La repressione finanziaria come antidoto all’ERF

Stiamo parlando dell’ European Redemption Fund (contraddistinto dall’acronimo ERF) cioè fondo di redenzione europeo, elocuzione in limine al misticismo, come se gli Stati fossero dei peccatori in procinto di espiare i propri peccati.
Tecnicamente l’ERF è il “precipitato applicativo” del Fiscal Compact. Poiché nessuno degli Stati europei riuscirà da solo a far fronte agli enormi oneri finanziari derivanti dal Fiscal Compact, verrà creato un fondo comune ad hoc con il compito di emettere euro-union-bond; gli Stati aderenti, però, saranno costretti a conferire in garanzia gran parte dei propri assets (nella fattispecie italiana: ENI, ENEL FINMECCANICA, ecc), parte della fiscalità e parte del patrimonio immobiliare.

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Brevemente le caratteristiche fondamentali di una economia finanziariamente repressa sono:
1) una banca centrale che non è indipendente dal Governo, ma che al contrario è uno strumento del Governo stesso ed è chiamata a finanziarne il fabbisogno.
2) le altre istituzioni finanziarie (le banche e i fondi pensioni) non sono indipendenti dallo Stato, ma sono sotto il suo diretto controllo e lo Stato stesso impone loro dei vincoli di portafoglio obbligandoli ad acquistare una certa quantità di titoli di debito pubblico.
3) il costo del denaro non è stabilito dai mercati, come avviene oggi, ma è gestito e indirizzato direttamente dallo Stato.

In altri termini lo Stato, tra le tante opzioni possibili, ha scelto, a partire dal 1981 in poi, di finanziarsi indebitandosi con le banche nell’ottica di redistribuire maggiori ricchezze al settore creditizio a scapito della collettività. Abbiamo visto che prima di questa data non era così (anzi era esattamente il contrario) e potrebbe tornare di nuovo a non essere più così qualora prevalesse una diversa volontà politica che oggi, però, (purtroppo!) appare del tutto assente all’interno del Parlamento nazionale.

Andrea Riaca

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