Il prossimo giovedì verrà siglato a Roma il cosiddetto “Trattato del Quirinale”. Macron e Draghi, alla presenza di Mattarella, firmeranno un misterioso documento sui cui contenuti nulla è dato di sapere. Perfino i membri del Parlamento sono stati tenuti all’oscuro. Ufficialmente si tratta di coordinamento in materia di politica europea ed estera, di sicurezza e di difesa, di politica migratoria, di economia, di scuola, ricerca, cultura e cooperazione transfrontaliera. L’assenza di informazioni ha fatto sorgere il sospetto che possa trattarsi della riedizione di quegli accordi bilaterali di Caen, del 2015, con il quale il Governo Renzi aveva tentato di cedere alla Francia acque territoriali dei mari di Sardegna, Toscana e Liguria che il Parlamento fortunatamente non ratificò. Allo stato attuale, con l’insediamento del governo Draghi, di un governo di unità nazionale eurocrartico che governa con maggioranze bulgare, sarebbe assai difficile che un parlamento, ormai espropriato delle sue funzioni istituzionali, si possa opporre alla ratifica di un trattato con la Francia. Si aggiunga inoltre che sussiste tra Draghi e Macron una evidente affinità sia ideologica che politica. Ora, sembra che gli amici dei francesi, molto numerosi tra i nostri politici – basti scorrere l’elenco dei decorati con la Legion D’Onore, in maggioranza del PD – siano tornati alla carica ed anche per le forti pressioni di Mattarella, ora si sia giunti alla vigilia della firma. Il deputato della Lega, Claudio Borghi, così come la Meloni, denunciano l’estromissione del Parlamento riguardo il contenuto del documento, mentre, il politologo Carlo Pelanda, sulla base delle indiscrezioni trapelate, paventa come questa firma sancirebbe “un’auto-annessione alla Francia, industriale e strategica.
Il cosiddetto green pass è qualcosa di veramente abominevole, sia per la sua totale inutilità, sia per la garrota che mette al collo delle libertà più elementari e non ultimo per il suo nome, ovviamente nella lingua ufficiale e autorizzata della menzogna, che non centra niente con un permesso vaccinale, ma come ogni cosa nella cattività contemporanea, allude ad altro, cerca di sfuggire alle proprie responsabilità. E ci avrei giurato che proprio l’impiegatuccio dei Rothschild, ovvero Macron sarebbe stato il primo a saltare il fosso e a proporre la segregazione dei non vaccinati dai locali pubblici ad onta del fatto che siano proprio i vaccinati i maggiori diffusori del morto che infuria sui media e non nel mondo reale. Certo ha sfidato i francesi che infatti stanno dimostrando nelle piazze, ma a lui importa pochissimo: come presidente e come politico è già bruciato e l’unica soluzione per lui di rimanere a galla è mostrarsi quanto più ligio possibile ai poteri che lo hanno creato dal nulla o forse biblicamente dal fango e ne hanno accuratamente orchestrato l’elezione.
Il movimento dei Gilet Gialli è iniziato il 17 novembre 2018 come reazione dei cittadini alle proposte del governo per aumentare le tasse sul carburante. Ampliando gradualmente il suo appello antielitario per una maggiore giustizia sociale e fiscale in Francia, molte delle proteste del fine settimana sono degenerate in scontri violenti che hanno coinvolto manifestanti, anarchici, elementi criminali e polizia.
Nota: Mentre il Governo francese si unisce alle proteste internazionali per la repressione delle manifestazioni ad Hong Kong, lo stesso Macron finge di ignorare la repressione delle proteste dei “gilet gialli che in Francia ha lasciato sul campo molti feriti ed un numero di arresti che sono superiori rispetto a quelli di Hong Kong. Per questo motivo il governo di Macron viene tacciato di ipocrisia e di strabismo.
Nonostante il fatto che alcuni organi di stampa lo abbiano erroneamente indicata come una “rivolta contro il blocco”, in realtà gli scontri sono iniziati a seguito di un incidente tra la polizia francese e un motociclista di 30 anni. Quest’ultimo è stato gravemente ferito in circostanze che sono ancora sotto inchiesta.
