Liberismo come Totalitarismo

Così, di “pulizia ideologica” in “pulizia ideologica”, noi usiamo autopurificarci e autoassolverci da ogni possibile colpa, da ogni possibile bruttura: e affermare con luminosa sicurezza che la nostra democrazia liberal-liberista corrisponde al Migliore dei Mondi Possibili, salvo ulteriore, infinita perfettibilità sulla quale indefettibilmente marciamo. Basterà amministrare l’esistente. Si è cercato perfino di “esportarla”, quella nostra democrazia: con esiti purtroppo ormai ben noti.

Nel nome di questa logica aberrante, di solito accompagnata da una profonda ignoranza della nostra stessa storia – segnatamente di quella dei secoli XVI-XX fuori dal continente europeo, quindi del colonialismo, della decolonizzazione e della ricolonizzazione economico-finanzario-tecnologica – l’Occidente liberal-liberistico, i suoi gregari e i suoi complici usano proclamarsi liberi da qualunque colpa, innocenti di qualunque crimine. E’ nel nome di essa che l’attuale presidente di quella potenza mondiale che più e meglio di qualunque altra l’ha fatta propria può visitare con almeno apparente tranquillità la città di Hiroshima e dichiarare che gli Stati Uniti d’America non hanno scuse da fare a nessuno.

Già: le scuse. Un tema frequente, persino abusato. Ma quelle dalla Chiesa ripetutamente presentate al genere umano dai papi Giovanni Paolo II e Francesco, nel nome di quei figli di essa che nel corso dei secoli si sono allontanati dalla Parola del Cristo offendendo e opprimendo i fratelli, non bastano mai: nessun potente responsabile di stati o di Chiese che pur avrebbero tanto da farsi perdonare ha seguito il luminoso esempio di quei due pontefici, molti di essi però se ne sono dichiarati solo parzialmente soddisfatti…

La tirannia del profitto, che ora sta addirittura marciando a passi da gigante verso il danaro virtuale (così riuscirà paradossalmente a raggiungere uno dei traguardi utopici del bolscevismo, l’abolizione della moneta), sarà forse in apparenza più comoda ma è in realtà di gran lunga peggiore di entrambe: anche perché si accompagna a forti dosi anestetiche di organizzazione mediatica del consenso. Banche, borse, centri mediatici, ipermarkets e centri commerciali ne sono i templi e al tempo stesso le consumistiche fumerie d’oppio nelle quali senso critico e libertà si anastetizzano, si ottundono, si addormentano. I criminali assassini che più o meno occultamente (ormai, nemmeno più tanto) ci governano, non opprimono e non sopprimono nessuno con l’esplicita violenza nel nome della razza o della classe sociale o della fede religiosa: opprimono e sopprimono con la corruzione e l’assuefazione che generano disimpegno e consenso, e loro scopi sono la ricchezza, il danaro, il profitto, ancora più squallidi e infami del potere conseguito per affermare una tirannia ideologica…

Ma, come diceva il vecchio Brecht, il ventre che ha partorito questi mostri è ancora gravido. I nipotini dei massacratori otto-novecenteschi sono ancora al potere e al lavoro: anzi, sono più protervi di prima dietro le loro “rispettabili” maschere di finanzieri, di chief executive officiers, di tecnocrati, di “consiglieri militari”. Con il dato aggravante e inquietante che queste élites “dirigenti”, sia i tecnocrati e gli strateghi politici che ne sono la guida e ne godono nonché ne distribuiscono i profitti sia i politici che si presentano ad esserne esecutori, sembrano ormai brillare per ottusità, per inefficienza, per incompetenza, per incapacità di prevedere e di programmare il futuro.[15]

E noi ne siamo schiavi: con l’aggravante che moltissimi di noi non sospettano nemmeno di esserlo.[16] Ha ragione Marco Revelli: la lotta di classe esiste, e l’hanno vinta loro. “Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!”, proclamavano Marx ed Engels. Il mondo dominato dalle lobbies dimostra che è accaduto il contrario: si sono uniti i padroni. Se non sapremo arrestare questo macabro Totentanz e invertirne il corso in apparenza fatale, ci resterà solo la speranza che questa orribile Controciviltà materialista imploda e trascini nel gorgo delle sue infamie chi l’ha voluta e costruita. E non facciamo l’errore di accettare la sfida sul solo o sul prevalente campo economico-finanziario, come il nemico vorrebbe fare: questa battaglia è anzitutto morale e culturale.[17]

FRANCO CARDINI

[15] Su questo misto di arroganza e di miopia: S. Latouche, L’occidentalisation du monde, Paris, La Découverte, 1989 e successive edizioni: è ormai un “classico” molto letto per quanto inascoltato; S. Natoli, Progresso e catastrofe, Milano, Marinotti, 1999; S. Latouche, La fine del sogno occidentale, tr.it. Milano, Elèuthera, 2002; P. Artus – M.-P. Virard, Le capitalsime est en train de s’autodétruire, Paris, La Découverte, 2005; Iidem, Globalisation. Le pire est à venir, Parid, La Découverte, 2008. Utile anche l’agghiacciante atlante Un monde sans loi. La criminalité financière en images, Baume-les-Dames, I.M.E., 2000.

[16] Al di là della stessa NATO, si pensi all’immane trappola del cosiddetto TTIP nella quale stiamo per cadere: cfr. S. Halimi, Grand Marché Transatlantique. Les puissants redessinent le monde, “Le Monde diplomatique”, juin 2014, pp. 11-18. Attenzione, perché il trattato ci viene proposto fra l’altro – da “teste d’uovo” (per non dir peggio) come Richard Rosencrance di Harvard – come l’unica e ultima speranza per evitare che “le nazioni d’Oriente” – segnatamente India e Cina – non sorpassino l’Occidente in termini di crescita, d’innovazione, di profitti e quindi di potenza militare. Il che. Verrebbe da commentare, non sarebbe poi la fine del mondo, anzi!, se non ci fosse il problema che questa Cina, quest’India, stanno a loro volta diventando, sono anzi già diventate, parte dell’Occidente/Modernità e del culto universale di Mammona.

[17] Cf. J.-P. Warnier, La mondialisation de la culture, Paris, La Découverte, 2004; Atlas de la mondialisation, Paris, Presses de la Fondation Natinale des Sciences Politiques, 2006.

Si consiglia caldamente la lettura del testo integrale dal blog dell’autore: http://www.francocardini.it/minima-cardiniana-125/