Siamo al giro di boa

Roma, 9 luglio 2014 – Frena la spesa privata per sanità e assistenza: welfare familiare in crisi. Nell’ultimo anno la spesa sanitaria privata ha registrato un -5,7%, il valore pro-capite si è ridotto da 491 a 458 euro all’anno, le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private e per la prima volta è diminuito anche il numero delle badanti che lavorano nelle case degli anziani bisognosi: 4mila in meno. Sono i segnali di una inversione di tendenza rispetto a un fenomeno consolidato nel lungo periodo per cui le risorse familiari hanno compensato una offerta del welfare pubblico che si restringeva. Oggi anche il welfare privato familiare comincia a mostrare segni di cedimento. Tra il 2007 e il 2013 la spesa sanitaria pubblica è rimasta praticamente invariata (+0,6% in termini reali) a causa della stretta sui conti pubblici. È aumentata, al contrario, la spesa di tasca propria delle famiglie (out of pocket): +9,2% tra il 2007 e il 2012, per poi ridursi però del 5,7% nel 2013 a 26,9 miliardi di euro. E anche il numero dei collaboratori domestici per attività di cura e assistenza (963mila persone) ha registrato una flessione nell’ultimo anno (-0,4% nel 2013), dopo un periodo di crescita costante (+4,2% tra il 2012 e il 2013). È quanto emerge dal Rapporto «Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali» di Censis e Unipol.

La domanda crescente di cura e di assistenza. Il Censis stima che 4,1 milioni di persone in Italia sono attualmente portatrici di disabilità (il 6,7% della popolazione), nel 2020 diventeranno 4,8 milioni, per arrivare a 6,7 milioni nel 2040. La spesa totale per le disabilità ha registrato un forte incremento, superiore al 20% in termini reali tra il 2003 e il 2011, passando da 21,2 miliardi di euro a quasi 26 miliardi. Cresce anche la domanda di assistenza per la popolazione anziana non autosufficiente (long term care). In Italia gli anziani che usufruiscono di assistenza domiciliare integrata sono passati da poco più di 200mila nei primi anni 2000 a oltre 532mila nel 2012, cioè dal 2,1% della popolazione anziana (persone con 65 anni e oltre) al 4,3%. La spesa complessiva per gli anziani serviti dalla long term care è pari attualmente all’1,7% del Pil, ma nel 2050 l’incidenza potrebbe arrivare al 4%, alla luce delle proiezioni demografiche.

Il welfare pubblico si è ristretto. L’allungamento dell’aspettativa di vita, il marcato invecchiamento della popolazione, le previsioni di incremento delle disabilità e del numero delle persone non autosufficienti prefigurano bisogni crescenti di protezione sociale. Negli anni a venire l’incremento della domanda di sanità e di assistenza proseguirà a ritmi serrati. Una domanda che l’offerta pubblica però non potrà soddisfare. C’è già oggi una domanda inevasa di cure e di assistenza a cui il sistema pubblico non riesce a fare fronte. Il 73% delle famiglie italiane ha fatto ricorso almeno una volta negli ultimi due anni a visite specialistiche o a esami diagnostici a pagamento (in intramoenia o presso studi privati). La motivazione principale (per il 75%) sono i tempi inaccettabili delle liste d’attesa. Il 31% delle famiglie ha invece dovuto rinunciare almeno una volta negli ultimi due anni a visite specialistiche, a esami diagnostici o a cicli di riabilitazione. In più, il 72% delle famiglie dichiara che oggi avrebbe difficoltà se dovesse affrontare spese mediche particolarmente impegnative dal punto di vista economico.

Integrare gli strumenti di welfare pubblici e privati. La via dell’integrazione è un’opportunità per soddisfare una domanda che la sola offerta pubblica non è più in grado di coprire. L’Italia resta una delle poche economie avanzate in cui la spesa sanitaria out of pocket intermediata, ovvero gestita attraverso assicurazioni integrative o strumenti simili, si ferma a una quota molto bassa: appena il 13,4% del totale della spesa sanitaria privata a fronte del 43% della Germania, del 65,8% della Francia, del 76,1% degli Stati Uniti. La presenza di operatori privati specializzati e qualificati sia nel campo delle prestazioni sanitarie che dell’assistenza, con servizi resi accessibili attraverso strumenti assicurativi integrativi, permette di fornire servizi più adeguati. Un esempio paradigmatico è quello dell’assistenza domestica tramite badanti a persone anziane o disabili, la cui domanda è decisamente in crescita. Non solo l’Italia è il Paese dell’area Ocse con la più elevata percentuale di familiari che prestano assistenza a persone anziane o disabili in modo continuativo (il 16,2% della popolazione: il doppio, ad esempio, della Svezia). Ma oggi le famiglie sono in gran parte costrette a reclutare le badanti autonomamente attraverso canali informali, le pagano di tasca propria, con forme diffuse di irregolarità lavorativa, senza garanzie sulla loro professionalità e affidabilità.