Gli scontri tra manifestanti e polizia nel sobborgo parigino di Villeneuve-la-Garenne sono proseguiti il 21 aprile con un video di proteste che mostrava persone lanciare fuochi d’artificio contro le forze dell’ordine. La polizia, a sua volta, ha schierato rinforzi per affrontare i disordini.
Le proteste si sono estese alle comunità vicine di Asnieres, Aulnay-sous-Bois, Saint-Denis, Villepinte e Neuilly-sur-Marne, così come in alcune parti del dipartimento Hauts-de-Seine nella periferia occidentale di Parigi. Le autorità di Saint-Denis hanno riferito all’AFP che le proteste scoppiate dal 20 aprile hanno iniziato a placarsi verso le 23:00 ora locale, aggiungendo che non ci sono stati veri e propri scontri tra i manifestanti e la polizia.
I video presumibilmente ripresi dalla scena degli scontri suggeriscono che i rivoltosi hanno dato fuoco ai bidoni della spazzatura e lanciato fuochi d’artificio non solo nella direzione delle forze dell’ordine, ma anche dei vigili del fuoco, che sono venuti per spegnere gli incendi che si presume siano stati appiccati dagli stessi manifestanti.
Automobilista ferito
I disordini, che in precedenza erano stati segnalati come “antiblocco” dal tabloid britannico Daily Mail, sono iniziati a seguito di un incidente che ha lasciato un motociclista di 30 anni con una gamba rotta dopo essersi scontrato con la portiera aperta di un’auto polizia. Le circostanze dell’incidente, incluso il motivo per cui la portiera era stata aperta in primo luogo, sono finora poco chiare.
Le autorità affermano che la polizia ha aperto la portiera perché stavano per fermare il motociclista, che viaggiava ad alta velocità. Allo stesso tempo, ci sono alcuni testimoni e video che descrivono gli incidenti sui social media e che hanno indicato che la portiera sarebbe stata deliberatamente aperta nel tentativo di fermare il motociclista.
Oltre un milione di persone sulle strade di Francia, secondo le stime ufficiali che come sempre nell’Exagone sono un terzo di quelle reali per lo sciopero generale contro la riforma pensionistica di Macron; la regione parigina dove vive un quarto della popolazione francese è rimasta letteralmente paralizzata facendo risaltare il fallimento totale della mobilitazione macroniana delle dite private come Flixbus per surrogare il trasporto pubblico; la radicalizzazione della base sindacale che ha quasi trascinato le organizzazioni dei lavoratori in uno sciopero a oltranza; la rivolta dei corpi intermedi sempre più sacrificati e abbandonati a cominciare da Sarcozy, ma umiliati definitivamente da Macron. Insomma una miscela incendiaria che da un anno a questa parte alimenta un ritorno alla lotta sociale slegata dalle “compatibilità” col sistema che è stata la stella polare degli ultimi 20 anni e che appunto non è stata lotta, ma compromesso al minimo livello perché è il potere e l’economia che devono essere compatibili con la civiltà, non il contrario. Tutto questo ha avuto l’effetto di collegare tra loro tra di loro gilet gialli e sindacati, ma soprattutto di smentire nei fatti quella frattura tra giovani e vecchi che è stata la favola assurda e cretina raccontata dal neoliberismo in maniera da dividere e comandare, da spezzare i diritti e confondere le ultime generazioni.
Pubblichiamo la trascrizione di questo breve video in cui la blogger francese Coralie Delaume spiega per sommi ma precisi capi il contenuto dell’accordo del 2015 tra gestori autostradali e governo francese (accordo firmato da Macron, allora Ministro dell’Industria). L’accordo, gravemente squilibrato a favore delle società concessionarie e contro gli interessi degli automobilisti francesi, era ovviamente stato secretato e solo in seguito alla battaglia legale di un attivista ha potuto finalmente essere reso noto al pubblico. Cose che accadono in Francia, ma non solo, come ben sappiamo anche noi in Italia dopo la drammatica vicenda del ponte Morandi. Ovunque le istituzioni pubbliche vengano “catturate” dai sedicenti competenti provenienti dalla élite, esse difendono gli interessi della classe che rappresentano a scapito della gran massa dei cittadini, e grazie anche alla compiacenza dei grandi media cercano di coprire la verità dei fatti. Spetta ai pochi bravi giornalisti d’inchiesta far emergere la verità, e ai cittadini trarne le conseguenze al momento del voto.
