I padroni del vapore

“Il 45 per cento degli americani  spendono fino a metà del loro reddito per ripagare i debiti sulle loro carte di credito”, suona un titolo di Zero Hedge. Circa  il 50  per cento di loro hanno un debito superiore a 25 mila dollari (esclusi i mutui), in media il debito per persona è sui 37 mila dollari, mentre il reddito personale mediano è sui 30 mila.

Il titolo è interessante. No, non per fare la morale  ai consumatori Usa; l’intero mondo occidentale è schiavo del debito. Ma l’economia americana ha il vantaggio di mostrare in modo più limpido e lineare, senza infingimenti né dissimulazioni linguistiche,  le  patologie del capitalismo che chiamiamo “terminale”.

Qui vediamo benissimo  quale è il motivo per cui  siamo in recessione-depressione da un  decennio (i media applaudono  miserabili aumenti del Pil dell’1,6- 1,7 per cento;  la BCE e la Fed parlano allora di “solida” crescita), e perché i consumi non aumentano nonostante le iniezioni  alluvionali di denaro  creato dal nulla, e nemmeno aumenta l’inflazione.

E’ chiaro. Il consumatore americano compra a man bassa indebitandosi: compra regolarmente l’auto di un modello superiore a quello che si può permettere; compra    con le carte di credito molte altre merci superflue; ciò fa girare molto bene l’economia, che prospera. Fino al giorno in cui l’americano deve spendere metà del suo reddito per ripagare gli interessi sui debiti che ha contratto.  Il suo potere d’acquisto è dimezzato;   le banche  e le finanziarie  gli prelevano dal salario (se ne ha uno) dal 33% al 50% ogni mese.

L’americano ha tutta la buona volontà di  continuare a spendere e spandere –   anche se è indebitato, ancora  spende il 40% del suo mensile in “spese discrezionali, intrattenimento, hobbies,  viaggi”; il 24% di loro dichiara di essersi indebitato troppo a   causa di “ spese frivole ed eccessive”;  le finanziarie   delle carte di credito  sono ancor più volonterose a prestargli tutti i dollari che vuole (al 25% d’interesse),  e le altre finanziarie  gli offrono persino  prestiti ripagabili in 7 anni per l’acquisto di auto usate;  la Federal Reserve   crea tutta la liquidità  che esigono finanziarie, consumatori, Wall Street (indebitando lo Stato); ma niente.

L’economia non si muove, non “cresce”. Anzi, nelle ultime settimane, cala. Per esempio , le vendite della Apple sono cadute  a meno -8% rispetto a un anno  prima. Ad aprile,  Ford, Fiat Chrysler, Honda  hanno venduto ciascuna il 7% in meno di quel che avevano venduto l’aprile  2016, la General Motors -6, Hyundai -11. I piazzali si riempiono di invenduti.   Tutti i segni di prossimi crack e scoppi di  bolle si moltiplicano.

Vendite di auto, rispetto alle previsioni…

Il  motivo è lì, ben visibile:  il potere d’acquisto dimezzato. Il reddito spendibile divorato dalla necessità di “servire” i debiti pregressi. Come sempre  quando trionfa il capitalismo  puro (cioè  finanziario) arriva inevitabile questo momento: il momento in cui il creditore ha indebitato “troppo”  e il debitore non si può indebitare oltre. Allora comincia la recessione, poi la depressione.

Il fenomeno si chiama “deflazione”. Precisamente, deflazione da debiti. Se l’inflazione è prodotta da un aumento della massa monetaria  e dall’accelerazione della sua circolazione, ciò che fa  rincarare i prezzi delle merci, la deflazione si rivela con il contrario: una contrazione della massa  monetaria, e il suo congelamento.

E’ impressionante vedere come nelle ultime settimane, in Usa,la massa monetaria nel sistema stia diminuendo:  poiché nel  sistema il denaro è “debito” creato cioè dalle finanziarie quando indebitano la gente, vuol dire che la gente non si indebita più, che le imprese chiedono meno fidi e mutui.

La deflazione da debiti. Questa malattia che la Germania (grande creditrice) ha preteso di curare imponendo  austerità crudeli ai vassalli-debitori (si veda  quel che hanno fatto ancor ieri  ai greci), in Usa è curata con la larghezza della Fed e la facilità accentuata del credito. Nell’un  caso e nell’altro, sono cure fallite.

Il motivo è lo stesso: il redito disponibile ai consumatori   si è ridotto drasticamente.  In America  è più chiaro che in Europa, perché lì non vige la dottrina Schauble, “avete vissuto sopra i vostri  mezzi, dunque  siete puniti”, lì al contrario tutti sono incoraggiati a vivere sopra i propri mezzi.

Ma né l’una né l’altra terapia affronta il vero motivo.

Come mai? Vediamolo in un altro modo: la liquidità che il consumatore Usa deve distogliere dal suo potere d’acquisto, non sparisce nel nulla. Essa va ai creditori, alle banche, alle finanziarie, alle imprese che gestiscono carte di credito. Questi giganti – tali sono – si riempiono di “denaro”  che hanno estratto ai cittadini,  si locupletano di interessi e quote capitale – interessi del 25 % sulle carte di credito, mentre i giganti finanziari si riforniscono di denaro dalle banca centrale all’1 % –  ma  non lo rimettono in circolo.