La «white economy», volano per la crescita e l’occupazione. Da una integrazione degli strumenti di welfare pubblici con il mercato sociale privato, puntando a valorizzare l’economia della salute, dell’assistenza e del benessere delle persone (la «white economy»), può scaturire una vera rivoluzione produttiva e occupazionale, utile a risollevare l’Italia dalla prolungata fase di stagnazione. Considerato nell’insieme, il sistema di offerta di servizi di diagnostica e cura, farmaci, ricerca in campo medico e farmacologico, tecnologie biomedicali, servizi di assistenza a malati, disabili, persone non autosufficienti genera oggi un valore della produzione di oltre 186 miliardi di euro, pari al 6% della produzione economica nazionale, con una occupazione di 2,7 milioni di addetti. Questa articolata filiera comprende le attività dei servizi sanitari (110,9 miliardi di euro di produzione e 1,2 milioni di occupati), i servizi di assistenza sociale (21,6 miliardi e 447mila addetti), l’industria farmaceutica (26,6 miliardi e 60mila addetti), la produzione di strumenti biomedicali, elettromedicali, di diagnostica e i relativi servizi (17,6 miliardi e 53mila addetti). Nel cluster va considerato anche il vasto segmento dell’assistenza personale, delle badanti e dell’accompagnamento, che genera 9,4 miliardi di valore con quasi 1 milione di addetti. Tuttavia, manca ancora una matura consapevolezza collettiva. Alla domanda su come si pensa di affrontare in futuro la vecchiaia ed eventuali malattie, il 52,5% degli italiani mostra un atteggiamento fatalista (non ci pensa o rinvia il problema), il 26% conta sui propri risparmi, il 25% si affida al welfare pubblico, l’8% all’aiuto dei familiari e solo il 4% ha stipulato polizze assicurative.

«Appare ormai maturo il tempo di una nuova integrazione tra pubblico e privato, capace non solo di garantire la tutela sanitaria e sociale delle persone, ma anche di favorire la crescita economica, a partire dai territori», ha detto Pierluigi Stefanini,Presidente del Gruppo Unipol. «Se sapremo superare i pregiudizi consolidati, il pilastro socio-sanitario, inteso non più solo come un costo, può divenire una solida filiera economico-produttiva da aggiungere alle grandi direttrici politiche per il rilancio della crescita nel nostro Paese», ha concluso Stefanini.

«Nei lunghi anni della recessione le famiglie italiane hanno supplito con le proprie risorse ai tagli del welfare pubblico», ha detto Giuseppe Roma, Direttore Generale del Censis. «Oggi questo peso inizia a diventare insostenibile. Per questo è necessario far evolvere il mercato informale e spontaneo dei servizi alla persona in una moderna organizzazione che garantisca prezzi più bassi e migliori prestazioni utilizzando al meglio le risorse disponibili», ha concluso Roma.

Questi sono i principali risultati del Rapporto «Integrare il welfare, sviluppare la white economy. Come gli strumenti di welfare pubblici e privati possono rilanciare la crescita economica e l’occupazione» realizzato nell’ambito del programma pluriennale «Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali» di Censis e Unipol, che sono stati presentati oggi a Roma da Giuseppe Roma, Direttore Generale del Censis, e discussi, tra gli altri, da Pierluigi Stefanini, Presidente del Gruppo Unipol, Marco Peronaci, Rappresentante permanente aggiunto d’Italia presso l’Unione europea, Patrizia Grieco, Presidente dell’Enel, Marco Gay, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute, e Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali.