Coralie Delaume, 4 Aprile 2019
Traduzione per Vocidallestero di Carlo Rimassa
Il 18 marzo scorso il Consiglio di Stato ha dato ragione a Raymond Avrillier, militante ecologista di Grenoble, sconfessando l’ex Ministro dell’Economia, Emmanuel Macron. Il Consiglio ha ingiunto allo Stato di rendere pubblico un accordo segreto firmato nel 2015 da Ségolène Royal, all’epoca Ministro dell’Ecologia, Emmanuel Macron, come detto Ministro dell’Economia, e le societa’ concessionarie delle autostrade francesi. Il testo dell’accordo è ormai pubblico, e qui ne daremo un breve sommario. Segnalo inoltre che si può avere il resoconto completo di tutta la vicenda delle privatizzazioni dellle autostrade, a partire dall’inizio degli anni 2000 fino a giorni nostri, leggendo la lunga inchiesta di Benoit Collombat, giornalista della cellula investigativa di Radio France. Si tratta di una inchiesta corredata di numerosi documenti, pubblicata lo scorso 30 Marzo e dal Titolo: Autostrade – Storia segreta della privatizzazione
Il Supremo Consiglio delle tribù e città libiche nella regione occidentale dichiarava che “ciò che accade nella capitale Tripoli negli ultimi 8 anni non è altro che ingerenza delle milizie e del loro controllo sulle articolazioni dello Stato, con l’aiuto dei terroristi e guidati da capi stranieri”. Il Consiglio dichiarava che tali milizie usavano l’immigrazione clandestina come fonte di reddito, assieme a contrabbando di droga e carburante, furto di fondi bancari, e che ricorrevano all’intervento straniero, culminato nella violazione della sovranità nazionale della Libia. La dichiarazione condannava l’attacco aereo straniero sulla città di Tarhuna, uccidendo civili e soldati dell’esercito popolare. Il Consiglio esprimeva stupore per la Missione delle Nazioni Unite in Libia che aveva lasciato i prigionieri politici della Jamahiriya ed ufficiali dell’Esercito popolare nelle mani delle milizie, mentre si preoccupava dei migranti illegali e del loro desiderio di allontanarli dalle aree degli scontri, mostrando così la doppia morale della Missione ONU. Il consiglio dichiarava infine che le tribù marceranno libereranno i loro figli dalle prigioni delle milizie nel caso la missione delle Nazioni Unite non si assumesse le proprie responsabilità nei loro confronti, confermando di sostenere i fratelli di Tarhuna e che qualsiasi aggressione su Tarhuna sarà considerata come diretta contro le tribù e le città dell’ovest libico.
“La Francia negli ultimi due decenni ha comprato talmente tante società da diventare il Paese europeo che avrebbe più da perdere in caso di crollo economico-finanziario italiano. La dimensione delle acquisizioni e dell’intervento francese in Italia è stato così grande in termini dimensionali e così sbilanciato da determinare una situazione che avrebbe eguali sono nei casi di ex-colonie. L’Italia ha scelto di farsi comprare convinta che legandosi alla Francia avrebbe maggiore riparo in sede europea; oggi la Francia non può augurarsi un fallimento dell’Italia: telecomunicazioni, media, banche, assicurazioni, energia, industria, lusso, alimentare… non c’è un settore in cui non faccia capolino una società francese con ruoli di rilievo. Comprare o fondersi con la principale banca italiana non può essere un caso, soprattutto in una fase così delicata per l’economia italiana. Bisogna quindi chiedersi perché incrementare l’esposizione in Italia e perché oggi”.
Ora si capiscono meglio tutte quelle Legion d’Onore sparse a piene mani sui petti dei nostri piddini e governanti ed esponenti del nostro Deep State, ovviamente “democratico”. Qui sotto per l’elenco:
Ora, il nuovo governo può e deve proibire questa fusione sulla base dell’interesse strategico nazionale.
