Il capo di stato maggiore dell’Esercito e l’Agenzia di ricerca del Pentagono informano dunque che tra non molto gli Stati Uniti schiereranno in Europa (si parla di una probabile prima base in Polonia o Romania) missili ipersonici armati di «vari carichi bellici», ossia di testate nucleari e convenzionali. I missili ipersonici nucleari a raggio intermedio installati su «piattaforme terrestri mobili», ossia su speciali veicoli, potranno essere rapidamente dispiegati nei paesi NATO più vicini alla Russia (ad esempio le repubbliche baltiche). Avendo già oggi la capacità di volare a circa 10.000 km/h, i missili ipersonici saranno in grado di raggiungere Mosca in circa 5 minuti.
Anche la Russia sta realizzando missili ipersonici a raggio intermedio ma, lanciandoli dal proprio territorio, non può colpire Washington. I missili ipersonici russi potranno però raggiungere in pochi minuti le basi USA, anzitutto quelle nucleari come le basi di Ghedi e Aviano, e altri obiettivi in Europa. La Russia, come gli Stati Uniti e altri, sta schierando nuovi missili intercontinentali: l’Avangard è un veicolo ipersonico con raggio di 11.000 km e armato di più testate nucleari che, dopo una traiettoria balistica, plana per oltre 6.000 km alla velocità di quasi 25.000 km/h. Missili ipersonici li sta realizzando anche la Cina. Poiché i missili ipersonici sono guidati dai sistemi satellitari, il confronto si svolge sempre più nello spazio: a tale scopo è stata creata nel 2019 dall’amministrazione Trump la Forza Spaziale USA.
Le armi ipersoniche, di cui vengono dotate anche le forze aeree e navali che hanno maggiore mobilità, aprono una nuova fase della corsa agli armamenti nucleari, rendendo in gran parte superato il trattato New Start appena rinnovato da USA e Russia. La corsa passa sempre più dal piano quantitativo (numero e potenza delle testate nucleari) a quello qualitativo (velocità, capacità penetrante e dislocazione geografica dei vettori nucleari).
La risposta, in caso di attacco o presunto tale, viene sempre più affidata all’intelligenza artificiale, che deve decidere il lancio dei missili nucleari in pochi secondi o frazioni di secondo. Aumenta in modo esponenziale la possibilità di una guerra nucleare per errore, rischiata più volte durante la Guerra Fredda. Il «Dottor Stranamore» non sarà un generale pazzo, ma un supercomputer impazzito. Mancando l’intelligenza umana per fermare questa folle corsa alla catastrofe, dovrebbe almeno scattare l’istinto di sopravvivenza, risvegliatosi finora solo per il Covid-19.”
Oggi quasi tutta l’informazione si chiede cosa stia succedendo in America, dopo che persino il Campidoglio è stato preso invaso da dimostranti e c’è anche scappato il morto, una donna peraltro veterana dell’Air Force ( qui il video dell’uccisione). La domanda in realtà è mal posta perché questa informazione mainstream dovrebbe invece chiedersi perché abbia minimizzato i giganteschi brogli elettorali (c’è chi dice avvenuti anche grazie a complicità italiane) , perché abbia sempre e comunque demonizzato Trump e invece santificato Biden nascondendone la corruzione e i suoi trascorsi di boia dell’ America Latina. Perché abbia ordinato e pubblicato sondaggi elettorali palesemente falsi, perché abbia drammatizzato fino all’impossibile una sindrome influenzale facendola passare per peste, mettendo la museruola a fior di esperti, bloccando ogni dibattito e riducendo la scienza a un grottesco feticcio; perché racconta come fossero verità eterne anche le più squallide e assurde balle del potere. E’ inutile che ora questa informazione si domandi cosa stia succedendo perché essa non sta osservando il problema, ma è parte del problema, ovvero dell’assalto finale alla democrazia e alla rappresentanza da parte di potentati economici che sono poi gli stessi che controllano giornali, televisioni, intrattenimento e sebbene non ancora del tutto, la rete.
prof. Michel Chossudovsky Chiunque raggiunga la supremazia marittima nell’Oceano Indiano sarebbe un attore di primo piano sulla scena internazionale”. (US Navy Geostrategist Rear Admiral Alfred Thayus Mahan (1840-1914))
Tra gli obiettivi strategici di Washington vi è la militarizzazione delle principali rotte marittime, che si estende dal Mediterraneo all’Asia meridionale e all’estremo oriente, attraverso il canale di Suez, il Mar Rosso, il Golfo di Aden, il Mar Arabico, il Golfo del Bengala, il Malacca-Singapore stretto verso il Mar Cinese Meridionale e il Mar Cinese Orientale. (vedi mappa sotto).