Da qualche parte però lo impiegano, quel “denaro”. Dove lo mettono i creditori?

Leggi tutto su http://www.maurizioblondet.it/rimedio-alla-crisi-noto-non-si-puo-dire/

Il giubileo del debito

Nel gennaio del 2016, The Telegraph intervista nuovamente William White ed il titolo dell’articolo “World faces wave of epic debt defaults, fears central bank veteran4 è sufficientemente eloquente: l’indebitamento globale aumenta senza sosta e, alla prossima recessione, diverrà palese che questa mole di debito è impagabile. Il giubileo dei debiti” dice White (citando la saltuaria cancellazione delle obbligazioni prevista nell’Antico Testamento) sarà inevitabile e spetterà alla politica governarne gli impatti sulla società (il debito di qualcuno è pur sempre il credito di qualcun altro). L’accanirsi delle banche centrali sulle politiche monetarie accomodanti è tanto inutile quanto dannoso: spetta alla politica riscoprire il proprio primato, lanciando una serie di manovre fiscali espansive (le classiche opere infrastrutturali) per uscire dalle sabbie mobili della crisi.

Il magma che ribolle sotto i tassi a zero

Nota: senza addentrarci nei tecnicismi economici, è interessante la genesi storica della BRI

USA contro resto del mondo

Anche nel 2008, mentre i governi della Ue a rimorchio delle chiuse visioni di Berlino si affidavano a politiche rigoriste suicide, la Federal Reserve (Fed) guidata da Ben Bernanke, lanciava tre successivi programmi di acquisito di titoli di stato (Quantitative Easing) che in pochi anni hanno dilatato il suo bilancio da 850 a 4.500 Mld di $. Secondo il calcolo fatto a Washington, Cina, Giappone e le principali economie del G20 (Brasile, India e così via), terrorizzate dal deprezzamento del dollaro, ne avrebbero fatto incetta sui mercati insieme ai T–Bonds emessi dalla Fed. Se non lo avessero sostenuto, le loro monete si sarebbero rivalutate su di esso, rendendo le loro attività (basate sulla vendita di materie prime e di manufatti, Giappone escluso, di scarsa qualità e basso prezzo) assai meno appetibili; inoltre, un dollaro in caduta libera avrebbe falcidiato le loro riserve monetarie basate appunto sul biglietto verde.

Il risultato è stato che, mentre la crisi finanziaria demoliva la Ue e Giappone e Cina si svenavano per rafforzare la valuta americana, fra il 2009 e il 2013 negli Stati Uniti si riversavano 2.510 Mld di $, praticamente lo stesso volume di moneta messo in circolazione nelle prime due fasi del Quantitative Easing della Fed, 2.600 Mld. Nella sostanza Washington non ha speso un soldo per rivitalizzare la sua economia, lasciando che economie avanzate e nazioni emergenti facessero a gara per sostenerla: il Giappone ha acquistato T–Bonds per 556 Mld, la Cina per 543; il Brasile per 129 e così via. E vista la crescente richiesta, questo finanziamento è avvenuto a interessi sempre più bassi, passando dal 4% pre crisi, all’1,5% nel pieno del ciclone.

La Cina stessa, che un colosso economico ormai lo è, è stata costretta ad abbozzare: fra il 2013 e il 2014 ha provato a ridurre la montagna di debito statunitense che detiene, ma è stata una manovra di facciata, perché ha continuato a rastrellarne tramite il governo belga che è arrivato a detenerne una cifra mostruosa pari al 70% del proprio Pil (350 Mld). Anche Pechino è in trappola: se cade il dollaro, gli effetti per la sua economia, che attraversa un passaggio delicato, sarebbero devastanti.

leggi tutto su http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=50701

Debito sistemico

Il vero problema, che i media mondiali stanno tentando di nascondere, non sono i 100 miliardi di Euro del deficit della Grecia o il migliaio di miliardi di euro dei paesi della Unione Europea, cifre consistenti, ma lontanissime dai 5.000/10.000 miliardi che dovrà reperire il governo statunitense nel futuro immediato. Trovare sul mercato mondiale cifre del genere non sarà facile.

In considerazione della forte crisi che attanaglia tutto l’occidente, sta aumentando ovunque la disoccupazione, diminuiscono i consumi, diminuiscono i guadagni delle imprese ed ovviamente non possono che diminuire anche gli introiti fiscali di uno stato. Dove potrà trovare questa gran massa di soldi il governo USA? Ovviamente cercherà di aumentare gli introiti fiscali, con nuove tasse che finiranno per aggravare la situazione di una economia già in crisi; ricorreranno ovviamente ai paesi alleati, che sono obbligati ad aiutare gli USA, sotto forma di un aumento dell’acquisto dei buoni del Tesoro del debito USA e questi paesi a loro volta per trovare i soldi, spremeranno i propri cittadini (5); sicuramente ricorreranno al Fondo Monetario Internazionale. Tutto ciò potrebbe risultare insufficiente e di conseguenza potrebbero incrementare la stampa dei dollari.