Per giunta, Macron è politicamente alle corde. Un suo ministro, Nicolas Hulot dell’ecologia, s’è dimesso sbattendo la porta ha annunciato la sua dimissione in tv, senza consultare l’Eliseo);
i risultati economici del “macronismo” sono disastrosi.
“La Francia registra il calo della disoccupazione più basso d’Europa. Il miracolo produttivo non s’è verificato.
La produzione industriale del paese è aumentata dello 0% da settembre 2017, in confronto all’1,7 della Germania e al 5% della Svezia. La perdita di competitività continua, il debito è ormai il 100 % in rapporto al Pil, quest’anno il paese sforerà il limite di deficit del 3% (inutile ma necessario per farsi stimare da Berlino), la Francia è deficitaria per 50 miliardi delle partite correnti verso gli altri paesi dell’UE, anche verso l’Italia. Fra aumenti delle imposte e rincari (2,6 di aumento dle costo della vita, solo Romania e Bulgaria fano peggio) Macron è riuscito a ridrre il potere d’acquisto dei lavoratori in pensione del 10% in due anni, un record”.
Inoltre, “le riforme di Macron non sono strutturali, non modernizzano il paese”.
Un po’ di titoli a caso, di media economici o di blogger:
Budget 2019: pitoyable défaite
(Budget 2019, pietosa disfatta, BFM)
“Improvvisazione politicante che mira a inventare una ppolitica del potere d’acquisto e mancano di rigore intellettuale (Le Journal du Dimanche)
Nouvelle attaque de Macron contre les retraités
(nuovo attacco di Macron contro i pensionati)
Crise de l’immobilier, crise de sens, crise de la raison et de l’intelligence
(crisi dell’immobiliare, crisi di senso, crisi della ragione e dell’intelligenza)
“La classe politique n’a pas conscience du désastre dans lequel notre patrimoine est plongé»
“La classe politica non ha coscienza del disastro in cui il nostro patrimonio è affondato” (Figaro)
Secondo Michel Geoffroy, autore di La Super-classe mondiale contre les peuples (quindi sovranista), il clima prevalente oggi è una sorta di rassegnazione tragica . “La Destra è in coma profondo. A sinistra, i sindacati non riescono a mobilitare: gli si risponde, “a che serve?”. A che serve, perché Macron dispone di tutti i poteri. Gode del sostegno dei media, delle lobbies, della Davos-crazia. I suoi deputati senza esperienza votano a catena tutti i progetti di legge che presenta il governo, stakanovisti del voto. Persino gli alti funzionari [una istituzione-pilastro de la République] assistono senza reagire alla decostruzione sistematica dello Stato repubblicano e presto alla loro propra scomparsa, perché il governo promette di sostituirli con precari a contratto reclutati sul mercato”.
Ma allora tutto è passività e rassegnazione? No. “Questo silenzio apparente della Francia nasconde una collera fredda e una rottura abissale tra il paese reale e il paese legale, come fra occupanti ed occupati“. Geoffroy compara l’ggi al “1940, dopo il collasso di giugno dell’armata, quando la Francia sbalordita dalla vergogna e dalla disfatta, non sapeva più che fare, dava fiducia al mareciallo Pétain”….Come allora, però, Macron opera come un agente della Germania. “il suo Potere dà la caccia alla dissidenza, i suoi sbirri associativi la denunciano alla polizia, la trascinano nei tribunali, la censurano sui social – secondo le procedure repressive usate al di là del Reno, perché ancora come allora, Macron è a rimorchio della Germania”.
A questo punto?
“Come nel 1940, il Potere non si rende conto che la dissidenza progredisce nei cuori. Il caos migratorio sta risvegliando a poco a poco l’Europa. un grande movimento storico prende forma. Come nel ’40, il Potere si illude di mantenerne estranea la Francia”. Questa rassegnazione sembra a Geoffory un annuncio della rivolta.
Esagera? Ma lo stesso Macron sembra aver avvertito qualcosa, se ha diffuso questo stupefacente messaggino:
“coloro che credevano all’avvento di un popolo mondializzato si sono profondamente ingannati. Dovunque nel mondo l’identità dei popoli è tornata. Ed è in fondo una buona cosa”.
