà universitarie e tutto, integralmente tutto, il patrimonio chiesastico della città ha subito danni, il ‘600 storico ed artistico è scomparso nella chiusura dei Teatini, di San Carlo, delle Chiese di San Maurelio, San Giuseppe e Santa Maria in Vado, lo stesso possiamo dire dei luoghi del Rinascimento. Danneggiati i Palazzi Paradiso e Schifanoia, la Palazzina di Marfisa, Casa Romei, il Castello, Palazzo Ducale, le basiliche di San Francesco, San Domenico e San Paolo, la chiesa di Santa Maria della Consolazione, la Madonnina, San Gerolamo, l’Oratorio dell’Annunziata, i monasteri di Sant’Antonio in Polesine e del Corpus Domini, ma l’elenco potrebbe e dovrà proseguire perché questo è il patrimonio del quale vive Ferrara città d’Arte, Cultura e Turismo.

Allora per aprire una discussione produttiva che comporti dei fatti, cioè da un lato degli interventi coerenti di messa in sicurezza e restauro, e dall’altro la ripresa del lavoro per alberghi, ristoranti, guide e animatori turistici, occorre che si parta da dati reali e prendendo atto della drammaticità del momento nel quale viviamo. Nascondere la testa sotto la sabbia o far circolare informazioni che minimizzano gli effetti del terremoto, specie quando questi sono ampiamente osservabili da chiunque e incidono sulla carne di migliaia di persone che qui abitano e fino a ieri, faticosamente, lavoravano, non ha granché senso e certamente non aiuta ad uscire dalla situazione gravissima nella quale siamo.

Pertanto, infine, vorrei porre una domanda. Ma da quali edifici sarebbe composto il 70% del patrimonio storico-artistico non danneggiato dal terremoto?

Alessandro Gulinati – Presidente Pro Loco Ferrara

Genova si spegne

Riceviamo questo comunicato che pubblichiamo perché è una situazione che diventerà comune:

**Genova si spegne.**

Dopo anni in cui la politica cittadina ha puntato sulla cultura come
volano per il rilancio della città, si spengono le luci dei teatri,
dei festival, dei concerti.

Si spengono oggi: il Comune non ha approvato il bilancio e la
stragrande maggioranza delle manifestazioni culturali non potrà
essere realizzata fino alla fine del 2012.

Alcune, dopo questa micidiale paralisi, non saranno più in grado di
rialzarsi.

Questo avverrà anche perché ad oggi la Regione Liguria non ha
stanziato neppure 1 euro sul capitolo cultura.

Cosa succederà, quindi?

Prima di tutto i cittadini non avranno più i servizi culturali che,
da Voltri a Nervi, dal centro a Bolzaneto, in questi anni hanno
aumentato la qualità della vita per i residenti e attratto i turisti.
Dove c’è un teatro, un festival, un concerto c’è vita, c’è
commercio, c’è un argine al disagio; la vivacità culturale di una
città rappresenta l’identità dei cittadini che la abitano, è il
suo biglietto da visita per il mondo, è uno dei perché valga la pena
vivere in quella città e non scappare via.

La vivacità culturale di Genova è uno dei motivi per cui la si ama.

Ma a Genova da oggi è il buio. Il bilancio non è approvato: le luci
della città si spengono (e i circa mille lavoratori dello spettacolo
restano a spasso).

Questa mortificazione per Genova è un assurdo controsenso rispetto a
quanto è emerso dalle pioneristiche indagini che l’Assessorato alla
Cultura del Comune ha condotto sui teatri e sui festival genovesi:
cioè che essi non solo rappresentano lavoro e indotto, ma che gli
investimenti pubblici sul settore alla città ritornano moltiplicati.
Da queste indagini, risulta che i genovesi sono assidui e appassionati
frequentatori di teatro: in un anno oltre 600mila presenze in una
città delle nostre dimensioni rappresenta un caso straordinario in
Italia.