Negli ultimi anni, gli Usa hanno enormemente incrementato la stampa di dollari. Nel seguente grafico 1 riportiamo la quantità di dollari in circolazione, ossia la base monetaria statunitense alla fine dell’anno, dal 1959 al 2009. Come si vede, la massa di dollari in circolazione è fortemente aumentata negli ultimi due anni, passando dagli 824 miliardi di dollari in circolazione alla fine del 2007, ai 1.654 miliardi a fine 2008, ai 2.017 miliardi a fine 2009.

Grafico 1

Base monetaria USA

Miliardi di dollari in circolazione alla fine dell’anno

(Anni 1959-2009)

estratto da http://umbvrei.blogspot.it/2010/10/gli-stati-uniti-verso-la-bancarotta.html

Conferenza Europea sul debito

Il compito cruciale è la restituzione delle sovranità nazionali agli stati dell’Eurozona, in modo da ripristinare un regime di sistemi nazionali di credito basati sul principio hamiltoniano (vedi) che permetterebbe alle nazioni europee e nordamericane di partecipare all’emergente dinamica di crescita guidata dai BRICS e dalla nazioni loro alleate.[…]
Una tale ristrutturazione del debito (come quella di Londra del 1953 n.d.r) non sarebbe possibile col sistema attuale, in primo luogo perché il debito è parte di un sistema di gioco d’azzardo bancario, in cui i cosiddetti titoli sovrani sono collegati ad un labirinto di derivati e titoli speculativi.
Oggi, la soluzione al debito ed alla crisi economica dei cosiddetti “paesi periferici” dell’Eurozona, inclusa la Grecia, è soggiogata a un imperativo “antagonistico”. Ovvero, Wall Street e la City di Londra esigono che la BCE stampi migliaia di miliardi di Euro per acquistare, da banche private, il debito sovrano di tutti i paesi europei.
Perché? Per salvare numerose banche strapiene di titoli tossici e derivati legati al settore immobiliare, petrolifero e delle commodities, e ad altre speculazioni, invece di salvare l’economia reale delle nazioni indebitate.[…]
Dunque, tutto il sistema bancario e creditizio europeo dovrà essere sottoposto ad una riorganizzazione fallimentare ordinata, come fece Roosevelt con quello americano con la legge Glass-Steagall del 1933 (abolita da noi nel 1993 n.d.r) , a partire dalla separazione bancaria e la creazione di istituti di credito nazionali simili alla Reconstruction Finance Corporation dei tempi. Solo così l’Europa potrà risolvere la crisi del debito in Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro e via dicendo…
I titoli speculativi delle banche d’affari saranno esaminati per stabilire quali siano legittimi e quali debbano essere cancellati. Questo condurrà naturalmente ad un drammatico ridimensionamento di tali banche. Molte non sopravviveranno alla riforma.
La conferenza dovrà ristabilire il potere sovrano delle istituzioni nazionali, come uniche autorità riconosciute col mandato politico e legale per attuare una riorganizzazione fallimentare del sistema bancario.
 estratto da

La maledizione

La conclusione da trarsi è che lo Stato non può smettere di fare lo Stato per pagare un debito e le richieste di pagamento lamentate dagli investitori internazionali non possono in nessun caso andare a ledere la sfera dei diritti fondamentali presenti in Costituzione e garantiti dal diritto internazionale.

L’austerità sta sopprimendo proprio quella parte della Carta costituzionale che contiene i diritti fondamentali e che non possono essere compressi né snaturati da nessuna norma, poiché la Costituzione nella gerarchia delle fonti è ancora la fonte primaria del nostro ordinamento, e perciò dobbiamo necessariamente osservare che i trattati europei imponendo politiche economiche e livelli di deficit insufficienti a raggiungere gli obbiettivi dello Stato sociale quali la piena occupazione, il diritto alla salute, il diritto all’istruzione, diritti fondamentali per un’affermazione e uno sviluppo dell’uomo nella società, siano illegittimi e inesistenti da un punto di vista giuridico.

estratto da http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=110212&typeb=0

Uno sguardo al futuro

Vi risparmio la lunga analisi dell’articolo: http://www.lolandesevolante.net/blog/2014/05/una-proposta-di-futuro/, anche perché sono tutti argomenti famigliari ai lettori di questo blog, e passo direttamente alle cose da fare:

