Il comunicato ufficiale russo

Il Colonnello-Generale Sergej Rudskoj, a capo della Direzione Generale Operativa della Federazione Russa, dichiarava che il 14 aprile veniva effettuato un attacco missilistico tra le 3.42 e le 5.10 sulle installazioni militari e civili della Repubblica araba siriana da parte di vettori aerei e navali di Stati Uniti e loro alleati. I sistemi di difesa aerea russi nelle basi di Humaymin e Tartus identificavano e seguivano in modo tempestivo tutti i lanci missilistici navali ed aerei di Stati Uniti e Regno Unito. Non c’era traccia di operazioni francesi. Si trattava di aerei dell’aeronautica degli Stati Uniti, B-1, F-15, F-16, ed inglesi Tornado sul Mediterraneo, e navi della Marina degli Stati Uniti Laboon e Monterey nel Mar Rosso. I bombardieri strategici attaccavano obiettivi sul territorio siriano nell’area di al-Tanaf, illegalmente occupata dagli Stati Uniti. Numerosi aeroporti militari, impianti industriali e di ricerca siriani erano obiettivo dell’attacco missilistico. Secondo dati preliminari, non ci sono vittime tra la popolazione e l’esercito siriani. Le informazioni saranno completate e comunicate al pubblico.
Secondo le informazioni disponibili, 103 missili da crociera, compresa la versione navale Tomahawk, sono stati utilizzati assieme a bombe guidate GBU-38 sganciate da aerei B-1B, e missili aria-terra lanciati da F-15 e F-16. L’ Aeronautica militare inglese sparava otto missili.
I sistemi di difesa aerea siriani, basati sui sistemi di difesa aerea di produzione sovietica, respingevano con successo gli attacchi missilistici, intercettando 71 missili da crociera. I sistemi S-125, S-200, Buk, Osa e Kvadrat/Kub delle difese aeree siriane respingevano l’attacco missilistico, dimostrando l’elevata efficienza militare della Siria e l’eccellenza del personale militare siriano addestrato dai nostri specialisti. Nell’ultimo anno e mezzo, la Russia ha completamente aggiornato i sistemi di difesa aerea della Siria e continua a migliorarli.
Va sottolineato che alcuni anni fa, data la richiesta urgente di certi nostri partner occidentali, evitammo l’invio dei sistemi di difesa aerea S-300 in Siria; ora consideriamo possibile rivedere la questione, non solo con la Siria ma anche con altri Stati.
Obiettivi dell’attacco erano, tra l’altro, le basi aeree dell’Aeronautica Militare araba siriana. I dati dicono quanto segue:
4 missili sono stati lanciati contro la base aerea di Duwali, venendo tutti abbattuti.
12 missili sono stati lanciati contro la base aerea di Dumayr, venendo tutti abbattuti.
18 missili sono stati lanciati contro la base aerea di Bulayl, venendo tutti abbattuti.
12 missili sono stati lanciati contro la base aerea di Shayrat, venendo tutti abbattuti.
Le basi aeree non sono state danneggiate.
Dei 9 missili lanciati contro l’aeroporto di Mazah, 5 sono stati abbattuti.
Dei 16 missili lanciati contro l’aeroporto di Homs, 13 sono stati abbattuti e non è stata osservata traccia di danni.
30 missili puntavano sull’area di Barzah e Jaramana, presso Damasco. Di questi, 7 cadevano su strutture presuntamente collegate al cosiddetto “programma chimico militare” di Damasco, venendo parzialmente distrutte. Tuttavia, non erano utilizzate da tempo, non vi sono stati danni materiali o tra il personale.
Le Forze della Difesa Aerea russe sono in allerta e l’Aeronautica perlustra i cieli. Alcuno dei missili da crociera ha toccato la zona antiaerea russa. I nostri complessi non sono stati usati.
Riteniamo che tale attacco non sia in risposta a un attacco chimico, ma ai successi delle Forze Armate siriane nella lotta per liberare il proprio territorio dal terrorismo internazionale. Allo stesso tempo, una missione speciale dell’OPCW che doveva indagare sull’incidente nella città di Duma, dove presumibilmente furono usate armi chimiche, sarebbe dovuta arrivare oggi a Damasco.
Vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che in Siria non ci sono strutture per armi chimiche come registrato dall’Organizzazione per il divieto delle armi chimiche. Tale aggressione testimonia l’intransigenza degli Stati Uniti sull’obiettività dell’indagine, tentando di sabotare il processo di pace in Siria e di destabilizzare il Medio Oriente, e non ha nulla a che vedere con gli obiettivi della lotta al terrorismo internazionale.
E’ stato un piacere. Attualmente, la situazione a Damasco e altre aree urbane in Siria è calma.
Seguiamo da vicino la situazione.Traduzione di Alessandro Lattanzio

https://aurorasito.wordpress.com/2018/04/14/il-ministero-della-difesa-russo-sullaggressione-alla-siria/

Avanti un passo

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se non fossimo, realmente , al bordo dell’Armagheddon , si potrebbe parlare all’italiana di situazione grave ma non seria. La Russia pone il veto all’ONU su una nuova inchiesta sull’uso di armi chimiche in Siria, ma nello stesso chiama l’Organizzazione Internazionale contro l’Uso delle Armi Chimiche ad intervenire e controllare se vi sia stato un uso di armi chimiche a Douma.