Sta venendo fuori tutto. Benalla, la guardia del corpo personale di Macron, aveva le chiavi della villa del Toquet, proprietà privatissima di Brigitte ed Emmanuel: viveva “In intimità con la coppia presidenziale”. Aveva ricevuto dalla DGSI (spionaggio interno) l’abilitazione “Sécret Défense”, come un membro importante del governo. Era stato fornito di un badge che gli dava accesso privilegiato all’Assemblea Nazionale, come un parlamentare. Era interno al Grande Oriente di Francia, collegato con la Loggia Emir Abdel Kader.
Soprattutto, Benalla ha un legame preciso con i mega-attentati “islamici” del 13 novembre 2016 (Bataclàn, Stade de France, con cento morti), su cui si stese immediatamente la sensazione che fosse un false flag governativo. Ha fatto reclutare “Makao”, l’altra gigantesca guardia del corpo di Maron, e Makao è a sua volta amico di Awad Bendaud, un delinquente comune che ha ammesso di aver ospitato in un suo appartamento di Saint Denis, “senza sapere chi fossero”, i due ultimi (pretesi) attentatori in fuga dopo l’eccidio del Bataclàn
Sta venendo fuori di tutto e di più, Macron aggrava la sua situazione tacendo, tremebondo, rintanato fra le braccia di Brigitte, lui che s’era creduto Napoleone….Un crollo ben meritato, dopo mesi di esaltazione e di pretesa gloria.
Che caduta. Che caduta di questo “giovane banchiere ambizioso senza esperienza elettorale, senza partito, senza militanti né radicamento territoriale, ma col sostegno senza falle della finanza, praticamente di tutti i media, delle multinazionali”, come scrive il suo biografo Olivier Piacentini; il giovine che Jacques Attali (già banchiere della Banca Europea dello Sviluppo, l’eminenza grigia del Trattato di Maastricht e di tutti i presidenti e delle grandi imprese), aveva già “previsto” in una intervista del 21 aprile 2016, quando ancora nessuno conosceva Macron: “Ho sempre pensato che il prossimo presidente della repubblica sarà uno sconosciuto. I francesi vogliono due cose: un programma ed una azione chiara ed un uomo nuovo. Vedo con piacere che Emmanuel Macron [..] ha proposto di prendere i migranti sul serio e di ritenere che è una fortuna per la Francia”. ( https://www.lci.fr/france/linvite-darlette-chabot-jacques-attali-1255991.html).
Profezia stupefacente. Dopo di che, come sapete e dice Piacentini, “i francesi non hanno votato Macron; è stato loro impedito, per buone e cattive ragioni, di votare per altri”. Perché “nella persona di Macron, Attali ha trovato la perla rara: il candidato che parla il linguaggio delle elites, della mondializzazione, della finanza, dell’Unione Europea, liberato dai partiti e che risponderà solo alla cerchia di iniziati nel giro di Attali”.
Ma allora, la caduta di Emmanuel travolto dallo scandalo della sua guardia del corpo, è anche la caduta di Attali e lo scacco del suo progetto?
Meglio non correre. C’è un indizio da tener presente: il video che mostra Benallah mentre, il primo maggio, pesta degli studenti, è stato rivelato per primo da Le Monde. Non dal Canard Enchainé, ma da Le Monde. Il grigio quotidiano più ufficiale che esista, il punto di riferimento e portavoce dei poteri veri, del deep state francese, si può dire. Un tipo di direzione giornalistica che, avuto questo tipo di video, l’avrebbe riposto nel cassetto- dopo aver rispettosamente avvertito l’Eliseo, s’intende.
Se dunque Le Monde ha deciso di lanciare il sasso che ha prodotto la frana su Macron, vuol dire che è stato “autorizzato”. Da chi e perché?