Anche per i festival i dati sono significativi: il pubblico coinvolto
nel 2011 è di 183.000 persone.

Tutto ciò significa, ancora, che i genovesi considerano lo
spettacolo dal vivo e la cultura in generale un genere di prima
necessità; che condividono quanto un giornale attento alla crescita
economica come Il Sole 24 Ore sta da settimane ribadendo a gran voce:
ovvero che senza cultura non c’è sviluppo. Cosa succede invece?

Non approvando il bilancio comunale, non possono essere emessi i
Bandi a cui i teatri e i festival cittadini partecipano per ottenere
gli indispensabili (e sobri) contributi per far vivere la città.
Questi Bandi per lo spettacolo, dopo anni di contributi “senza
regole”, sono stati perfezionati dall’Assessorato alla Cultura per
offrire criteri di valutazione e trasparenza nell’erogazione dei
fondi. Vogliamo buttare via tutto questo lavoro?

Questi Bandi sono finanziati dai soldi dei genovesi e si traducono in
un ottimo rapporto costi/benefici: lo spettacolo a Genova si intreccia
indissolubilmente con il mondo della scuola, con il turismo, il
commercio, il sociale, settori che contribuisce a rivitalizzare e
alimentare.

La mancata approvazione del bilancio sarà un gravissimo danno anche
per questi settori.

Ci sono pochissimi giorni per riparare a questo buio.

Ci auguriamo che il senso di responsabilità verso la città
prevalga.

Per quanto ci riguarda non corriamo alcun rischio: la situazione a Bondeno l’abbiamo descritta in un precedente articolo e non sembra destinata a cambiare.

Troppa grazia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Torno su quanto riportato dalla stampa locale sullo stop al progetto Ponte Rana dal parte della giunta di Bondeno e l’utilizzo dei fondi di quartiere II per il sociale e per altri progetti. Bene, era ora che si abbandonasse il progetto di Ponte Rana. E’ dal 2000, per 12 piani investimenti, che il centro destra al governo di Bondeno mette come opera da effettuare la rimodulazione del nodo viario di Ponte Rana. Abbiamo speso circa 350 – 400 mila euro, a fondo perduto, nei progetti più svariati e fantasiosi. Il più conosciuto è quello del famoso sottopasso che non serviva a nulla: si spendevano 5,5 milioni di euro per eliminare un semaforo e fare andare più velocemente le auto in Via Venti Settembre! L’attuale giunta, che è la stessa cosa di quella precedente, abbraccia le proposte fatte dal centro sinistra negli ultimi 10 anni. Cosa abbiamo detto in questi anni di battaglia sulla viabilità? Per Ponte Rana bastano 500-600 mila euro per la messa in sicurezza e la manutenzione e la priorità per Bondeno è la circonvallazione. Peccato che ci sono voluti 10 anni per arrivarci. Si poteva essere più rapidi perché le modificate condizioni di cui parla il Sindaco (la chiusura dello zuccherificio e la realizzazione della Cispadana) sono dati certi, nel bene e nel male, da almeno 4 anni). Non sono novità degli ultimi mesi! Con una parte di soldi risparmiati si provvederà a finire i lavori di ristrutturazione della ex casa protetta Bottazzi. Doveva essere pronta nel 2004. Dopo 7 anni di promesse, in una parte della struttura, si potranno realizzare 12 alloggi e ambienti comuni per cittadini appartenenti alle fasce deboli. Con gli altri soldi si potrebbe sistemare la viabilità comunale, si potrebbe fare un centro fiera con sala polivalente, per tornare a fare cinema e teatro. Il problema è che sembra non sia possibile spostare i fondi fuori dal quartiere del sole! Per questo, nell’area oltre il Famila, ecco la giunta di Bondeno inventarsi la necessità di un parco urbano da realizzarsi per la modica cifra di 6 milioni di euro! Ma stiamo scherzando? E’ una cifra enorme e sproporzionata alle necessità! Va bene un centro polifunzionale per la cittadinanza. Vorremmo, però, vedere di cosa si tratta. Tra l’altro, ritengo più opportuna una sua collocazione in una zona centrale di Bondeno come l’area ex zuccherificio che è destinata ad essere, anche dal punto di vista residenziale, un tassello importante del futuro di Bondeno. Diamo già per scontato che non si possono spendere i soldi del ponte rana in una zona adiacente come l’ex zuccherificio? Dobbiamo spendere per forza 750 mila euro per acquisire terreni oltre la zona del Famila e spenderci 6 milioni in un parco urbano con sala polivalente sapendo che nella stessa area sarà realizzato il Centro Maria Regina della Pace che ha in programma di fare la parrocchia? Per il dopo Ponte Rana, va bene la spesa sul sociale. Farei molta attenzione al progetto per realizzare un parco urbano da 6 milioni di euro. Mi pare fuori luogo. Con i tempi che corrono e le necessità dei nostri cittadini, se non si fa chiarezza su ciò che si vuole realizzare c’è il rischio di sperperare denaro pubblico.