Questa rotta marittima è fondamentale per lo svolgimento del commercio marittimo di merci tra Asia orientale, Africa, Medio Oriente ed Europa occidentale. Le guerre guida statunitensi sia nello Yemen (Mar Rosso, Golfo di Aden) che in Somalia (Golfo di Aden, Oceano Indiano) sono strategiche in questo senso.
Gli Stati Uniti esercitano anche la loro presenza strategica nell’Oceano Indiano dalla base militare di Diego Garcia.
L’obiettivo non detto di queste rotte marittime militarizzate è quello di minare la via della seta marittima cinese della Belt and Road Initiative (BRI) di Pechino.
L’alleanza USA-India contro la Cina
Un gioco pericoloso si sta attualmente svolgendo nell’Oceano Indiano. Sono previste operazioni navali congiunte USA-India nel Mare Adaman. Il Times of India ha confermato la pianificazione dei giochi di guerra USA-India in prossimità dell’arcipelago di Nicobar.
Questi giochi di guerra si svolgono in un momento di confronto politico, con persistenti minacce del presidente Trump dirette contro la Cina:
Un gruppo di attacco di una portaerei statunitense guidato dalla portaerei USS Nimitz (a destra) è pronto a condurre un esercitazione con navi da guerra indiane vicino all’arcipelago delle Andamane e di Nicobar.
… Il gruppo di attacco della USS Nimitz e un altro guidato dall’USS Ronald Reagan hanno appena completato una missione di spiegamento operativo e “libertà di navigazione” nel Mar Cinese Meridionale. Questo è visto come un grande spettacolo di supporto per alleati e partner statunitensi …
Diverse navi da guerra indiane stanno prendendo parte all’esercizio guidato dal comandante della flotta navale orientale ammiraglio posteriore Sanjay Vatsayan. Comprendono navi da guerra, cacciatorpediniere con velivoli imbarcati, fregate, sottomarini e velivoli da pattugliamento marittimo sia del Comando Andaman e Nicobar (ANC) che del Comando navale orientale (ENC) con sede a Visakhapatnam. (S Venkat Narayan: L’isola )
Mappa Indo Pacifico
L’India sotto il Primo Ministro Modi è stata risucchiata nell’agenda imperiale degli Stati Uniti. Inoltre, il Giappone e l’India hanno anche effettuato un esercizio navale vicino allo Stretto di Malacca alla fine di giugno in ritardo, in collegamento con Washington.
L’Australia è anche coinvolta in giochi di guerra sponsorizzati dagli Stati Uniti diretti contro la Cina
La scorsa settimana, il conflitto tra Washington e Bruxelles, e in effetti il Dipartimento di Stato e la Commissione europea , si è intensificato a causa del fatto che i capi della diplomazia americana ed europea si sono scambiati minacce e dichiarazioni contenenti critiche aspre reciproche.
Mike Pompeo ha deciso di distruggere la cosiddetta clausola di Tillerson- restrizioni all’imposizione di sanzioni contro le società che hanno contribuito alla costruzione di Nord Stream 2 prima dell’adozione della legge sulle sanzioni. Questa “riserva”, la cui apparizione nel pacchetto iniziale di sanzioni anti-russe e “anti-gasprom” è attribuita all’allora segretario di stato Tillerson, che ha capito che “punire” le grandi compagnie petrolifere e del gas europee è una pessima idea, è stata annullata alla vigilia del viaggio di Pompeo nell’Unione europea, che potrebbe essere percepita come gesto di intimidazione.