Basta la salute

Basta la salute

Tratto da http://goofynomics.blogspot.it/
dal Velo di Maya ricevo e volentieri pubblico:
La crisi che stiamo vivendo, le cui motivazioni e conseguenze sono assai accuratamente analizzate in questo blog, non solo comporta un duro impatto sulle condizioni socioeconomiche delle persone, ma ha anche gravi conseguenze sulle determinanti della salute della popolazione.
Non parleremo, qui, del drammatico aumento dei suicidi che si sta verificando nel nostro paese o in altri del sud Europa (che costituisce, peraltro, una tragica realtà). Piuttosto, vorremmo porre l’attenzione sulle conseguenze dei tagli indiscriminati messi in atto dagli ultimi governi sul Sistema Sanitario e su quelli, annunciati, ma ancora da venire, e sull’impatto determinato dall’immiserimento delle condizioni di vita sulla salute delle popolazioni.

Ritorno alla realtà

Ritorno alla realtà

Esattamente da dieci anni, lo Stato non ha fatto altro che operare tagli progressivi dei trasferimenti dal governo nazionale agli enti locali: prima col governo Berlusconi (2004), poi col governo Prodi (2006), poi ancora col governo Berlusconi (2011), poi col governo Monti (2012) e infine col governo Letta (2013). Tutto questo ha provocato un ridimensionamento di proporzioni immense per tutto ciò che concerne i servizi sociali amministrati dai territori e, in generale, per tutto l’esiguo e traballante impianto del welfare italiano. Non è possibile, in questa sede, elencare tutte le conseguenze che hanno colpito la vita concreta e quotidiana di milioni di persone. Basti citare, tanto per fare un esempio, come la spesa per la sanità sia stata tagliata di 25 miliardi nei soli ultimi tre anni, con conseguente aumento generalizzato dei ticket sanitari e con la riduzione di decine di migliaia di posti letto negli ospedali italiani. Si potrebbe poi continuare parlando dei tagli di 23 miliardi alla scuola pubblica previsti per il triennio 2015-2017 – ambito amministrato finora dai vari enti locali – ma direi che, a questo punto, il concetto che sto cercando di esprimere dovrebbe risultare chiaro.

Neoliberismo

Neoliberismo

Il settore pubblico è considerato, per sua stessa natura, “improduttivo”. I dipendenti pubblici sono, quasi per definizione, fannulloni che godono di garanzie eccessive, tutelati da organizzazioni sindacali “corporative”, dove la connotazione “corporativo” è ipso facto associata a un giudizio di valore di segno negativo, essendo la negazione della “meritocrazia”…

A fronte dell’opinione dominante, si può sostenere che la cura dimagrante imposta al settore pubblico non risponde a criteri di efficienza, né all’obiettivo di generare avanzi primari. Lo scopo primario è fornire quote di mercato al capitale privato in settori protetti dalla concorrenza: tipicamente formazione e sanità. Non essendo competitive sui mercati internazionali, e scontando una continua restrizione dei mercati di sbocco interni, le nostre imprese hanno necessità di riposizionarsi in mercati “nuovi”, che la politica si occupa di aprire mediante misure di snellimento del settore pubblico.

Ma pensa te!

Ma pensa te!

Non bastano due interpellanze ( a Vigarano e “financo” in provincia di Ferrara) venute a seguito dei nostri articoli, a far “schiodare” lo stallo sulla sanità a Bondeno; unica cenerentola del “cratere” che, dopo un anno, non ha ancora visto risolta la problematica inerente i servizi sanitari di base da erogare sul territorio ai cittadini di un comprensorio grande come una provincia del centro italia.

Lorenzo Guandalini

Esenzioni Ticket

Per facilitare l’accesso e l’attesa dei cittadini al servizio di rilascio del certificato d’esenzione età-reddito  a partire da Giovedì 12 Maggio il documento potrà essere richiesto ed ottenuto presentandosi direttamente agli sportelli della sede del CUP, al piano terra di via Cassoli, 30 a Ferrara

dal Lunedì al Venerdì dalle 14,30 alle 17,00.

Continua, nel frattempo, la spedizione al domicilio per coloro che hanno presentato precedentemente la richiesta di rilascio del certificato alle farmacie ed ai patronati-Caf.

A poco più di due mesi dall’avvio delle nuove modalità per il riconoscimento dell’esenzione per età-reddito, l’AUSL di Ferrara ha già rilasciato alla popolazione assistita circa 55.000 certificati, pari al 15% degli abitanti,  di cui, oltre il 95% rientra nella fascia di esenzione per età-reddito.