Il Consiglio di Sicurezza è allo stallo, che viene preso come pretesto per un intervento spinto, in questo caso, da Macron e da Trump, due leader in profonda crisi interna: il primo è bloccato da una politica assurda che gli ha messo contro mezzo paese, con scioperi e contestazione, tanto dal cercare un tardivo appoggio da parte dei vescovi , mentre il secondo è ricattabile, con la FBI che ha perquisito l’ufficio del suo avvocato, atto normalmente vietato.

I segnali sono di un attacco entro le prossime 72 ore. Queste indicazioni provengono dagli avvertimenti al traffico areo da parte del controllo di volo europeo. 

Pensate stia esagerando ? Vi propongo alcune frasi tratte da warintel.org, che sta seguendo in diretta la crisi in corso.

Russian Defense Ministry public advisory council member Igor Korotchenko: „Trump has to understand that we’re going to be talking about the possibility of nuclear escalation if we have a collision of the U.S. and Russian militaries”

Il consigliere del ministro della difesa russo Igor Korotchenko: “Trump deve capire che discuteremo la possibilità di una escalation nucleare se ci sarà uno scontro fra militari russi e USA”

A U.S. military official indicated that in the event of Iranian missile strikes against Israel, „we will have fighting forces moving within 72 hours”.

Una fonte militare ufficiale USA ha affermato che nel caso di un attacco missilistico iraniana contro Israle “Avremo forze combattenti nell’area in 72 ore”.

Naturalmente igas sono stati utilizzati “A Priori”. Siamo adl un nuovo 2003, o ad un nuovo 2011 in Libia.

Ieri l’inviato speciale in Siria  del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’italiano Staffan de Mistura, ha detto che “Per la prima volta nella mia carriera vedo una seria minaccia alla sicurezza mondiale”, affermando che bisogna trovare una via per la descalation.

Dove stiamo andando, che cosa sta facendo l’occidente ?

Tornando alle nostre piccole cose nazionali, forse la “Commissione speciale” del parlamento dovrebbe occuparsi anche di queste cose, per starne fuori o, al limite, mediare.

https://scenarieconomici.it/il-mondo-sullorlo-del-baratro-e-macron-vuol-fare-un-passo-avanti/

 

 

Yemen, un anno dopo

Il conflitto nello Yemen è scoppiato allorquando l’Arabia Saudita ha cercato di imporre un presidente di  proprio gradimento nel paese per creare un governo fantoccio di Rijad ed allontanare il paese dall’influenza dell’Iran, dato che una buona parte della popolazione è di confessione sciita e apertamente ostile all’egemonia che l’Arabia Saudita pretende di esercitare sullo Yemen. Lo Yemen è un paese povero ma in una posizione strategica sulle rotte petrolifere, chi controlla il golfo di Aden controlla il passaggio del petrolio e questo rende importante anche per gli USA e la Gran Bretagna disporre di un governo filo occidentale a Sana’a, la capitale dello Yemen.

Distruzione e rovine nello Yemen

I bombardamenti indiscriminati e brutali condotti dalla coalizione saudita hanno colpito abitazioni civili, scuole, ospedali e mercati facendo strage della popolazione ed in particolare di donne e bambini. Si calcola che siano oltre 15.000 le vittime civili dei bombardamenti e di questi quasi la metà sono bambini. Inoltre il blocco aeronavale, la mancanza di generi di prima necessità, medicinali ed acqua potabile, hanno fatto sorgere una epidemia di colera che ha contagiato oltre 250.000 persone. La peggiore epidemia al mondo ed una situazione da disastro umanitario secondo la commissione per i diritti Umani della Nazioni Unite e secondo varie Organizzazioni Internazionali. Vedi: L’ONU accusa la coalizione dell’Arabia Saudita….. Vedi: U.N. warned “we should all feel deeply guilty” as Yemenis die UN Warns US, West over support for Saudi War crimes in Yemen Nonostante questo,  viene mantenuto il silenzio da parte della stampa e dei media occidentali sul conflitto e sulla situazione umanitaria di questo paese, presumibilmente  per non creare turbative agli interessi di Rijad, degli Emirati e degli altri paesi delle monarchie petrolifere legati da forti interessi agli USA ed ai paesi europei.