Giovanni Nardini

Consigliere Comunale PD Bondeno

Cultura, cibo per l'anima

Valzer n. 2 from cultura cibo per l’anima on Vimeo.

Creare una emozione e interromperla bruscamente, violentemente. Con questo spot abbiamo cercato di rendere il senso brutale dell’effetto dei tagli allo spettacolo. La cultura, che veste i panni di una giovanissima ballerina classica intenta a danzare sulle note del valzer n.2 della “Jazz Suite” di Shostakovich, viene frettolosamente identifcata come un elemento superfluo e desueto da riporre in qualche posto a coprirsi di polvere. Stefano Bisulli e Roberto Naccari, videomaker operanti a partire dai tardi anni novanta, cominciano a lavorare insieme su progetti di sceneggiatura nel 2002. Nel 2004, con il documentario “Holylanders”, iniziano un’attività produttiva che li porta nel 2008 a fondare, assieme a Vulmaro Doronzo, “Cinematica” per la quale firmano la regia di “Una storia comune” (2008), Fellini Oniricon (2008) e Insulo della Rozoj (2009). http://www.culturaciboperlanima.it/valzern2.html

Dibattito sulla cultura a Bondeno

Adesso ci sarebbe ben poco da discutere, ma, rovistando negli archivi, abbiamo trovato una registrazione del 7 aprile 1991 da Rete Radio, gestita da Lorenzo Guandalini e Simonetta Malaguti, che vede tra i partecipanti: Fabrizio Nicolli (in rappresentanza dei Verdi) che lo sollecitò, Aldo Scapoli (allora capogruppo DC in consiglio comunale a Bondeno), Fabrizia Guandalini (assessore PDS alla cultura) Giancarlo Saccomandi (segretario PDS) e Daniele Biancardi (sindaco ed ex-assessore socialista alla cultura).

La trasmissione dura circa un’ora e mezza ed è possibile scaricarla in MP3 all’URL : https://archive.org/details/reteradio91

 

La locomotiva e il binario morto

BONDENO, 01-02-2011. “La locomotiva” passa l’esame consigliare. Il progetto presentato dall’omonima associazione di promozione sociale ottiene i voti della maggioranza e ora si potrà delineare il riutilizzo dei locali dell’ex liceo, che varranno adibiti a numerose attività di carattere socioeducativo. Nella riunione dell’assise che ha sancito la surroga del consigliere della Lega, Marco Pini, sostituito tra i banchi da Stefano Cerutti, il tema più atteso era, appunto, quello della convenzione con l’associazione di promozione sociale che gestirà un pacchetto articolato di servizi di carattere socio-scolastico, denominato “Spazio 29”. La scelta è stata difesa dalla Giunta e dai tecnici comunali. I quali hanno rimarcato la possibilità di attivare convenzioni in presenza di particolari progetti di pubblica utilità. “L’associazione ha cambiato veste giuridica, ma è composta da persone che da anni conosciamo e godono della nostra fiducia. Si tratta di una soluzione di continuità che, a parità di costi, garantirà maggiori servizi e una continuità di programmi”, ha precisato l’assessore alla scuola, Francesca Poltronieri.(dal comunicato stampa del comune di Bondeno)