TIPO ESENZIONE Numero %
ETA’:  Minore di  6 anni  o  Maggiore  di 65 anni 51.781 95,46 %
DISOCCUPATI REDDITO:  minore di  8.263,31 2.147 3,96 %
TITOLARI ASSEGNO SOCIALE 62 0,11 %
PENSIONE MINIMA:  > 60 anni 255 0,47 %
54.245

Questa la sintesi aggiornata, ad oggi, per area territoriale e comuni di riferimento:

AREA Sud Est Tipo Esenzione Numero %
Argenta-Portomaggiore-Ostellato -Migliaro-Migliarino -Massafiscaglia- Codigoro- Lagosanto- Comacchio-Mesola – Goro
ETA’ < 6 ANNI O > DI 65 ANNI 16.543 94,64 %
DISOCCUPATI REDDITO < 8.263,31 846 4,84 %
PENSIONE MINIMA > 60 ANNI 71 0,41 %
TITOLARI ASSEGNO SOCIALE 20 0,11 %
AREA Sud Est Totale: 17.480 32,22 %
AREA Ovest Tipo Esenzione Numero %
Cento-Bondeno – S. Agostino – Mirabello- Poggiorenatico – Vigarano Mainarda
ETA’ < 6 ANNI O > DI 65 ANNI 9.484 95,75 %
DISOCCUPATI REDDITO < 8.263,31 353 3,56 %
PENSIONE MINIMA > 60 ANNI 55 0,56 %
TITOLARI ASSEGNO SOCIALE 13 0,13 %
AREA Ovest Totale: 9.905 18,26 %
AREA Centro Nord Tipo Esenzione Numero %
Ferrara – Ro- Copparo- Tresigallo – Voghiera Masi Torello – Berra – Formignana –

Jolanda di Savoia

ETA’ < 6 ANNI O > DI 65 ANNI 25.652 95,92 %
DISOCCUPATI REDDITO < 8.263,31 934 3,49 %
PENSIONE MINIMA > 60 ANNI 127 0,47 %
TITOLARI ASSEGNO SOCIALE 29 0,11 %
AREA Centro Nord Totale: 26.742 49,30 %
AREA – Aziende sanitarie di confine Tipo Esenzione Numero %
ETA’ < 6 ANNI O > DI 65 ANNI 102 86,44 %
DISOCCUPATI REDDITO < 8.263,31 14 11,86 %
PENSIONE MINIMA > 60 ANNI 2 1,69 %
AREA – Aziende sanitarie di confine Totale: 118 0,22 %

I tempi di accesso alle prestazioni sanitarie

Dall’Analisi dell’Offerta alla Verifica dei Tempi d’Attesa

La riduzione dei tempi d’attesa per le visite specialistiche e gli esami diagnostici è un’azione complessa che coinvolge le aziende sanitarie, i medici prescrittori -di base e specialisti- fino ai singoli cittadini.

Le azioni intraprese dall’Azienda USL di Ferrara per il contenimento dei tempi di attesa sono state illustrate dal Direttore Generale, Fosco Foglietta, assieme al Direttore Sanitario, Edgardo Contato ed al Responsabile della specialistica ambulatoriale, Sandro Guerra, dopo un’attenta e approfondita analisi e presentazione alla stampa locale del quadro di riferimento.

Serve, dunque, anche una diffusa attenzione e sensibilità civica: da un lato i medici devono attenersi ad una maggior attenzione clinica nel richiedere le prestazioni in modo corretto ed appropriato e, i cittadini, dal canto loro, posso contribuire a snellire il sistema ricordandosi di disdire con sollecitudine le prenotazioni di cui non intendo più fruire e di prenotare per tempo visite ed esami successivi.

Non è un caso, infatti, che negli anni scorsi si sia lanciata proprio questo il tema la campagna di sensibilizzazione “La tua disdetta aiuta chi aspetta”.

IL QUADRO DI RIFERIMENTO

Ogni anno, l’Asl ferrarese eroga 1 milione di prestazioni tra visite specialistiche e di diagnostica oltre ad 1,5 milioni di esami di laboratorio.

25 sono le prestazioni di specialistica ambulatoriale prenotabili attraverso la rete CUP, farmacie, numero verde, mentre le tipologie di prestazioni di diagnostica sono 35, per un totale di 60 differenti prestazioni.

La normativa regionale prevede che il tempo standard di attesa per le prime visite specialistiche sia di 30 giorni e di 60 per la diagnostica.

Dal monitoraggio dei tempi d’attesa effettuato dall’Azienda USL emergono situazioni di criticità e sofferenza per queste dieci specialità: risonanza magnetica cerebrale; risonanza magnetica addominale; ecografia addominale; ecocolor doppler; cardiologia; dermatologia; oculistica; ortopedia; urologia e ginecologia. Tutte le altre 50 specialità rispettano i tempi standard previsti dalla Regione.