  • Annullamento degli attuali debiti. Forse qualcuno potrà essere restituito, ma in generale sarà impossibile poter ripagare la maggior parte dei debiti; per non parlare degli interessi. Il mondo sta cambiando, e anche le regole che lo definiscono devono cambiare. Non è possibile cominciare con un ostacolo che risulti impossibile da superare.
  • Riforma radicale del sistema finanziario. Non si può sperare di continuare a coprire  gli interessi dei prestiti valutari. Se il settore finanziario risulta critico per il buon funzionamento della società (e lo sarà per tutto il periodo di transizione), non ci si può affidare alla gestione privata (che tende a privatizzare i profitti e a  socializzare le perdite, le quali a partire da ora risulteranno crescenti quanto inevitabili) o, come minimo, orientata alla crescita.
  • Ridefinizione del denaro. La politica monetaria non può essere espansiva; piuttosto, in un primo momento, si contrarrà. Il denaro è una rappresentazione del valore – non il valore in se stesso –  e la sua  gestione dev’essere controllata dai settori direttamente coinvolti: fabbricanti, commercianti, consumatori… La gente tenderà a usare divise locali  prima di quella nazionale, a causa  della maggior difficoltà di garantire il valore di quest’ultima in una società al collasso. Le divise locali non possono essere controllate da interessi speculativi stranieri e, pertanto, risultano avulse da accumulazione e capitalizzazione (l’analisi economica classica ci dirà che in questo modo si perdono opportunità di investimento e crescita).
  • Riforma degli Stati. Sin dalle loro origini, gli stati e il capitalismo hanno condiviso obiettivi e si sono resi complementari, con risultati sociali altamente efficaci in alcuni paesi (lo stato sociale ne è un buon esempio), sebbene inevitabilmente anche lo stato-nazione entra in crisi nel momento in cui il capitalismo diventi irrealizzabile. Diventa necessario ricollocare i centri di decisione avvicinando la gestione a chi viene amministrato; e bisogna farlo veramente, non tanto per dire. La gestione dev’essere prima municipale che provinciale, prima provinciale che regionale, prima regionale che nazionale. La mancanza  di energia porterà a una logica di ricollocazione che tenderà gradualmente a rendere gli ambiti amministrativi sempre più locali; benché, durante la transizione l’inefficienza di un  potere amministrativo nazionale ipertrofico porrà molti ostacoli, soprattutto di carattere legale.
  • Definizione di piani di transizione locale. Ogni popolazione deve determinare quali sono i propri problemi più urgenti e deve investire risorse per controllarli. In alcune comunità mancherà l’acqua, in altre il problema sarà la mancanza di suolo fertile, in altre l’eccesso demografico, la contaminazione o la scarsità di risorse basilari… Bisogna analizzare attentamente la situazione, cercando di comprendere che non andremo a vivere una continuazione dell’attuale sistema, piuttosto un cambiamento radicale. Una volta identificati i punti sensibili, bisogna investire le risorse e gli sforzi modellandoli per rendere possibile la transizione, anche se, da una prospettiva capitalista attuale, un investimento del genere non risulti redditizio. Questo costituirà uno dei grandi ostacoli, sebbene decisamente inferiore alla cancellazione dei debiti o dell’interesse composto.
  • Preservazione  dei servizi essenziali. Sicuramente, sarà una delle maggiori difficoltà della transizione: all’opposizione del capitale nella perdita dei propri privilegi, si unirà la difficoltà di mantenere un flusso sufficiente di risorse per permettersi certi privilegi. Secondo il grado di scarsità a cui sarà soggetta ogni località, i servizi potranno più o meno essere mantenuti. Quelli fondamentali sono: l’istruzione, la sanità e l’assistenza agli anziani e ai bisognosi. Per poter conservare questi servizi essenziali, ogni località dovrà decidere che tipo di sistema di finanziamento impiegare: se per mezzo di tasse o con il lavoro volontario dei cittadini. La possibilità dell’offerta dei servizi dipenderà dalla ricchezza relativa di ogni luogo.

Secondo voi qualcuno di coloro che avete recentemente eletto alle europee, alle politiche o alle amministrative è in grado anche solo di capire queste proposte?

Prima che il gallo canti

Riceviamo e pubblichiamo:

Parliamo della crisi, della Grande Crisi Globale, come viene definita.

a.- Osserviamo innanzitutto l’improprietà dell’uso di questo termine, con il quale si intende “un disastro naturale e inaspettato” (T.Lemke).

In effetti, questa “crisi” non è un fenomeno “naturale”, e neppure “inaspettato”.

Come vedremo, siamo di fronte ad un evento accuratamente preparato, e attentamente studiato e programmato.

Più appropriato quindi il significato attribuito al termine da Brasset e Vaughan-Williams per i quali “è una modalità di governo, un mezzo per ridurre le risorse e i tempi necessari a convincere le popolazioni ad accettare una nuova forma di convivenza sociale, senza pensioni, sanità, istruzione, trasporti, ecc.”. In questo ordine di idee anche M.Friedman, che citeremo più oltre.

b.- In economia “crisi” significa poi una flessionetemporanea, quasi ciclica (v.Kontradieff) dell’attività economica generale.

Anche sotto questo profilo, il termine non riflette la realtà, che ha i caratteri di una stagnazione con ricadute strutturali di lungo termine su produzione, domanda, occupazione, investimenti.

Grecia, Spagna e Portogallo, con le cure della “Troika” (FMI, Bce e Commissione europea) hanno subito una caduta del reddito per abitante peggiore che negli Usa della Grande Depressione degli anni ’30. In Grecia, in particolare, l’economia è crollata del 25% e così, grazie alla “cura” della Troika, il debito rispetto al Pil è aumentato.

In Italia, il reddito reale delle famiglie è tornato agli anni ’70.

Le voci che parlano di “segnali di ripresa” sono consapevoli menzogne dirette a illudere l’opinione pubblica dei buoni effetti dell’austerità. Negli Usa, culla della presunta “ripresa”, il reddito medio per abitante è sceso al livello di 25 anni fa e, a dispetto delle giulive esclamazioni di Draghi e del governo, non da alcun segno di miglioramento. Dal 2009 al 2012, poi, il 95% dell’aumento del Pil è andato all’1% della cittadinanza (Stiglitz).

Le origini. – I.- Per capire cosa stia veramente succedendo bisogna individuare le caratteristiche della “crisi” ed il tessuto nel quale si è sviluppata.