Critica sul procedimento seguito l’opposizione, che si è astenuta contestando il metodo di attribuzione adottato dalla giunta: “Nulla togliere alla Locomotiva — hanno detto — ma non condividiamo il metodo. Ci hanno presentato una scatola vuota». «La giunta ha confezionato una bozza di convenzione facendola passare in consiglio come già approvata — contesta il capogruppo Patrizia Micai —. Utilizzano uno schema, con linee guida, che nel merito vanno a creare un centro per la famiglia e i giovani, che di per sé potrebbe essere anche una buona idea quando si entrerà nel dettaglio perché ancora nessuno l’ha visto, dall’altro lato però la giunta dice che sarà lei a perfezionare gli accordi con l’associazione». La domanda che pone il Pd è chiara: «Perché non avete fatto un bando dove tutte le associazioni, le cooperative, le ditte riconosciute, con dipendenti in regola con la posizione contributiva, potessero presentarvi le loro potenzialità? Le famiglie — conclude la Micai — per poter affidare i minori devono avere certezze di professionalità».(dal Resto del Carlino del 2-2).

binario morto

courtesy of Lauro Casoni

A questo noi aggiungiamo che, come Unione Associazioni Culturali, all’indomani delle ultime elezioni, avevamo presentato al sindaco un progetto di polo socio-culturale sul modello di quello di Carpi, comprendente biblioteca e locali ex-ufficio del lavoro, trovando anche un certo interesse, ma poi, evidentemente hanno prevalso altre logiche.

Porte chiuse

luci accese sulla Cultura

Mobilitazione nazionale per la Cultura

La manovra finanziaria avrà effetti dirompenti sulla cultura italiana. Alcune norme della Legge 122/2010, in particolare, prospettano uno scenario insostenibile nel quale sono messe a repentaglio la politica di intervento pubblico nella cultura e la stessa sopravvivenza di enti e di organismi culturali.

Federculture e ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) promuovono una mobilitazione nazionale senza precedenti venerdì 12 novembre: una giornata per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sulle pesanti ricadute che tali interventi normativi avranno sul settore e sul diritto dei cittadini alla cultura .

Una forma di protesta clamorosa mai tentata prima: il 12 novembre musei, biblioteche, siti archeologici, luoghi di spettacolo in tutta Italia chiuderanno i battenti e fermeranno le loro attività per richiamare l’attenzione sugli effetti dirompenti che la manovra finanziaria avrà sul settore, già a partire dal prossimo anno, e per riaffermare il diritto alla cultura.

La mobilitazione, che si avvale anche del sostegno del FAI (Fondo Ambiente Italiano), sta raccogliendo un’ampia adesione da parte di amministrazioni, enti e aziende di settore e coinvolgerà musei, biblioteche, siti archeologici, strutture culturali e dello spettacolo, parchi e riserve naturali.

Per ulteriori informazioni: http://www.federculture.it/.

Proiezioni diapositive a Bondeno

A cura del circolo fotografico “Colpo d’occhio” di Bondeno, mercoledì 10 novembre alle 21, presso la sala azzurra in Viale Matteotti a Bondeno,

proiezioni di diapositive :

Egitto

I Colori del Deserto

di Bruno Rabboni e Tonino Bulgarelli

Gerewol

La danza dei Bororo del Niger

di Bruno Rabboni e Tonino Bulgarelli

Ingresso libero
nell’intervallo tra le due proiezioni, Marco Grechi presenterà i corsi di fotografia di quest’anno, riservati ai soci del circolo.
A questo proposito, ricordiamo che, su delibera dell’assemblea ordinaria, la quota sociale è stata fissata a 10 euro per il 2011.