Il capo del Dipartimento di Stato si è persino rivolto alle minacce dirette, chiedendo che tutte le società collegate o vincolate al progetto “ne escano” o riceveranno sanzioni che (sulla base degli standard americani e dell’esperienza storica) comporterebbero la distruzione delle loro attività americane, la disconnessione dal sistema del dollaro , dagli Stati Uniti per i loro amministratori. Oltre al fatto che un numero enorme di compagnie europee impegnate, ad esempio in servizi portuali o assicurativi, potrebbe rientrare nel campo delle sanzioni americane, sembra (ed è condiviso da alcuni media occidentali ) che il Dipartimento di Stato stia anche suggerendo la prontezza a “punire” il leader I partner europei di Gazprom , ovvero Wintershall, OMV, Engie, Shell e Uniper.
Nord stream mappa
Da un lato, tale escalation è un passo potente in termini di dimostrazione della gravità delle intenzioni di Washington in termini di blocco di Nord Stream 2. D’altra parte, non è molto chiaro cosa si possa ottenere dal punto di vista della dimostrazione di qualsiasi cosa tranne le intenzioni: il denaro dei partner europei di Gazprom è già stato investito nel progetto e il gasdotto stesso è stato completato dalla stessa società russa, che ora è l’unico azionista della società proprietaria del gasdotto … Pertanto, anche se le compagnie straniere volessero abbandonare il progetto, è semplicemente impossibile farlo: il treno è già partito.
La strategia ufficiale della campagna di rielezione di Trump “Cina, Cina, Cina”, dettagliata in un memo di 57 pagine per Repubblicani, è destinata ad essere implementata come guerra ibrida totale, tra cui propaganda non-stop, minacce, tecnologie infowar, guerra cibernetica e fabbricazioni di ultime notizie.
L’obiettivo finale condiviso da ogni filone sinofobico, di mentalità commerciale o basata su think tank, è far deragliare l’economia cinese – un concorrente di alto livello – con ogni mezzo necessario e quindi paralizzare il processo di integrazione eurasiatico in corso i cui tre nodi chiave, la Cina, Russia e Iran sono le massime “minacce” secondo la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
Ancora una volta, i guanti sono sfoderati. E Pechino non smetterà di contrapporsi in natura.
È come se Pechino avesse finora sottovalutato serialmente l’ossessione più grande della vita del Deep State e Beltway, quella di rimanere sempre l’egemone indiscusso, geopoliticamente e geoeconomicamente. Ogni “conflitto” che esplode attraverso la scacchiera è e continuerà ad essere direttamente collegato agli obiettivi di contenimento della Russia e distruzione della Cintura e della Seta.
In precedenza mi riferivo all’Impero del Caos , dove una plutocrazia proietta progressivamente la propria disintegrazione interna su tutto il mondo. Ma solo ora sta iniziando il gioco serio, completo dell’intenzione di Trump di testare di nuovo le bombe nucleari. Non contro un gruppo di “terroristi” di bassa vita, ma contro un serio concorrente alla pari: il partenariato strategico eurasiatico.
Sarebbe troppo aspettarsi che il Team Trump apprenda dalle analisi sulla Belt and Road, che dimostrano in che modo il sogno cinese – una variante confucianista del neoliberismo – segna l’evoluzione della Cina in una zona di produzione centrale nell’economia mondiale neoliberista approfittando di la struttura legale globale esistente.
Il team Trump ha annunciato in modo clamoroso la propria strategia. Aspettatevi contraccolpi seriali silenziosi di Sun Tzu.
Più in generale nella visione politica generale degli Stati Uniti e nel riflesso della comunità strategica, esiste un quadro per pensare e agire che rimane legato alla specificità storica degli Stati Uniti e all’immaginazione nazionale caratterizzata da religiosità e sensazione di eccezionalismo. Questa rappresentazione penetra nelle pratiche sociali e politiche dopo lo sbarco dei primi coloni britannici nel 17 ° secolo che affermano, attraverso l’obiettivo della teologia protestante, il destino manifesto dell’America “citato sulla cima di una collina” e “nuova Gerusalemme”.
La nozione di destino manifesto legittimava i massacri della popolazione indigena tanto quanto l’espansionismo militaristico degli Stati Uniti, che rimane una costante che predomina nella storia americana. Come notato dallo specialista di strategia americano, Jean-Michel Valentin, esiste “una relazione profondamente singolare mantenuta negli Stati Uniti tra un habitus collettivo penetrato da una religiosità e una mitologia molto vivide e una relazione con la realtà che promuove l’uso di forme di violenza armata. La violenza deve quindi essere rigorosamente unilaterale: deve consentire di modificare, cambiare il mondo non americano, impedendo qualsiasi interazione che potrebbe consentire uno scambio di violenza, e quindi gli effetti reciproci della modifica.