Un articolo non firmato di Egalité et Réconciliation, il sito anti-globalista di Alain Soral, si pone la domanda e prova dare la risposta. Raccoglie indizi. Per esempio François Pinault, multimiliardario padrone di un conglomerato del lusso (34 miliardi di patrimonio, possiede Palazzo Grassi a Venezia), due settimane prima aveva fatto sapere: “Macron non capisce la gente modesta” (les petites gens). Un messaggio in codice, da parte di un potente – amico tra l’altro del ben noto Bernard Henry Lévy? Il progetto di grande riforma della UE secondo i desideri dell’oligarchia, che Macron aveva avuto il mandato di cercare di imporre alla Merkel (“Più Europa”), è fallito. Più in generale, la “cerchia” che fa capo ad Attali ha dovuto constatare le numerose sconfitte che il loro protetto e promosso “volto nuovo” ha accumulato, a danno della causa globalista ed oligarchica. Dalla figura imbarazzante che ha fatto sulla questione dei migranti rispetto a Salvini, al distacco sempre più ostentato del Gruppo di Visegrad, fino al profilarsi di “una alleanza populista dei governi italiano, ungherese, austriaco contro l’asse Parigi-Berlino-Bruxelles e i suoi commissari”. (Le Monde 4 luglio).
Il nuovo clima politico internazionale, scrive E&R, è sfavorevole “al presidente-banchiere LGBT. Creato per salvare le ambizioni transatlantiche e finanzi ariste dell’Unione Europa, il gioiellino di Attali è preso nella tenaglia fra i nazionalisti che promuovono il capitalismo produttivista industriale (l’alleanza Trump-Salvini-Putin che punta a smantellare la UE) e la pressione bellicista e nervosa della rete atlantico-sionista che tanto smisurato potere ha in Francia”, Macron “ebbro di Mondiale di calcio, di Gay Pride e di Festa della Musica, non è capace di adeguare la strategia alla nuova situazione.
Attali e la sua cerchia stanno elaborando una strategia adatta ai tempi. “Bisogna adattarsi al nuovo rapporto di forza per contrastare l’emergenza del populismo sociale”.
Di fatto, proprio di recente, durante gli “Incontri Economici di Aix en Provence”, un forum estivo di quelli che contano (c’era anche Mario Monti) Jacques Attali ha delineato la nuova tattica: non opporsi al “nazionalismo”, ma adottarlo in qualche modo. Alla conferenza, indossato di nuovo il cappello di mago, profeta e futurologo, ha annunciato l’era del “nazional-globalismo, del nazional-nomadismo, della “nazional-governance”….
Alain Soral: “Per contrare il nazional-populismo, Attali lancia il nazional-globalismo: il nazionalismo senza i nazionalisti”.
Cosa può essere il “nazional-globalismo”? Evidentemente la teoria è incipiente, ha bisogno ancora di ritocchi. Ma quel che conta, ha detto Attali, è la direttiva:
“Non si deve lasciare la nazione ai nazionalisti”.
Che coincidenza: è lo stesso argomento che il professor Ernesto Galli Della Loggia ha usato in uno dei suoi fondi sul Corriere, venerdì 20 luglio.
Ha attaccato “l’establishment italiano” per essersi “infatuato dell’idea europeista più acritica” , addirittura fino alla rinuncia alla sovranità”(sic), perché in questo modo, “ha regalato il tema della nazione” a populisti estremisti come Salvini. Dunque bisogna “recuperare l’idea di nazione” ma per sottrarla a Salvini.
La contorsione del ragionamento è stata notata da Antonio Socci in un articolo beffardo, dal titolo: “Lo strano caso di Galli Della Loggia e del Corriere. Salvini ha il torto di aver ragione senza essere di sinistra. E non gli sarà perdonato”.
Guarda caso, anche L’Espresso ha pubblicato un articolo, a firma di Roberto Esposito, dove ha “scoperto” che anche la sinistra “recupera l’idea di nazione”. Titolo: “Ora l’identità piace a sinistra”. Lo stesso Galli Della Loggia nota ironico al proposito: “Riscalda l’animo assistere oggi, pur di sbarazzarsi di Salvini, alla rivalutazione della lingua, della bandiera, delle insegne militari, del sangue e del cuore…fa piacere vedere rimesso in auge quel concetto di identità che per tanto tempo il benpensante progressista ha giudicato qualcosa che andava assolutamente escluso dalla storia”.