IL CONTENIMENTO DEI TEMPI D’ATTESA

Per rientrare negli indici di performance stabiliti dal legislatore regionale e per garantire una più efficacie ed efficiente presa in carico dei propri pazienti, l’Azienda ha adottato due provvedimenti.

Come previsto dalla recente delibera regionale n° 1035 del 2010, sono stati, innanzitutto, creati Percorsi di Garanzia che consentono l’attivazione per il cittadino di un percorso dedicato riservato al rispetto dei tempi d’attesa standard. L’attivazione del percorso è stato possibile grazie all’acquisto da parte dell’azienda di prestazioni direttamente dai propri specialisti e con l’acquisizione di prestazioni di altri soggetti pubblici o privati accreditati. Per i distretti del Sud-Est e Ovest, è stata scelta la prima soluzione, mentre per il Distretto del capoluogo nel 2010 l’Ausl ha acquistato 26.000 prestazioni dall’Azienda Ospedaliero Universitaria S.Anna grazie ad uno specifico accordo di fornitura.

Infine, è stato aumentato il numero di prestazioni acquistate sempre dal S.Anna e da altre cliniche private accreditate, passando da 55 milioni di euro per la specialistica del 2005 ai 62 milioni di euro nel 2008.

Ferrara, 16.6.2010.

FC/RF Ufficio Stampa

Tempi di attesa per visite specialistiche

FERRARA:  I TEMPI D’ATTESA PER ACCEDERE  ALLA SANITA’

La precisazione della Direzione dell’Azienda Usl di Ferrara

sulle criticità denunciate nei recenti articoli della stampa

Mercoledì 19 Maggio 2010. La Direzione dell’Azienda USL di Ferrara desidera formulare alcune doverose precisazioni per informare l’opinione pubblica della provincia di Ferrara sulla realtà dei tempi d’attesa per fruire di talune prestazioni sanitarie, oggetto, di recenti interventi critici sulla stampa locale.

“L’evidenza della realtà non serve a superare il disagio, comunque, percepito dagli utenti, ma, di certo, obbliga chiunque ami il sensazionalismo più o meno strumentale a riflettere seriamente sulla realtà dei dati di fatto”. Con queste parole Fosco Foglietta, direttore generale di AUSL Ferrara, interviene sul complesso dei temi critici recentemente rilevati dalla stampa locale e regionale sul complesso  e delicato tema  dei “tempi d’attesa per la sanità”.

La verifica delle specialità dichiarate come critiche – e di seguito analizzate nella tabella di dettaglio- “non giustificano, infatti,  l’enfatica evocazione di tempi biblici, e gran parte delle prestazioni sono addirittura fornite nei tempi standard a detta e conferma da parte degli stessi utenti. Nelle specialità dove è stata preferita la sede e i tempi risultavano molto alti, l’AUSL ha, comunque e sempre proposto alternative, con tempi di attesa lievemente superiori allo standard regionale”.

I CASI SEGNALATI

  • Ecocolordoppler con mesi di attesa al S.Anna per cui l’utente si rivolge in tempi brevi alla struttura di S.M. Maddalena, in Veneto, che utilizza agende specifiche per gli extra regione, favorendoli. Nelle strutture di AUSL Ferrara, in quella data, era possibile eseguire l’esame in 40 giorni a Copparo (ampiamente entro lo standard) e in 77 gg a Ferrara Day Surgery.
  • Visita oculistica di Roberto al S. Anna per glaucoma, lo specialista modifica la terapia e richiede controllo a due mesi inviandolo a CUP. I Controlli brevi di stabilizzazione della terapia devono essere gestiti dallo specialista in agende autogestite e non rinviati a CUP.
  • Ecocolordoppler prenotato al sig. Roversi in 30 giorni, non si capisce dove sia il problema visto che il tempo da rispettare per un esame diagnostico è di 60 giorni.
  • ECG da Sforzo Programmato e non urgente offerto in tempi biblici che obbliga l’utente ad utilizzare il privato. In quella data veniva fornito in 80 giorni alla Quisisana (20 giorni oltre lo standard).
  • Colonscopia a Febbraio 2011 al S.Anna. Negli stessi giorni, il tempo d’attesa era di 58 giorni a Copparo e 43 nel Distretto Sud Est (entrambe le date sono entro lo standard previsto dalla Regione Emilia Romagna).
  • Eco Addome fornita con 67 giorni d’attesa. Si fa notare che sono solo 7 giorni dopo il tempo standard previsto.
  • Visita Dermatologica fornita in 48 giorni. 12 giorni lavorativi oltre lo standard.
  • Visita Urologica fornita in 58 giornate a Comacchio, ma l’utente ha preferito attendere tempi lunghi in quanto ha scelto la sede: l’ospedale  S.Anna.
  • TAC al S. Anna a Settembre. A Comacchio la TAC, negli stessi giorni,  era fornita in 50 giornate, ampiamente entro lo standard previsto.
  • Ecocolordoppler al S.Anna a Dicembre. Negli stessi giorni a Copparo viene fornita in 40 giorni, ampiamente entro lo standard.