http://www.controinformazione.info/un-missile-balistico-delle-forze-yemenite-colpisce-abu-dabi-capitale-degli-emirati-arabi/

Il potere militare-industriale degli Stati Uniti ha il sopravvento sulla strada per la guerra

Finora la Casa Bianca, cosciente di questa potenziale e probabile reazione a catena, non ha il coraggio di dare il via libera a tali consegna di armi, come al tempo dell’amministrazione Obama, tuttavia responsabile del terremoto Maidan. Ma oggi, paradossalmente, sconfitta Clinton, i neocon hanno una posizione mai così forte che dall’avvio a fine luglio delle nuovo ritorsioni economiche contro la Russia, illustrandone il sequestro del presidente Trump, costretto ad aderire alla loro strategia aggressiva anti-russa la cui reazione legittima dei russi ha compiuto un nuovo passo verso il confronto aperto. Tra le armi fornite dagli statunitensi per rafforzare l’esercito ucraino, vi sono sistemi d’arma antiaerei per proteggere le unità di artiglieria e d’assalto di Kiev dalla risposta russa. Possibilmente anche missile anticarro di ultima generazione “Javelin” capaci di distruggere i blindati delle forze repubblicane. E il falso pretesto dell’interferenza russa nella sua elezione sembra rafforzare ulteriormente l’emarginazione del presidente Trump, già nel mirino dei neoconservatori nelle discussioni sull’invio di armi all’Ucraina. Così un alto funzionario dell’amministrazione statunitense ha ammesso che il presidente non fu informato del piano, mentre il suo segretario della Difesa statunitense James Mattis nel frattempo l’approvava! Durante la precedente proposta di armare l’Ucraina si parlò solo di armi difensive per le forze di sicurezza ucraine nella regione di Kiev. Questa volta il loro uso nelle operazioni del teatro de Donbas è considerato un’”emergenza”… Se Germania e Francia, garanti dell’accordo di pace per l’Ucraina firmato a Minsk, rimangono scettiche sugli effetti di tali consegne di armi, il dipartimento di Stato degli Stati Uniti invitava i Paesi della NATO (tra cui i russofobi Canada, Regno Unito, Polonia, Lituania) a sostenerle. Il Generale Curtis Scaparrotti, comandante in capo dell’esercito degli Stati Uniti in Europa e della NATO, da sempre esorta vivamente ad armare l’Ucraina contro la Russia, supportato dal nuovo consigliere speciale per l’Ucraina statunitense Kurt Volker, la cui carriera e responsabilità nel giro del guerrafondaio McCain non lascia alcun dubbio sulla sua ideologia apertamente antirussa. Nel frattempo, sotto la copertura delle crescenti manovre alleate, la NATO continua la militarizzazione dei Paesi dell’Europa orientale ai confini della Federazione russa, facendo rivivere l’intermarium, questo spalto militare che collega Baltico al Mar Nero e destinato ad isolare la Russia. Nel Donbas, nonostante una “tregua del pane” che dovrebbe “calmare le cose” fino all’avvio dell’anno scolastico, i combattimenti e i bombardamenti ucraini sono aumentati nello stesso tempo dell’inasprimento dei rapporti USA-Russia degli ultimi giorni, e alla vigilia della riunione di Minsk del 2 agosto.

estratto da https://aurorasito.wordpress.com/2017/08/04/la-mossa-del-pazzo/

Siria: le zone di “deconflitto”