Il problema esplode negli Usa tra il 2007 e il 2008 per una esagerata espansione del denaro bancario e la enorme dilatazione del volume dei titoli emessi da banche e istituzioni finanziarie. Alla base di questa, vi è la cartolarizzazione dei mutui subprime.

Trasformati in titoli (detti Abso Mbs), a loro volta incorporati in altri di maggior valore unitario (Cdo). Questi ultimi, “rifilati” alle società veicolo (SIV), emanazione – formalmente autonoma – delle banche stesse.

I SIV acquistati i Cdo finanziandosi con l’emissione di altri titoli, li rivendono.

A questa massa di strumenti finanziari, costruiti come una catena di S.Antonio, ne vengono aggiunti molti altri: sia i certificati di assicurazione stipulati contro l’eventualità del mancato pagamento, sia altri titoli ancora, costruiti mediante calcoli matematici basati su complessi algoritmi (talmente complicati da risultare incomprensibili anche a chi li vende).

Tutto ciò avviene esclusivamente a scopi speculativi. E’ il sistema della trasformazionedei crediti in titoli negoziabili, ideato per trasferire ad altri il rischio insito in finanziamenti di bassa qualità: a fine 2007 si calcola che circolassero in Europa 30,5 trilioni di dollari di strumenti finanziari derivati (e venti volte tanto quelli fuori Borsa).

Tutti questi titoli potevano essere convertiti in moneta contante sul mercato: la creazione e la circolazione del denaro era fuori controllo.

Questi titoli erano in parte posti dalle banche fuori bilancio, formalmente assegnandoli alle società veicolo (SIV), così da poter emettere sempre nuovi finanziamenti fuori contabilità, in modo da aggirare i limiti legali alla concessione di crediti in rapporto al capitale e riserve possedute.

Questo giochetto è avvenuto (e avviene tuttora) del tutto alla luce del sole, sotto gli occhi dei governi e delle autorità di controllo. E l’assenza di interventi sanzionatori e correttivi sottolinea uno stato di connivenza che manifestamente privilegia gli interessi poco limpidi del sistema finanziario rispetto a quelli della società intera. Una forma di evidente correità-

La criticità della situazione è aggravata dalla formazione di una finanza-ombra (shadow banking), priva di ogni regola e controllo (SIV, fondi, società finanziarie) che crea attività per un volume ameno pari a quello bancario ufficiale.

Il sistema finanziario viene posto in condizioni di estrema criticità. Il livello di indebitamento delle banche cresce smisuratamente: la media nei Paesi Ue ascende al 250% del Pil nazionale (escludendo quello della finanza-ombra).

Questo enorme castello di carte, non appena si è inceppato il meccanismo, è miseramente crollato, trascinando nella polvere produzione, consumi e occupazione e mettendo i protagonisti, le banche e le istituzioni finanziarie, sull’orlo della catastrofe, dalla quale sono state salvate dai governi (senza tuttavia né imporre nuove regole, né chiedere contropartite)

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II.- E qui c’è un aspetto che lascia fortemente sconcertati.Con una operazione degna dei migliori illusionisti da avanspettacolo, i neoliberisti, con i politici a far da megafono, (ed i media al loro seguito) hanno sparso la credenza che la “crisi” dovesse addebitarsi all’eccessivo livello del debito pubblico, trascinato da una spesa sociale a dir poco principesca ( “avete vissuto tutti al di sopra delle vostre possibilità”).

Questa distorta e mistificatoria alterazione della realtà è divenuta la “verità” assoluta. Tanto che oggi si da per scontato che si viva in una “crisi del debito”.

Vi è in ciò un pizzico di sadica ironia poiché – come abbiamo visto – l’incremento del debito è dovuto proprio alle attività speculative della finanza.

Più che di ironia, per vero, si tratta di frode, poiché questa falsa rappresentazione della realtà ha lo scopo di trarne un preciso vantaggio. Un reato, dunque, di cui si sono resi colpevoli in primo luogo i governi.

1.- Cominciamo con una premessa. L’entità del debito non ha alcuna influenza sull’andamento dell’economia: tra queste due entità non vi è alcuna correlazione. Lo confermano illustri economisti non neoliberisti ed i fatti. Il Giappone, ad esempio, ha un debito di quasi il 300% del Pil, ma sta uscendo da una lunga stagnazione proprio aumentando la spesa.

2.- La colpevolizzazione delle generazioni anziane con l’accusa di aver causato la “crisi” godendo di facilitazioni al di là dei mezzi disponibili è una bugia scorretta ed ipocrita, che nasconde i veri responsabili: banche e istituti finanziari.

Solo dei complici possono avere interesse a fare tutto questo.

3.- In realtà, la spesa sociale media nei Paesi europei si è mantenuta sempre costante dalla fine della guerra: circa il 23,9%. Nel 2008, è salita al 24,4%, e, nel 2012 al 26,5%, (ma in ragione di una contemporanea contrazione del Pil per più del 5%).

In Italia, tra il 1980 ed il 2011 la spesa per i servizi sociali è risultata inferiore alle entrate per 484 miliardi. Incidentalmente, si deve notare che più della metà della spesa per pensioni e sanità, viene finanziata da lavoratori e imprese. Ed i pensionati italiani sono costretti a pagare le imposte sulla pensione che ricevono, restituendone così allo Stato una quota consistente, pari al 3% del Pil.