Potenza di Attali, si potrebbe dire. I liberi media mainstream “de sinistra” cominciano a suonare il nuovo tema,, e a trovar dei meriti nell’”Identità”. Pur di sbarazzarsi di Salvini.
Presto assisteremo ad una rivalutazione da sinistra, mediatica, di una “nazione” ma senza sovranità, fatta di “bandiera sangue e cuore” ma innocua per la finanza globale? A cosa potrà somigliare? Forse ad un riduzione sub-razionale e regressiva, “sangue e suolo”, delle istanze nazionali autentiche: che non sono tribali, ma razionali: la coscienza che “lo Stato Nazione è l’unico contenitore istituzionale per esercitare la volontà popolare”, ossia la democrazia – e la solidarietà fra cittadini secondo diritto, l’uguaglianza e la giustizia sociale (destra dei valori, sinistra del lavoro, come dice Soral). Il “sovranismo” non è un sentimentalismo; è la presa d’atto matura e consapevole (da Pater Familias secondo il diritto romano) Wall Street, Fondo Monetario, Unione Europea, sono strumenti di oppressione politica perché non sono responsabili verso le cittadinanze.
Cosa sarà un “Identitarismo” che non metta in discussione l’Organizzazione Mondiale del Commercio, come lo vuole e progetta Attali? Un militarismo ottuso? Sangue e suolo? Un tribalismo negroide? Un pullulare di particolarismi? (corsivo nostro)
La rivolta dell’Armée
Frattanto, Nicoals Bonnal segnala una sorta di “ammutinamento” delle forze armate e polizie, che Macron ha umiliato ed hanno fondatissimi motivi di detestarlo. Secondo lui, non è stato un goffo incidente quello che ha visto la squadriglia acrobatica, il 14 luglio, aggiungere una linea rossa al tricolore francese: “La red line è un avvertimento nel linguaggio militare, per preavvertire che la rottura è vicina”.
Anche i due motociclisti della guardia presidenziale che goffamente “cadono” proprio davanti alla tribuna presidenziale, secondo Bonnal, l’hanno fatto “in omaggio a Marc Granier, motociclista emerito della Guardia presidenziale, 30 anni di servizio, internato in ospedale psichiatrico per aver parlato”. Il 4 maggio, in un video di 18 minuti, Marc Granié ha denunciato”gli assassini e gli altri delitti commessi dall’oligarchia che ha preso possesso del Paese”, parlando di “Un colpo di Stato”. Attualmente, nessuno sa dove sia.
Certo è che il potente Prefetto di Parigi, Michel Delpuech, in audizione all’assemblea nazionale lunedì 23 luglio, non ha esitato a situare lo scandalo Benalla come conseguenza di “derive individuali, inaccettabili, condannabili, in un quadro di favoritismo malsano. Mai un prefetto si era permesso di pronunciare un’accusa così forte e diretta verso un presidente francese; con quel “favoritismo malsano”, Delpuech è giunto a sfiorare l’aperta allusione all’omosessualità di Macron. Palesemente, tutta la sécurité ne ha piene le scatole del ragazzotto.
Il difficile è liberarsi di Macron. La legge rende il presidente-re praticamente inamovibile. “Ora, bisogna tenere i quattro anni che vengono, nonostante il rigetto viscerale della nazione, nella lacerazione del corpo elettorale del caos politico”, ha scritto Le Figaro.
A meno che Attali non escogiti qualche altro mezzo per smaltire la sua scelta sbagliata, che ha mancato ai compiti, s’è comportata come un bambino viziato e ormai non serve più.
Quando Sékou Touré della Guinea decise nel 1958 di uscire dall’impero coloniale francese, e optò per l’indipendenza del paese, l’elite coloniale francese a Parigi andò su tutte le furie e, con uno storico gesto, l’amministrazione francese della Guinea distrusse qualsiasi cosa che nel paese rappresentasse quelli che definivano i vantaggi della colonizzazione francese.