Almeno in tre occasioni nel mese scorso, i militari USA hanno realizzato attacchi aerei in Siria contro le forze del governo ed i loro alleati nelle vicinanze di nodi strategici importanti per controllare la frontiera tra Iraq e Siria. Gli statunitensi affermano che le forze del Governo siriano erano una minaccia per la base militare di Al Tanf, nel lato siriano della frontiera, dove gli USA stavano addestrando i miliziani che appartengono al gruppo denominato “Maghawir al Thawra”. Il Pentagono affrma che questi miliziani vengono addestrati per combattere e vincere l’ISIS. La base militare la scorsa settimana è stata potenziata con l’arrivo delle batterie di missili conosciute come Himars e questa è stato giustificata come una misura di legittima difesa. Il Colonnello Ryan Dillon ci ha riferito : “Abbiamo aumentato le nostre forze armate ed adesso queste sono preparate per qualsiasi minaccia che si presenti da parte delle forze pro regime”. Con l’abbattimento dell’aereo siriano di questa settimana gli USA hanno invocato la “legtittima difesa” come fondamento giuridico. Tuttavia, come Mosca ha segnalato, i nordamericani non hanno diritto a essere presenti sul territorio siriano e quindi, in secondo luogo, di dichiarare unilateralmente le “zone di deconflitto” per cui essi sono di fatto forze di invasione. Un chiodo in più alle bugie americane viene esposto quando viene vista quale sia la vera natura del gruppo di miliziani che gli USA stanno addestrando. Un video prodotto da fonte non verificata ha dimostrato che i miliziani appoggiati dagli USA ad Al Tanf sono un altra formazione di terroristi islamici. I video mostrano i miliziani della formazione “Maghawir al Thawra” che ripetutamente gridano lo slogan jihadista «allah akbar”. Sono anche loro equipaggiati con le Toyota Land Cruiser bianche di prima classe, celebri per essere quelle utilizzate dagli altri gruppi jihadisti ed ottentute attraverso il finanziamento da parte di Arabia Saudita e Qatar. Vedi : Video Strategic Culture: Fonti locali hanno confermato a questo autore che il gruppo che appare nel video è quello di “Maghawir Al Thawra” e che si tratta senza dubbio di militanti jihadisti. Tuttavia questo è lo stesso gruppo che gli USA hanno dichiarato apertamente che sarebbero costituito da “ribelli moderati” e che la formazione nella loro base militare di Al Tanf ha l’obiettivo di “combattere e sgominare l’ISIS”, oltre a dire che gli USA devono “proteggere” questo gruppo dall’avanzata dell’esercito siriano e dei suoi alleati. Ancora di più sono arrivate informazioni che, oltre alle forze USA ad Al Tanf, ci sono britannici ed altri effettivi della NATO, così come altri militari di vari Stati arabi sunniti. Questo equivale ad una escalation completa dell’intervento USA e della NATO nella guerra n Siria, un intervento che sembra essere chiaramente dalla parte del terrore dei gruppi jihadisti.
http://www.controinformazione.info/lautodifesa-non-regge-come-pretesto-per-le-azioni-della-guerra-usa-in-siria/

Tamburi lontani

C’è poco da essere ottimisti: partiamo da un nostro articolo di un anno fa in cui Sondaggi riservati sono già stati fatti, fondi sono stati raccolti e una squadra elettorale è stata formata intorno al generale James Mattis, anche se giura con la mano sul cuore di non avere pensato alla carriera politica. Adesso ce lo ritroviamo alla guida del Pentagono e nel consiglio di Sicurezza di Trump.

Le parole di James Mattis, #mattisisms

‘Cane pazzo’ Mattis non si è fatto conoscere solo per le sue imprese di guerra ma anche per delle frasi molto forti che sono state raggruppate online da alcuni veterani di guerra sull’hashtag  #mattisisms, eccone alcune:

  1. “Non perdere il sonno per paura del fallimento. Parola che non riesco nemmeno a scrivere”.
  2. “Uccidere qualcuno non è un evento insignificante. Detto questo, ci sono alcuni str….nel mondo che hanno bisogno di essere fucilati”.
  3. “Vengo in pace, non ho portato l’artiglieria. Ma vi sto supplicando con le lacrime agli occhi, se fate gli str…. con me vi ammazzo tutti”;
  4. “I 20 centimetri più importanti in un campo di battaglia sono quelli che separano le vostre orecchie”;
  5. “Ti sto supplicando, non attaccarci. Perché se lo farai, i sopravvissuti potranno scrivere su ciò che abbiamo fatto qui per i prossimi 10.000 anni”

E mentre l’Italia vende armi a tutto spiano (oltre il 60% delle nostre armi finirà a Paesi fuori da UE e NATO), la Mogherini incontra il ministro degli esteri russo e gli dice che: “nonostante le divergenze, contro il terrorismo bisogna combattere uniti”,   unità alquanto problematica, visto che la UE  sta tenendo bordone a ISIS e Al Qaeda in Siria,  fingendo  che i terroristi siano “opposizione” democratica, mentre la Russia cerca di sconfiggerli.“Mosca riconosca i diritti dei gay in Cecenia”,  ha anche intimato la Mogherini.  Anzi, come ha titolato Repubblica, quello della Alta Rappresentecc ecc. è stato “un monito a Lavrov”.

Potete continuare a ignorarlo o unirvi ai 178 che hanno scaricato la nostra pubblicazione sul tema che trovate nella pagina indicata a fianco e aggiornata ad oggi .

https://www.scribd.com/document/255885678/Venti-Di-Guerra

 