4.- I veri fattori di crescita del debito in tutte le nazioni occidentali sono due. Ben diversi da quelli favoleggiati.

Il primo. Dagli anni ’80 al ’97 circa, a causa del livello artificiosamente elevato dei tassi di interesse (dal 12 al 20%).

Nel Bel Paese, a causa del cumulo degli interessi primari, questo incremento va dai 20 mila miliardi del 1980 ai 127 mila del 1990: circa il 12% del Pil (contro una media europea del 4%).

Questo abnorme livello dei tassi, mantenuto anche in assenza di inflazione, venne imposto dalla finanza per una gigantesca speculazione finanziaria i cui sviluppi hanno poi creato le premesse per la “crisi”.

In Italia, venne anche incentivato dal divieto alla Banca d’Italia (1981) di cessare la funzione di acquirente dei titoli del Tesoro rimasti invenduti alle aste, con l’effetto, voluto anche in funzione anti-sindacale, di una immediata spinta al rialzo dei tassi. La relativa legge ebbe l’attivo supporto del ben noto Ciampi.

Si può incidentalmente osservare che il livello del debito italiano è tale che genera interessi da pagare superiori ad ogni avanzo primario.

Ciò significa che questo debito non può essere ridotto, nel quadro di una normale gestione di bilancio.

5.-Il secondo fattore di crescita risiede nell’imponente aiuto elargito dai governi alle banche e istituzioni finanziarie.

Nell’insieme dei Paesi Ue, la cifra complessiva di questo soccorso arriva a 4600 miliardi di euro (pari al 37% del Pil totale). Per l’Italia, si tratta di 40 miliardi, per la Germania 620 miliardi (corrispondente, per entrambi i Paesi, al 25% del Pil).

Questi importi si traducono, per i Paesi Ue, in un incremento medio del debito di circa venti punti (dal 60 all’80% del Pil).

6.- A fine 2011, il livello delle sofferenze lamentate dai sistemi bancari italiano e tedesco ammontavano a circa il 98% del rispettivo Pil; (in Francia si trattava del 150%, in Inghilterra del 564% (dati tratti da Gallino, cit. in seguito).

Cifre che, tuttavia, non tengono conto di quanto pertiene alla c.d. finanza ombra, per un ammontare all’incirca eguale a quello della finanza ufficiale.

II.- A questo punto, la domanda è: come è stato possibile che si verificasse un simile disastro?

Le cause. Distinguiamo qui tra le condizioni, ovvero i presupposti (ossia le circostanze necessarie perché il fenomeno potesse verificarsi), e le azioni dirette che lo hanno determinato grazie a quelle condizioni.

1.- Per quanto attiene alle prime, ci riferiamo integralmente all’eccellente e meritorio lavoro di Luciano Gallino, uno dei migliori pensatori della nostra epoca (Il colpo di Stato di banche e governi, Einaudi, 2013: un testo che dovrebbe essere adottato nelle scuole).

Premettiamo tuttavia che, all’origine di tutto vi è la mutazione “genetica” della legge bancaria in tutto l’emisfero occidentale (e, successivamente, nel resto del mondo). Si tratta del “brodo di coltura” dei fattori virali che elencheremo in seguito.

2.- Abbiamo detto mutazione “genetica” in quanto il nuovo testo ha stravolto i dati organici della legge, mutandone le finalità e la natura medesima: un OGM inserito a forza nel tessuto sociale.

La legge bancaria, per intenderci, è l’insieme di regole che definisce natura, modalità strutturali ed operatività delle istituzioni bancarie.

Il testo originario (risalente agli anni ’30), sia fissando rigorose separazioni tra banche di investimento e di risparmio, sia stabilendo controlli e modalità operative specifiche, aveva consentito il solido sviluppo industriale del dopoguerra.

La nuova normativa, in vigore in Italia dal 1993, è stata adottata pressoché contemporaneamente in tutte le nazioni occidentali, con ciò evidenziando quale efficace livello di interconnessione e di controllo di governi e Parlamenti, la finanza abbia raggiunto.

Nel merito: l’attività bancaria, da servizio pubblico, è trasformata in attività d’impresa avente per scopo il profitto (cioè si stabilisce che il denaro della collettività diventi strumento diretto per l’ arricchimento delle banche e dei loro soci).

Queste ultime vengono totalmente privatizzate e rese autonome; viene loro consentito di dedicarsi ad attività di per se stesse pericolose per il denaro che gestiscono: gli investimenti speculativi e la partecipazione in attività imprenditoriali. Possono liberamente emettere titoli e strumenti finanziari, anche del tutto non trasparenti, senza i preventivi controlli e autorizzazioni del passato.

Una concessione palesemente densa di rischi operativi clamorosamente dissonanti con la doverosa prudenza che richiede la gestione dei risparmi della collettività.

Le banche diventano enti che possono svolgere attività finanziarie di ogni genere, a loro piacimento.

Possono creare fondi per la gestione del denaro dei clienti e concedere crediti a loro piena discrezione, in quanto vengono aboliti tutti gli esistenti controlli sul credito.

E’ infine deciso il libero accesso all’attività bancaria, così favorendo la nascita di entità para-bancarie non controllate, ed operanti come banche (la “finanza ombra).