Questa complessità è stata installata fin dalle origini della nazione americana ” [5] . Se non c’è differenza di natura tra il colonialismo europeo e l’imperialismo americano, “la costruzione della civiltà nordamericana, ma non canadese, obbedisce a una dinamica radicalmente diversa” a causa della prevalenza di utopia religiosa nelle rappresentazioni della nazione americana.
Cultura strategica
Questa riflessione è anche al centro delle analisi del ricercatore di geopolitica Alain Joxe [6] che evidenzia la differenza tra le culture strategiche europee e americane.
Se gli europei hanno avuto una concezione clausewitziana della guerra come continuazione della politica con altri mezzi, nella cultura strategica americana intrisa di fede nel destino manifesto, l’obiettivo non è più quello di sconfiggere un nemico, ma di distruggerlo con l’uso di una forza decisiva schiacciante. Jean-Michel Valentin vede in esso un “rifiuto fondamentale dell’interazione tra il sistema strategico americano e gli oggetti su cui esercita il suo potere”.
Basi militari USA circondano l’Iran
Questa concezione di guerra americana qualificata da Douxist [7] da Joxe, a causa dell’eccesso di potenza di fuoco, sta fondando contemporaneamente la strategia nucleare e l’apparato di sicurezza nazionale americano. Dall’uso della bomba atomica contro il Giappone che sta per capitolare nel 1945 all’uso su larga scala del napalm durante la guerra del Vietnam, la tecnologia viene sistematicamente mobilitata per distruggere l’avversario, minimizzando gli effetti di interazione strategica.
Certamente, i cambiamenti nel contesto strategico, sia attraverso l’affermazione degli attori transnazionali che la trasformazione della minaccia e la sua diffusione, hanno posto fine alla sistematizzazione della guerra per scopi assoluti, e con l’invasione dell’Iraq nel 2003, di fronte alla tenacia della resistenza locale, gli Stati Uniti sono stati coinvolti in un modo senza precedenti nel processo di distruzione della nazione.
Ma la logica del riconoscimento del nemico procedeva solo dalla sua irriducibilità per via militare e il risultato fu nondimeno la distruzione di uno Stato e quella di intere parti della società irachena. Secondo il sito web britannico Iraq Body Count, tra il 1991 e il 2003, l’embargo sull’Iraq ha provocato la morte di oltre un milione di iracheni, mentre almeno 122.000 sono morti durante l’invasione americana o durante le sue conseguenze. I documenti rivelati da WikiLeaks nel 2010 supportano la tesi secondo cui molte morti civili non sono state rese pubbliche.
Strategia ibrida
Con la fine delle guerre di occupazione e di fronte al “fallimento permanente” [8] degli Stati Uniti – che testimonia i limiti del paradigma strategico della rivoluzione negli affari militari per garantire la sostenibilità della loro egemonia in un contesto geopolitico trasformato dall’ascesa di nuovi poteri internazionali e regionali – Washington ha riconvertito il suo modello: il dominio imperiale mette da parte l’occupazione militare bruta e lascia il posto a una strategia ibrida in cui l’uso di sanzioni economiche prive di legittimità internazionale è diventata un’arma di distruzione di massa.
Quindi, nonostante questi adattamenti imposti dal nuovo contesto, la logica distruttiva che è stata al centro di tutte le pratiche e abitudini tradizionali del pensiero della società americana e dell’apparato di sicurezza USA si rinnova con la strategia delle pressioni attraverso l‘idea di una punizione collettiva contro un nemico demonizzato.
L’eredità strutturale dell’eccezionalismo americano proibisce qualsiasi resistenza all’ordine regolato secondo gli interessi di una “nazione eletta”. Perché ogni opposizione o volontà di cambiare con l’imposizione di nuove regole contribuirebbe a far lasciare alla nazione americana il suo eccezionalismo.