Piove sul bagnato

di Robert Fisk L’esercito siriano, insieme ad Hezbollah ed ai suoi alleati iraniani si sta preparando ad una massiccia invasione da parte di migliaia di combattenti dell’ISIS che, quando Mosul sarà caduta, saranno costretti ad abbandonare l’Iraq. L’esercito siriano ha il sospetto che il vero motivo sottostante la tanto osannata liberazione, da parte degli Americani, della città irachena sia quello di inondare la Siria con orde di combattenti dell’ISIS che abbandoneranno la loro capitale in Iraq a favore della loro “mini-capitale”, Raqqa, all’interno della stessa Siria. E’ ormai da settimane che i media occidentali e gli esperti americani stanno annunciando una battaglia all’ultimo sangue, tipo quella di Stalingrado, all’interno di Mosul, o (in alternativa) una rapida vittoria sull’ISIS, seguita da scontri inter-settari per il controllo della città. Le Nazioni Unite mettono in guardia su massicce colonne di profughi in fuga dalla città assediata. Ma i Siriani, dopo essere stati testimoni dell’improvviso crollo e della (successiva) evacuazione di Palmira, quando il loro esercito aveva riconquistato l’antica città, all’inizio di quest’anno, hanno il sospetto che l’ISIS finirà semplicemente con l’abbandonare Mosul e cercherà di porsi in salvo nelle zone della Siria ancora sotto il proprio controllo. Il servizio di intelligence dell’esercito siriano ha già ricevuto rapporti inquietanti su alcune richieste dell’ISIS, nelle città e nei villaggi a sud di Hasaka, una città siriana tenuta dalle forze governative e dai Kurdi nella parte settentrionale della nazione, per un potenziamento delle infrastrutture elettriche ed idriche, in previsione dei combattenti che (arriveranno) da Mosul. In altre parole, se Mosul cade, l’intero esercito del Califfato dell’ISIS potrebbe essere mandato contro il governo di Assad e contro i suoi alleati, uno scenario che non mancherà certo di provocare soddisfazione a Washington. Quando la città irachena di Fallujah, questa primavera, era caduta nelle mani dell’esercito iracheno e della milizia, molti combattenti dell’ISIS erano immediatamente fuggiti in Siria. Sayed Hassa Nasrallah, il leader degli Hezbollah, che ha mandato migliaia dei suoi uomini a combattere (e a morire) nella lotta contro l’ISIS e Jabhat al-Nusra in Siria, ha detto in un discorso, in occasione della ricorrenza dell’Ashura la settimana scorsa, che gli Americani “intendono ripetere il trucco di Fallujah, quando lasciarono aperta all’ISIS la via di fuga verso la Siria Orientale” e ha ammonito che “lo stesso ingannevole piano potrebbe essere applicato a Mosul”. In altre parole, una sconfitta dell’ISIS a Mosul incoraggerebbe l’ISIS a dirigersi ad ovest, per cercare di sconfiggere il regime di Assad in Siria.

Forze popolari irachene

Forze popolari irachene

Questi sospetti sono stati scarsamente mitigati, nelle ultime settimane, da tutta una serie di commenti da parte di generali e fonti militari americane. Il Tenente-Generale Stephen Townsend, il nuovo comandante americano della regione, alla guida di quella che gli Stati Uniti hanno pomposamente chiamato “Operazione Determinazione Innata”, ha detto che non solo Mosul, ma anche la città siriana di Raqqa sarebbe stata catturata “sotto il mio comando”. Ma perché mai pensa di riuscire a catturare Raqqa? L’esercito siriano intende tuttora conquistare Raqqa operando dalla propria base lungo la strada militare Damasco-Aleppo, ad ovest della città, dopo un precedente tentativo fatto all’inizio dell’anno, che era stato abbandonato piu per ragioni politiche che militari. La Russia, apparentemente, sembra preferisca concentrare la sua potenza di fuoco su altre formazioni, specialmente al-Nusra e al-Qaeda che, sia Mosca che Damasco, considerano assai più pericolose dell’ISIS. Entrambe hanno notato come, sempre con maggior insistenza, sia i giornalisti, che i politici occidentali si riferiscano ad al-Nusra, che ha cambiato il proprio nome in Jabhat al-Sham (“Fronte di sostegno per il popolo del Levante”), nella speranza di liberarsi delle proprie radici (al-Qaeda), identificandola come “i ribelli”, insieme ad una pletora di altre bande di miliziani che combattono il regime siriano. Un generale americano, che non ha voluto essere identificato, il mese scorso ha asserito di essere preoccupato perché le truppe sciite irachene potrebbero assediare la città di Tal Afar, sul confine siriano-iracheno, per cercare di intrappolare i suoi difensori all’interno dell’Iraq, impedendo loro di combattere in Siria. Si dice che la stessa ISIS abbia abbandonato Tal Afar diversi giorni fa. La rivista online americana Military Times (che, come si dice in gergo, è “vicina” al Pentagono) ha suggerito che il Generale Townsend, che dispone solo di 5000 soldati americani sul terreno, in Iraq e nell’estremo nord della Siria, dovrebbe “inseguire l’ISIS all’interno della Siria, dove gli Stati Uniti hanno pochi alleati sul campo” (per dirla con un eufemismo), mentre lo stesso Townsend parla di una “lotta lunga e difficile” per Mosul. Parlando di Mosul, fa riferimento anche ad un “assedio”. Queste sono fosche previsioni a cui i Siriani non credono. L’esercito stesso di Assad, con i suoi 65.000 caduti in una guerra che dura da ormai cinque anni, è già stato bombardato dagli Americani a Deir Ezzor, pagando il prezzo di almeno 60 morti (Washington lo ha descritto come un errore) ed ora si prepara a sfidare l’enorme fiumana di combattenti dell’ISIS che potrebbero attraversare il confine dopo la caduta di Mosul. Lo stesso Nasrallah, ne ha fatto una interessante allusione nel suo discorso. Ha suggerito che, se le forze dell’ISIS non dovessero essere sconfitte dagli stessi Iracheni a Mosul, allora gli Iracheni (presumibilmente le milizie sciite irachene, che sono la punta di lancia dell’esercito governativo) “sarebbero obbligati a spingersi nella Siria Orientale per combattere questo gruppo terroristico”. Con la possibilità che le truppe siriane e i loro alleati russi possano trovarsi di fronte questa stessa formazione, non c’è da meravigliarsi che cerchino di portare a termine la cattura della parte orientale di Aleppo (indipendentemente dal costo in vite umane) prima della caduta di Mosul. ***** Fonte: TheTruth Seeker Tradotto in Italiano da Mario per SakerItalia.it