Qualcuno ha parlato di una operazione di de-regolamentazione, ma in realtà si tratta di una radicale ri-regolamentazione, diretta a produrre quella mutazione genetica del sistema bancario sopra accennata. E’ l’abolizione di quelle regole che Carli, già nel 1973 chiamava “lacci e lacciuoli”, dando così fiato alle insofferenti aspirazioni speculative latenti nel sistema, (del quale il nostro avrebbe dovuto essere il guardiano…).

3.- L’accurata analisi del prof. Gallino segnala che già nel 1986 in Inghilterra una legge sui servizi finanziari ne modifica profondamente i criteri di base, promuovendo una generale finanziarizzazione dell’economia (v. Gallino, Finanzcapitalismo, 2013) ed autorizzando le banche all’attività di investimento.

Contestualmente, è posto in atto un particolare favore alla speculazione (razionalmente inspiegabile) consentendo alle Borse di effettuare la valutazione istantanea (anziché alla chiusura della giornata) di titoli, divise, ecc., rendendo così possibile il fast trading, una attività dichiaratamente solo affaristica.

Anche in questo caso le nuove regole vengono rapidamente adottate in tutto il mondo.

4.- La Ue si rende, fin dal suo nascere, parte attiva e guida diretta nel nuovo corso, al di là perfino delle posizioni, formalmente più caute, degli Usa.

a.- Già nel testo del Trattato costitutivo si legge: “sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitale”. Una statuizione da leggere alla rovescia: “le attuali limitazioni devono essere abolite”: un modo per edulcorare il dettato.

Del resto, sottolinea Gallino, da tempo l’Ocse aveva esercitato forti pressioni per la liberalizzazione dei capitali (e dell’attività bancaria).

Non solo l’Ocse, anche FMI e WTO (enti partoriti anch’essi dalla finanza) agivano energicamente in tal senso.

b.- Con una specifica direttiva del 1988 la Ue dispone, più esplicitamente, che “gli Stati membri aboliranno (!) le restrizioni sui movimenti di capitali, e (attueranno)la liberalizzazione dell’attività bancaria allargandone l’ambito ad ogni operazione in titoli e strumenti finanziari”. In effetti, la c.d. liberalizzazione dei movimenti di capitale è la chiave di volta per la speculazione.

c.- Questa presa di posizione viene ribadita e rafforzata da un “Piano d’azione” del 1999, (poi ancora ripreso e riaffermato con forza dall’Ecofin) per incentivare (!) l’emissione bancaria di titoli costruiti su modelli matematici, del tutto avulsi dalla economia reale. E’ la base per la sciagurata creazione dei titoli “derivati”, uno dei peggiori mostri divoratori dei risparmi delle famiglie.

d.- Il c.d. “Patto Euro Plus” interviene più a fondo per imporre stimoli alla “libera concorrenza”, imporre la eliminazione dei contratti collettivi nazionali (prontamente attuata nel nostro Paese), sollecitare riforme del diritto del lavoro, con aumento della flessibilità, nonchè la rielaborazione restrittiva dei regimi pensionistici e della sanità pubblica. (Si tratta – alla lettera – del piano di “riforme” da tempo iniziato da Berlusconi, accelerato da Monti, proseguito da Letta ed ora spinto con forza da Renzi, sotto mascherature varie).

Incidentalmente si deve rilevare che “liberalizzare” un bene pubblico, quale che esso sia – dal denaro ai beni demaniali, all’acqua, ecc.– per affidarlo a singoli privati, significa imporre una costrizione a tutto il resto della popolazione. Sostituire regole uguali per tutti (e garanzia dei diritti di ognuno) con l’arbitrio del privato, rappresenta una coartazione delle libertà civili.

e.- In Germania, apposite leggi vengono approvate per facilitare alle banche la già ammessa cartolarizzazione dei crediti bancari (che, in tal modo salgono in tre anni da 3 a 42 miliardi di euro), le partecipazioni nelle industrie, la creazione di fondi speculativi (!), l’abolizione delle esistenti regole sull’attività finanziaria , e infine la introduzione di facilitazioni fiscali per tutti gli istituti finanziari in genere.

f.- Negli Usa viene formalmente abolita nel 1999 la famosa legge Glass-Stiegall (già resa zoppicante con interventi variamente riduttivi) che vietava alle banche di operare come banche d’investimento. Nel contempo, è realizzata una completa “liberalizzazione” dell’attività bancaria, con gli stessi contenuti di quella attuata in Europa.

5.- Questo impressionante elenco evidenzia una forsennata attività normativa dei governi e delle organizzazioni internazionali, espressamente diretta a creare alla finanza quegli spazi e quella licenza operativa che questa ha poi utilizzato per creare la c.d. “crisi”, cioè il disastro per milioni di famiglie.

Speculatori finanziari e governi, in una simbiosi criminale, hanno operato congiuntamente per realizzare condizioni straordinarie di favore per la speculazione finanziaria, con gravissimo danno (prevedibile e previsto) alle popolazioni.

La classe politica, mendace e manutengola, ha operato come rappresentante della élite finanziaria per curarne gli interessi a danno delle popolazioni.

Si tratta di una alterazione dei più basilari principi sociali ed istituzionali che non ha precedenti storici di questa dimensione.