Non solo gli Stati Uniti rifiutano di “essere coinvolti in un processo di cambiamento a causa dell’influenza esterna” per usare la formula di Michel Valentin, ma respingono l’idea di un nuovo ordine mondiale che smetterebbe di essere strutturato in secondo i loro interessi strategici dominanti.
Nonostante l’inasprimento delle sanzioni e il pesante tributo economico, sociale e sanitario sopportato dalla popolazione iraniana, l’Iran continua a offrire l’immagine della resilienza e un ostacolo al destino provvidenziale degli Stati Uniti.
[4] Camille Mansour, Israele e Stati Uniti o le basi di una dottrina strategica, Parigi: Armand Colin, 1995, 285 p.
[5] Jean-Michel Valentin, “Religione e strategia negli Stati Uniti”, revisione internazionale e strategica, vol. 57, n. 1, 2005, pagg. 103-114.
[6] In “America mercenaria”, America mercenaria, Parigi: Stock, 1992, e “L’impero del caos, le Repubbliche che si trovano ad affrontare il dominio americano nel dopoguerra”, Parigi: La Découverte , 2002.
[7] Prende il nome dal generale Giulio Douhet, comandante della prima unità aeronautica dell’esercito italiano, considerato il teorico del bombardamento strategico quantitativo con il tappeto di bombe. Terminologia usata da Alain Joxe nel suo libro L’Amerique mercenaire. Parigi: Stock, 1992.
[8] Formula usata da Alain Joxe nel suo libro The Wars of the Global Empire, Parigi: La Découverte, 2012.
Il Dipartimento di Giustizia ha ufficialmente scagionato da ogni accusa la prima grande vittima del tentato golpe, il consigliere presidenziale per la sicurezza nazionale, il generale Michael Flynn, intrappolato illegalmente con accuse visibilmente false per ordine di Comey.
Flynn, ex direttore del Defense Intelligence Agency (DIA) era ed e l’uomo che sa dove sono sepolti gli scheletri a Washington. Flynn era rimasto in carica solo tre settimane. Si preparava a ripulire le stalle di Augia del Deep State. Ma i suoi nemici sapevano bene che non avrebbero avuto scampo contro un uomo che conosceva tutti i loro più inconfessabili traffici.
Perciò era stato preso in una trappola dell’FBI scattata pochi giorni dopo l’inaugurazione di Trump. Dopodiché era stata scatenata l’Operazione Impeachment diretta da un altro ex direttore dell’FBI, James Mueller.
Da quel momento è stato un susseguirsi di trucchi sporchi attuati col sostegno totale dei media. Tutto è stato tentato per impedire il consolidarsi dell’amministrazione Trump e, in particolare, per impedire una collaborazione tra Trump e Putin entrambi colpevoli di non essere al servizio dei grandi oligarchi finanziari.
Una collaborazione tra i due presidenti e col presidente cinese Xi Jinping come rappresentanti degli interessi e aspirazioni dei rispettivi popoli sarebbe stata una campana a morto per gli interessi finanziari che avevano dominato gli Stati Uniti e gran parte del mondo per parecchi decenni. Erano state questi predatori finanziari che avevano distrutto la grande opportunità emersa nel 1989 con la caduta del muro di Berlino.
Erano state queste forze che avevano impedito la dissoluzione della NATO (ormai inutile dopo la fine dell’Unione Sovietica) e l’avevano trasformata nelle legioni dell’impero mondiale usando come base la cosiddetta superpotenza americana che nel frattempo veniva saccheggiata economicamente.
Questa era stata la ragione per cui gli americani avevano votato Trump il cui programma era fine delle guerre senza fine (le legioni della NATO) e fine del saccheggio dell’economia reale.
Il dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) ha recentemente ribattezzato “gas della libertà” le esportazioni di gas naturale liquefatto (LNG) dagli Stati Uniti. Ma la libertà per chi? Per l’Europa che ha già una fonte economica ed affidabile di gas naturale, ma è costretta a passare al gas statunitense più costoso sotto la minaccia delle sanzioni? Certamente no. O la libertà per la Russia di fornire all’Europa gran parte del gas naturale competendo apertamente e in modo equo cogli Stati Uniti? Sicuramente no. O è la libertà dalla competizione per gli Stati Uniti? Certamente Si. È spesso un marchio contraddittorio che preannuncia vari capitoli dell’ingiustizia degli Stati Uniti interna (sotto il draconiano “Atto patriottico” per esempio) e all’estero, come durante l’invasione e l’occupazione illegale dell’Iraq condotte sotto il falso nome “Operazione Iraqi Freedom”.