Quando Mosul cadrà, l’ISIS cercherà scampo in Siria. E poi?

Media e ONG

di  Mauro Bottarelli

Da quando è cominciato il delirio terroristico in Europa, molti miei amici e conoscenti mi hanno confessato di aver ripreso in mano “1984” di George Orwell. L’ho fatto anch’io. Ora però sto rileggendo un altro libro della mia gioventù, un romanzo che ho sempre sperato restasse tale e non divenisse mai realtà. Non è andata così. Si tratta de “Il campo dei santi” (Le Camp des saints), un romanzo fantapolitico dello scrittore francese Jean Raspail, pubblicato nel 1973 e tradotto in Italia nel 1998. Ambientato nel 1997, descrive un’ondata di immigrazione di massa dall’India verso l’Europa che, dopo un interminabile viaggio su carrette del mare, travolge la civiltà occidentale.

Campo dei Santi

Campo dei Santi

Il titolo fa riferimento a un versetto dell’Apocalisse ma, immediatamente, il libro venne bollato come razzista e di fatto bandito, visto che gli unici a pubblicarlo erano editori dell’area dell’estrema destra identitaria e per comprarlo occorreva recarsi in librerie che spesso erano oggetto di raid da parte dei democratici con la Hazet 36. Purtroppo, la profezia di Raspail ora è realtà quotidiana: non dall’Asia, bensì dall’Africa ma le masse dall’area sub-sahariana stanno arrivando in numero sempre crescente e le nostre città cominciano, in alcuni quartieri, a somigliare ad enormi campi profughi a cielo aperto. Senza legge, né ordine. L’anarchia è la nuova forma di convivenza, il sogno del mondialismo si sta realizzando giorno dopo giorno: sradicare e omogenizzare in un melting pot senza riferimenti, né valori condivisi. E i numeri parlano chiaro. L’Italia è in piena emergenza immigrazione. Stando ai dati trasmessi dall’Agenzia europea per le frontiere (Frontex), solo nel mese luglio sono sbarcati sulle nostre coste oltre 25mila clandestini: rispetto allo stesso periodo del 2015, questa estate c’è stato un aumento del 12% degli arrivi. E, a poco a poco, l’emergenza sta mandando al collasso le città. Prima Ventimiglia, poi Como, adesso Milano, dove a ottobre si sfratteranno i militari per far posto ai migranti nella caserma Montello di via Caracciolo, zona piazza Firenze, area residenziale. E, mentre il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, cerca la soluzione migliore per trovare un posto dove sistemare i 145mila richiedenti asilo che già si trovano in Italia, gli sbarchi aumentano. La maggior parte dei migranti sono nigeriani ed eritrei: c’è guerra da quelle parti? No, perché Boko Haram è operante solo in una regione della Nigeria e dell’Eritrea i giovani scappano per non fare il servizio militare, infatti sono tutti ventenni o giù di lì. Esiste un diritto d’asilo per renitenza alla leva? Stando ai dati di Frontex, il numero di arrivi da gennaio a luglio è invece rimasto stabile rispetto all’anno scorso, a quota 95mila migranti. L’agenzia europea ha inoltre spiegato che la qualità delle imbarcazioni che i trafficanti stanno utilizzando per il trasporto di migranti si sta deteriorando sempre di più: “Negli ultimi mesi – si legge nel report pubblicato oggi – la scarsa qualità dei gommoni è stata segnalata per quattro su cinque barconi”. Cosa dobbiamo fare, sperare che quei gommoni divengano del tutto inagibili e inutilizzabili per fermare gli sbarchi? Chi permette che quelle carrette partano dalle coste africane, ha o no le mani potenzialmente sporche di sangue?