Un inaudito tradimento, giuridico e morale, è stato posto in atto. Il patto sociale è stato vergognosamente violato da una classe politica indegna che, svestendosi delle proprie funzioni pubbliche, ha utilizzato il potere affidatole dalle popolazioni per associarsi ad alcuni privati e consentire loro di arricchirsi impoverendo la collettività.

In Italia, un Napolitano, inedito direttore d’orchestra autonominatosi in violazione della Costituzione, non essendo Berlusconi abbastanza incisivo nelle “riforme”, ha addirittura posto a capo del governo un Monti, esponente della Goldman Sach’s, la banca al vertice della speculazione finanziaria mondiale. Ha poi proseguito con un Letta, l’addestrato scolaretto genuflesso. Per infine incaricare, ancora al di fuori delle scelte dell’elettorato, un Renzi, ritenuto un ottimo pifferaio d’occasione, utile per abbindolare l’elettorato con i suoi giochetti di prestigio da cabaret.

Il complotto è aggravato dalla menzogna e dall’inganno al popolo, cui si vuol far credere che la “crisi” è frutto dell’eccessiva spesa sociale (ai cui benefici deve pertanto “purtroppo” rinunciare). Inevitabili quindi, “per il bene di tutti” (!), l’aumento del precariato, la riduzione dei salari, l’incremento della disoccupazione, l’innalzamento delle imposte, la riduzione della sanità pubblica, dell’istruzione e dell’assistenza ai bisognosi, la cancellazione dei diritti del lavoro, la privatizzazione dei servizi, ecc.

Gli obbiettivi finali della crisi. Il piano politico-finanziario che i governi infidi e correi vanno realizzando per conto della cupola finanziaria mondiale – che, allo scopo, già ha realizzato idonei organismi internazionali (FMI, Bce, Ocse, WTO, ed il sistema internazionale delle banche centrali) – ha precisi obbiettivi.

a.- La privatizzazione totale dei servizi pubblici e dello stato sociale: dalla raccolta dei rifiuti all’energia, dalla sanità all’istruzione, alle pensioni, ai trasporti, ai beni demaniali, ecc. Una vasta area che promette ampie e fruttuose possibilità di investimento e lucrosi profitti, non essendo soggetta ad oscillazioni cicliche o congiunturali (secondo accreditati conteggi, il solo “stato sociale” avrebbe un bilancio complessivo, in Italia, di 3800 miliardi annui).

b.- La subordinazione di una popolazione ormai senza speranza né futuro al potere economico-finanziario. La mercificazione di beni e servizi, osserva giustamente Gallino, significa che coloro che non possono pagarli, sono costretti a rinunciarvi, aprendo la propria personale disponibilità alle soluzioni più estreme.

Come affermava il noto W. Buffet: “è in corso una guerra sociale e la stiamo vincendo”.

Infatti, e la vittoria sarà totale, ed il manicomialeMondo Nuovo di A. Huxley è già alle porte, se le popolazioni non si libereranno rapidamente di questa classe politica corrotta per rifondare dalla base il sistema politico rappresentativo. La storia dell’Umanità è giunta ad una svolta critica: dalle decisioni che i popoli sapranno assumere dipenderà il loro avvenire.

Nota: Si poteva senz’altro sorridere al racconto di quel gruppo di paranoici, autodefinitisi “Illuminati” (?) che, in un delirio di onnipotenza, dichiaravano di voler diventare i “padroni del mondo”.

Il fondatore della setta, Amschel Rothshild, con evidenti problemi psichici di stampo edipico, usava affermare: “non mi importa di chi fa le leggi, se io posso stampare la moneta”. Eravamo ancora nel ‘700 e, dopo che il gruppetto di squilibrati venne dichiarato fuorilegge, pochi avrebbero creduto che potesse avere un futuro.

E invece la setta è pienamente attiva oggi e, dopo aver conquistato il diritto di battere moneta, senza troppi scrupoli ha saputo sfruttare tutti gli abissi della miseria umana per creare una classe politica, corrotta e prezzolata, al suo pieno servizio.

Una lezione che l’Umanità non ha ancora recepito.

Angelo Casella

Uscire dal debito

Uscire dal debito

In realtà, un governo italiano competente e che abbia a cuore gli interessi degli italiani invece che del “mercato finanziario” può muoversi anche all’interno dei trattati europei. Il nostro, oltre che un articolo, è anche un appello ai cittadini italiani che trovino convincenti i fatti che abbiamo esposto e diffondano, ovunque possano, questa soluzione pratica al problema del debito, allo scopo di mettere la parola fine alle politiche di austerità che stanno soffocando l’economia italiana.

Il colpo di stato di banche e governi

Il colpo di stato di banche e governi

il governo americano ha sostenuto le banche per quasi trenta trilioni di dollari, nella forma di prestiti e garanzie, in parte rientrati e in parte no, mentre alla fine del 2010 la Commissione Europea ha autorizzato aiuti alle banche per più di 4 trilioni di dollari. Con questi interventi la crisi finanziaria, che fino all’inizio del 2010 era una crisi di banche private e non si era tramutata in una catastrofe mondiale, è stata caricata sui bilanci pubblici che così hanno salvato i bilanci privati.

Francesco Sylos Labini