La solita zuppa

Il ritorno al potere del centro-destra sembrava ormai certo.  Il vincitore a  mani  basse  era  dato Francois Fillon: scelto alle primarie,  centro-destra, abbastanza a  destra per raccattare  al ballottaggio i voti di Marine Le Pen,    pro-Ue  è vero, ma anche filo-Putin. I sondaggi  lo favorivano.

Poi, il trappolone.  Le Canard Enchainé  (“da  lustri strofinaccio della Cia”,  per Nicolas Bonnal) tira fuori lo scandalo:  Fillon ha pagato  alla moglie Penelope uno stipendio come assistente parlamentare (500 mila euro lordi  in 8 anni), e  la signora ha preso 5 mila euro mensili  alla  Révue des Deux Mondes, a cui ha collaborato dal 2012 al 2013.  I 500 mila in 8 anni fanno colpo; ma sono, in  realtà, la dotazione che Fillon ha ricevuto come parlamentare per le spese connesse, poteva non impiegare un assistente e tenerseli tutti per sé senza commettere alcun reato.  Altra cosa è  l’impiego ben pagato della signora alla Révue. I media cominciano  a dire che prendeva 5 mila euro  mensili, per la redazione “di due o tre note di lettura”.

Il giorno stesso della rivelazione del Canard, la magistratura “apre un fascicolo”. E il giorno dopo, fulminea,  già manda con fanfare e sirene spiegate  la polizia a fare una perquisizione alla Révue des Deux Mondes,  per sospetto di “impiego fittizio”.  La strana fulminea rapidità della magistratura,  la grancassa mediatica assordante,  hanno avuto l’effetto: Fillon è crollato nei sondaggi, lui ha chiesto scusa e si presenta comunque, ma non sarà lui a sfidare Marine per vincerla al secondo turno.

Perché  nessuno si illuda, la Le Pen non  andrà mai all’Eliseo.  Anche  se oggi è  al primo posto nelle preferenze degli elettori (26%, tutti gli altri candidati la seguono a distanza) al secondo turno tutto l’elettorato “antifacho”   concentra i voti sull’avversario di  Marine, chiunque sia. E’ così ed è sempre stato così.

Il punto è  che a sfidare la Le Pen non sarà un  esponente del centro-destra, Fillon. E chi sarà dunque? Uno della “sinistra”, diciamo così: Emmanuel Macron.    Uno che oggi ha fondato il suo movimento  (“En  Marche”,  come le sue iniziali)  ma che è stato ministro di Valls e di Hollande fino all’agosto scorso, quando si è staccato  dai PS per fingersi indipendente. Un PS  che s’è messo una nuova maschera appena in tempo.

Immediatamente esaltato e promosso dai media come  colui che incarna “il rinnovamento e la modernità”,  ultra-europeista, liberista (come Hollande), “Superare destra e sinistra, la folla lancia l’anti-Le Pen al grido Europa! Europa!”,   ha scritto il Fatto Quotidiano.

Insomma  si è capito: stessa zuppa di prima.  E’ bastato che Marine Le Pen presentasse il suo programma politico perché  le Borse europee crollassero, i “mercati”  si terrorizzassero,  e lo spread dei titoli nostri, ma anche francesi, si allargasse: ed è tutta una manfrina, perché non esiste nessuna possibilità che la signora entri all’Eliseo per attuare quel programma. Fa  parte della messinscena del drammone “Il Fascismo alle Porte”,  la recita della paura   che  susciterà nell’elettorato il riflesso pavloviano di andare a votare chiunque per fermare il Front National. Già adesso, i sondaggi dicono che al ballottaggio Macron prenderà il 65 % contro Marine al 35.

http://www.maurizioblondet.it/trucco-cui-francesi-voteranno-un-socialista-dei-rotschild/

Populismo? sì grazie…

inevitable - new republicRobert Reich ha elencato i 6 principi del nuovo populismo (incubo dell’establishment) in un recente post sul suo blog.

The Six Principles of the New Populism (and the Establishment’s Nightmare) http://robertreich.org/post/84984296635

La concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi sta portando molti americani al convincimento che il gioco sia truccato a favore di Wall Street: 5 anni di cosiddetta ripresa economica hanno prodotto grandi guadagni per pochi ricchi, ma per la classe media si è trattato di un disastro.