Migranti in fila

Migranti in fila

E la politica cosa fa? Le ferie, ovviamente, ben 41 giorni. Ma forse è meglio così, se non lavorano (un eufemismo?) non possono fare danni ulteriori. Il problema è che il governo è totalmente prono a questa invasione, anzi ne vorrebbe di più, visto che le cooperative ci sguazzano con il business dell’accoglienza. Ci sarebbe l’opposizione ma quale? Stefano Parisi, per la bella prestazione di essere stato trombato come sindaco di Milano, ha ricevuto il premio di riorganizzare il centrodestra: uno che ha la stessa grinta e carisma di un Pokemon, cosa volete che faccia? Giorgia Meloni partorirà a breve, quindi è fuori gioco e, comunque, con le percentuali di Fratelli d’Italia non si cambia nemmeno un consiglio di zona, figurati il Paese. C’è Matteo Salvini, quello che contro l’immigrazione a parole tuona un giorno sì e l’altro pure: dov’è? A Milano Marittima a fare selfie con l’altro enfant prodige della destra, il governatore della Liguria, Giovanni Toti. Lunedì, ovviamente, nel tradizionale comizio di Ferragosto a Ponte di Legno prometterà sfracelli ma, come sempre, i fatti resteranno a zero. E’ questa la destra italiana? E’ questa la classe politica che dovrebbe opporsi all’invasione in atto? Viene quasi nostalgia di quando Silvio Berlusconi era alla guida della coalizione, ed è tutto dire. Oltretutto, siamo bloccati: Francia, Svizzera e Austria, infatti, hanno letteralmente sigillato i loro confini con il nostro Paese, quindi chi arriva resta sul nostro suolo, nelle nostre città. Ne passerà qualcuno di straforo ma percentuali risibili, basta vedere lo stato d’assedio in atto a Ventimiglia e al Brennero.

Milano, migrantio in attesa

Milano, migrantio in attesa

E’ un’enorme pianificazione, fino ad ora perfettamente riuscita. E un ruolo fondamentale lo stanno ricoprendo i media, i quali continuano a chiamare chi arriva migrante, disperato, gente che fugge dalla guerra. E attenzione, perché ora la Libia diventerà un vero e proprio ponte verso l’Occidente, visto che la guerra all’Isis pare entrata nel vivo e quindi, chiunque partirà da quelle sponde, anche se non libico, diverrà automaticamente profugo di guerra. Una guerra strana: con una quarantina di raid Usa in un settimana, le forze lealiste hanno già riconquistato il 70% di Sirte, la capitale del Califfato in quel Paese. Strano, vero? In Siria i russi quaranta raid li fanno in tre ore quando operano, in Libia invece “puff”, l’Isis è sparito quasi senza colpo ferire. Sarà.