Tremila francesi lasciarono il paese, prendendo tutte le proprietà e distruggendo qualsiasi cosa che non si muovesse: scuole, ambulatori, immobili dell’amministrazione pubblica furono distrutti; macchine, libri, strumenti degli istituti di ricerca, trattori furono sabotati; i cavalli e le mucche nelle fattorie furono uccisi, e le derrate alimentari nei magazzini furono bruciate o avvelenate.
L’obiettivo di questo gesto indegno era quello di mandare un messaggio chiaro a tutte le altre colonie che il costo di rigettare la Francia sarebbe stato molto alto.
Lentamente la paura serpeggiò tra le elite africane e nessuno dopo gli eventi della Guinea trovò mai il coraggio di seguire l’esempio di Sékou Touré, il cui slogan fu “Preferiamo la libertà in povertà all’opulenza nella schiavitù.”
Sylvanus Olympio, il primo presidente della Repubblica del Togo, un piccolo paese in Africa occidentale, trovò una soluzione a metà strada con i francesi. Non voleva che il suo paese continuasse ad essere un dominio francese, perciò rifiutò di siglare il patto di continuazione della colonizzazione proposto da De Gaule, tuttavia si accordò per pagare un debito annuale alla Francia per i cosiddetti benefici ottenuti dal Togo grazie alla colonizzazione francese. Era l’unica condizione affinché i francesi non distruggessero prima di lasciare.Tuttavia, l’ammontare chiesto dalla Francia era talmente elevato che il rimborso del cosiddetto “debito coloniale” si aggirava al 40% del debito del paese nel 1963. La situazione finanziaria del neo indipendente Togo era veramente instabile, così per risolvere la situazione, Olympio decise di uscire dalla moneta coloniale francese FCFA (il franco delle colonie africane francesi), e coniò la moneta del suo paese. Il 13 gennaio 1963, tre giorni dopo aver iniziato a stampare la moneta del suo paese, uno squadrone di soldati analfabeti appoggiati dalla Francia uccise il primo presidente eletto della neo indipendente Africa. Olympio fu ucciso da un ex sergente della Legione Straniera di nome Etienne Gnassingbeche si suppone ricevette un compenso di $612 dalla locale ambasciata francese per il lavoro di assassino. Il sogno di Olympio era quello di costruire un paese indipendente e autosufficiente. Tuttavia ai francesi non piaceva l’idea. Il 30 giugno 1962, Modiba Keita , il primo presidente della Repubblica del Mali, decise di uscire dalla moneta coloniale francese FCFA imposta a 12 neo indipendenti paesi africani. Per il presidente maliano, che era più incline ad un’economia socialista, era chiaro che il patto di continuazione della colonizzazione con la Francia era una trappola, un fardello per lo sviluppo del paese. Il 19 novembre 1968, proprio come Olympio, Keita fu vittima di un colpo di stato guidato da un altro ex soldato della Legione Straniera francese, il luogotenente Moussa Traoré. Infatti durante quel turbolento periodo in cui gli africani lottavano per liberarsi dalla colonizzazione europea, la Francia usò ripetutamente molti ex legionari stranieri per guidare colpi di stato contro i presidente eletti:– Il 1 gennaio 1966, Jean-Bédel Bokassa, un ex soldato francese della legione straniera, guidò un colpo di stato contro David Dacko, il primo presidente della Repubblica Centrafricana.
– Il 3 gennaio 1966, Maurice Yaméogo, il primo presidente della Repubblica dell’Alto Volta, oggi Burkina Faso, fu vittima di un colpo di stato condotto da Aboubacar Sangoulé Lamizana, un ex legionario francese che combatté con i francesi in Indonesia e Algeria contro le indipendenze di quei paesi.
– il 26 ottobre 1972, Mathieu Kérékou che era una guardia del corpo del presidente Hubert Maga, il primo presidente della Repubblica del Benin, guidò un colpo di stato contro il presidente, dopo aver frequentato le scuole militari francesi dal 1968 al 1970.
Negli ultimi 50 anni un totale di 67 colpi di stato si sono susseguiti in 26 paesi africani, 16 di quest’ultimi sono ex colonie francesi, il che significa che il 61% dei colpi di stato si sono verificati nell’Africa francofona.