In questo malcontento diffuso, si alimentano Populismi di destra e di sinistra, che – osserva Reich – si ritrovano attorno a 6 principi:

1. Tagliare le più grandi Banche di Wall Street per portarle a dimensioni tali che non sia più valido il principio del «troppo grande per fallire». Repubblicani e democratici convergono: «Non c’è niente di prudente nel salvataggio di Wall Street».

2. Reintrodurre il Glass-Steagall Act, la separazione bancaria.

Come ricorderete la Sen. Warren (democratica) presentò insieme al repubblicano McCain un disegno di legge per il 21st century Glass-Steagall Act  – rimandiamo alla lettura di http://nobigbanks.it/2013/07/16/il-glass-steagall-act-del-21-secolo/  – Anche il Tea Party lo sostiene, fortemente.

3. Mettere la parole fine ai sussidi alle grandi imprese, alle aziende petrolifere, alle aziende farmaceutiche, a Wall Street. 

4. Stop all’attività di spionaggio della National Security Agency – NSA.

5. Ridurre gli interventi americani oltreoceano.

6. Opporsi agli accordi commerciali costruiti su misura per le grandi corporation. Due decenni fa democratici e repubblicani introdussero gli accordi del Nafta – North American Free Trade Agreement.

 

estratto da  http://nobigbanks.it/2014/07/17/la-nuova-direzione-del-populismo/

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Populismo

A pensarci bene è la stessa etichetta che si utilizza in Europa per bollare chi critica il sistema dell’Euro.

Si legga questa intervista rilasciata da Fausto Bertinotti, che riflette circa il superamento del tradizionale conflitto tra destra e sinistra, dopo i risultati delle recenti elezioni europee: “Ha ragione Marine Le Pen. Oggi lo scontro è tra alto e basso della società”.

Ed alla giornalista che gli domanda: Da una parte i populismi dall’altra la democrazia?

Risponde: «Questa contrapposizione è fasulla. Chi dice, per opporsi ai populismi, di stare dalla parte delle democrazia, non fa una affermazione vera. Perché i populismi e la contrapposizione alto/basso nascono dallo strangolamento della democrazia. Contrapposto ai populismi c’è una sorta di neobonapartismo, un potere delle élites che hanno smesso la redistribuzione del reddito alle classi più deboli.»

E così, mentre negli States il significato del Populismo è People’s Party, «Partito del popolo, delle persone, della gente», da noi quel termine ha assunto un’accezione del tutto negativa. Spiega l’Accademia della Crusca: 

‘All’inizio del Novecento i due termini passarono dall’inglese all’italiano, diventando populismo e populista; si diffusero, in particolare, dopo la seconda guerra mondiale, quando furono adoperati per qualificare il tipo di politica attuata da Juan Domingo Peron in Argentina dal 1946 al 1955: da allora in poi le due parole hanno indicato in senso spregiativo l’atteggiamento di chi da una parte esalta in modo velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi, dall’altra cerca di conquistarne il favore con proposte irrealizzabili ma di facile presa: cioè, come si dice, demagogiche.’ http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/proposito-populismo

Pertanto, non si deve aver timore di affrontare di petto questioni fondamentali per la vita democratica, siamo ancora una volta alla riedizione dello scontro tra oligarchia e repubblica.

In alto l’1%, i pochi che intendono difendere lo status quo; in basso il 99% che lotta per arrestare l’impoverimento generalizzato.

La questione è: quanti sono disposti ad uscire da questa divisione “classista”? 

Chi sono i politici che prenderanno sul serio i problemi del paese piuttosto che darne un’adesione puramente strumentale solo per i fini elettorali? 

Si è creata un élite che gode dei finanziamenti dei signori della finanza e della sponsorizzazione della grande stampa, che presenta i problemi seri in modo tale da farli sembrare impossibili da risolvere, ma in questo modo si alimenta solo il malcontento sociale. 

Assottigliandosi la classe media e aumentando la disuguaglianza, assisteremo sempre più frequentemente allo scontro tra “Alto” e “Basso”.