Alfano al Brenenro

Alfano al Brennero

E, come nel 2011, a pagare il prezzo della destabilizzazione libica saremo noi, visto che gli Usa si avvantaggeranno per quando ci sarà da ricostruire e garantirsi i contratti petroliferi, mentre noi ci godremo il flusso ininterrotto di profughi o presunti tali per tutto il resto dell’estate. Sempre che Erdogan non decida di aprire i confini con Grecia e Bulgaria, perché in quel caso avremo a che fare con 2,3 milioni di persone che potrebbero cercare di raggiungere il Nord Europa. Eh già, perché non c’è solo la Libia, c’è ancora aperto anche il fronte siriano. E, da ieri, a fare eco alle richieste dell’Onu di una tregua nei combattimenti per far rifiatare, riarmare e riorganizzare i gruppo anti-Assad finanziati dagli Usa, ci sono anche le mitiche ONG, quinte colonne dei vari Soros di questo mondo che millantano aiuti umanitari ma, di fatto, destabilizzano. Ecco alcune loro lagnanze verso siriani e russi: gli aiuti umanitari arrivano solo nelle zone che hanno liberato; sostengono che è “ignobile e preoccupante” che i governi trattino con Damasco (e con chi dovrebbero trattare, se non con il governo legittimo del Paese: con Obama? con Papa Francesco? con Alex Schwarzer?); asseriscono che i governativi stiano usando armi chimiche. Guarda caso, quest’ultimo punto ha spinto Washington a dire che “la denuncia in tal senso sarà vagliata”: altre armi in partenza con destinazione Ryad per armare i “ribelli moderati” e, tanto per gradire, sterminare donne, vecchi e bambini in Yemen? Ecco come Nigrizia, la rivista dei padri comboniani, non il bollettino di Casapound, parla della ONG operanti in Siria, in primis Medici senza frontiere: “In Siria, Msf prestano servizio solo nelle zone controllate dai jihadisti e sono noti per la loro parzialità nella crisi siriana: hanno attribuito la colpa a Damasco circa la faccenda delle armi chimiche nel 2013. Tra i finanziatori dei Msf risultano multinazionali come Goldman Sachs, Microsoft, Google, Bain Capital di Mitt Romney (vedi il rapporto Msf 2010). Nel comitato di patrocinio di questa organizzazione umanitaria siedono banchieri della Goldman Sachs e di altri istituti finanziari occidentali… Vi è quindi un ragionevole dubbio sulla neutralità dei Msf nella guerra in Siria. Stefan Cornish, di Msf, ha ammesso che, nelle unità sanitarie nelle quali operano i medici dell’organizzazione, i combattenti hanno la priorità sui civili”. E ancora: “È noto ormai l’uso delle ONG nella destabilizzazione dei paesi non allineati. Dal 2013 opera sul terreno di battaglia un’organizzazione siriana di nome Caschi Bianchi (Cb). Il dipartimento di stato americano, via Usaid, ha versato oltre 23 milioni di dollari nelle casse dei Cb, che inoltre hanno ricevuto oltre 18 milioni di sterline dal Foreign Office britannico. Vi sono diverse testimonianze che attestano l’esistenza di rapporti stretti tra questa organizzazione umanitaria e i jihadisti”. Lo dicono dei preti, oltretutto ispirati alla teologia della liberazione, non dei lefebvriani: come la mettiamo? Ma a Skytg24 dicono che va tutto bene, addirittura che l’immigrazione è in calo. Quindi godetevi vacanze e Olimpiadi. A settembre, se non sarà troppo tardi, si vedrà. Fonte: Rischio Calcolato

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Obblighi NATO

Active Fence della NATO è operativa dal 2012: su richiesta della Turchia, che aveva chiesto il supporto  della NATO “per proteggersi dai missili siriani”  –   traduzione dalla neolingua: in preparazione dell’attacco al territorio siriano e nel progetto di costituire una no-fly zone dove potesse essere al riparo Deesh, Al Nusrah, insomma tutti i terroristi islamici racimolati da  mezzo  mondo con i soldi  di Cia e Sauditi.

Gli Usa prontamente accettarono,  e posizionarono al confine turco-siriano  i loro formidabili missili  MIM-104 Patriot , a cui si alternarono poi Patriot olandesi e germanici.  Dopo l’abbattimento dell’aereo russo  – attenzione – il Pentagono ha ritirato i suoi Patriot:  metà per dispetto  (eErdogan non li aveva avvertiti) e per far capire al sultano che non si lasciavano trascinare nelle sue guerre; ma ha ordinato ai suoi vassalli inferiori di fare il lavoro di “protezione dell’alleato turco”.  Così sono subentrati i missili di Madrid, e adesso tocca a noi.  Inseriti nell’immenso apparato di provocazione-intimidazione allestito dagli Usa per i russi:  due portaerei,   cacciatorpedinieri lanciamissili nel Mar Nero,  eccetera.  Insomma “I nostri ragazzi” e i nostri missili sono lì per coprire Daesh, Al Nusrah, e tutti gli altri gruppi terroristici islamisti pagati dagli americani e sauditi, e coltivati da Erdogan, e messi a malpartito dall’aviazione di Putin, onde possano riprendere la guerra al regime siriano e ai suoi alleati, Mosca, Teheran,  Hezbollah.

Siamo in  guerra a fianco dei turchi e dei terroristi islamici, potenziale bersaglio di Mosca. Giusto  per saperlo.

estratto da http://www.maurizioblondet.it/italiani-guerra-turchia/

se la cosa desta un minimo del vostro interesse (impegnati come siete a seguire gli europei di calcio) leggete tutto l’articolo

October surprise

Sì,  possiamo   sferrare per primi e vincere una guerra atomica, senza temere altro che le ricadute  radioattive   delle nostre  bombe occidentali sull’intero emisfero Nord, specie sull’Europa:  per lorsignori “problema gestibile, e prezzo che vale la pena di pagare per eliminare la Russia”, commenta Zuesse (http://www.strategic-culture.org/news/2016/05/18/obama-ratchets-up-invade-russia.html)

E’ un rovesciamento totale della precedente dottrina strategica (MAD) che Obama sta rapidamente mettendo in atto posizionando i sistemi Aegis a ridosso dei confini russi; per questo Putin ha chiesto di discuterne (e arrivare a un nuovo trattato di  stabilità), offerta che Obama ha arrogantemente rifiutato.

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