Ferrara, 19 maggio 2010.  La Direzione dell’Azienda USL di Ferrara desidera rispondere -per l’ennesima volta, cinque, infatti, sono le risposte, più o meno simili, date negli ultimi tre anni- ad un cittadino indignato per i lunghi tempi d’attesa dell’esame di Densitometria Ossea che misura la massa ossea per la diagnosi di osteoporosi.

La Direzione deve ribadire, per l’ennesima volta, che, in larga misura, questo esame è inutile e che, in ogni caso, le linee guida  della Regione Emilia Romagna ne prevedono l’appropriatezza temporale di non meno di 18 mesi.

La legislazione italiana (DPCM 29/11/2001 ripreso dal DPM 05/03/2007, n.d.r.), stabilisce, infatti, che la Densitometria Ossea sia “parzialmente esclusa dai Livelli Essenziali di Assistenza” stabiliti dal Ministero della Salute.

Questo, significa che l’esame può essere erogato dal Servizio Sanitario Nazionale esclusivamente ad alcuni soggetti con condizioni patologiche particolari come:

  • Precedenti fratture da fragilità ossea.
  • Terapie croniche con cortisonici, antiepilettici, immunosoppressivi, chemioterapici, ecc.
  • Patologie a rischio di osteoporosi come anoressia, celiachia, fibrosi cistica, insufficienza renale cronica, leucemia, ecc.
  • Menopausa precoce prima dei 45 anni
  • Eccessiva magrezza.
  • Eccessivo abuso di fumo ed alcol, ecc.

Per questi soggetti il primo esame è sempre fornito entro 60 giorni.

Le densitometrie ossee di controllo, agli stessi soggetti, sono erogabili dal Servizio Sanitario Nazionale, solo se eseguite 24 mesi dopo il precedente esame (DPCM 29/11/2001), con il DPCM del 5 marzo 2007 questo limite è stato abbassato a “non prima dei 18 mesi”.

Il significato di uno spazio temporale comunque ampio tra un esame e l’altro è dovuto alla lenta e progressiva perdita di massa ossea a cui tutti i soggetti vanno incontro.

Dall’articolo non si evince l’età della paziente e perché gli è stata prescritta una densitometria a cadenza annuale, ma, è opportuno ricordare che avere un’età maggiore dei 65 anni non è un criterio sufficiente d’ammissione all’esame, perché devono essere presente, contemporaneamente, un’anamnesi severa di osteoporosi familiare, un inadeguato apporto di calcio, abuso di fumo ed alcol.

I tempi lunghi, con cui è stato programmato l’esame alla paziente, fanno pensare che non rientrasse in nessuno dei precedenti criteri di ammissione per i quali l’esame è erogabile dal SSN; comunque, è prassi consolidata fornire a tutti gli utenti un appuntamento nei limiti delle potenzialità del servizio.

L’Azienda USL, periodicamente, ricorda a tutti i Medici prescrittori i criteri di ammissione alle densitometrie, ricordando d’identificare  nella ricetta la classe di appartenenza del paziente e di formulare con chiarezza il quesito diagnostico.

È opportuno ricordare che dopo un audit di controllo eseguito su alcune Aziende Sanitarie, la Regione Emilia Romagna ha ribadito che:

  • La Densiometria Ossea non è utile come screening della popolazione, in quanto il 50% delle fratture da fragilità ossea si verificano in soggetti in cui l’esame è risultato negativo.
  • La riduzione di massa ossea è asintomatica, i dolori ossei sono dovuti a fenomeni osteo-artrosici.

·         Le densitometrie ossee inappropriate assorbono il 38% delle risorse umane e tecnologiche.

Ufficio Stampa