Non è The Onion
Così screditate sono le campagne statunitensi battezzate in nome della “libertà”, che pochi credevano a malapena che gli Stati Uniti, in realtà, chiamassero seriamente le loro esportazioni di gas naturale “gas della libertà”. Tuttavia, non è un titolo strappato dal giornale satirico “The Onion”, ma piuttosto dal DoE statunitense stesso. In un articolo dal sito ufficiale del DOE intitolato “Dipartimento dell’Energia autorizza ulteriori attività di GNL dal Freeport LNG”, affermava che: “Aumentare la capacità di esportazione dal progetto LNG di Freeport è fondamentale per diffondere il gas della libertà in tutto il mondo offrendo agli alleati degli USA una fonte di energia pulita diversa e conveniente. Inoltre, più esportazioni di GNL USA verso il mondo significano più posti di lavoro negli Stati Uniti e più crescita economica interna e aria più pulita qui e in tutto il mondo”, aveva detto il sottosegretario all’Energia Mark W. Menezes, che evidenziava l’approvazione al Ministeriale Energia Pulita di Vancouver, Canada. “Non c’è dubbio che l’annuncio di oggi promuova l’impegno di questa Amministrazione nel promuovere la sicurezza energetica e la diversità in tutto il mondo”. A parte il quasi comico riferimento al “gas della libertà”, c’è qualcos’altro che rivela le affermazioni del DoE di “dare agli alleati dell’America una fonte diversa ed economica di energia pulita”. Questo è un riferimento diretto all’Europa e alle attuali importazioni di gas russo, fornito dai gasdotti verso l’Europa, che sarà sempre più economico del gas naturale liquefatto degli Stati Uniti trasportato via mare in Europa. Cioè, a meno che gli Stati Uniti, attraverso la minaccia di sanzioni non solo contro la Russia, ma contro i propri alleati in Europa, possono aumentare tali costi oltre il prezzo delle esportazioni statunitensi. Articoli come il “Senato degli Stati Uniti minaccia le sanzioni sul gasdotto russo” di Foreign Policy, spiegano chiaramente fino a che punto gli Stati Uniti fanno proprio questo. L’articolo afferma: “Nell’ultimo aumento delle tensioni transatlantiche, le navi europee coinvolte nella costruzione del gasdotto dalla Russia alla Germania potrebbero essere soggette a sanzioni statunitensi con un nuovo disegno di legge bipartisan che sarà introdotto al Senato degli Stati Uniti”. FP affermava inoltre: “L’amministrazione Trump ha rimproverato la Germania per aver portato avanti il progetto, una delle tante questioni recenti che hanno messo a dura prova le relazioni transatlantiche assieme a Iran, cambiamenti climatici e commercio. Lo scorso luglio, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump accusava Berlino di essere “prigioniera” della Russia a causa della sua dipendenza da Mosca per l’energia, un’accusa che i funzionari tedeschi avevano bruscamente respinto”. Pertanto, la Germania non solo viene “rimproverata” per aver preso le proprie decisioni in merito alla politica economica ed estera tedesca, ma viene minacciata di sanzioni per non aver rispettato i dettami statunitensi. Col LNG gli Stati Uniti cercano di costringere nazioni come la Germania ad acquistare contro la loro volontà “il gas della libertà”, un insulto intenzionale aggiunto al danno economico che Washington cerca d’infliggere.
Il 31 gennaio è crollata la diga, con l’annuncio che l’Europa aveva creato un proprio sistema alternativo di pagamenti, da utilizzarsi con l’Iran e con gli altri paesi presi di mira dalla diplomazia statunitense. La Germania, la Francia e persino il cagnolino degli Americani, la Gran Bretagna, si erano unite per dar vita all’INSTEX, Instrument in Support of Trade Exchanges. La promessa è che questo strumento sarà usato solo per aiuti “umanitari” e per salvare l’Iran da una devastazione sponsorizzata dagli Stati Uniti simile a quella in Venezuela. Ma, vista la sempre maggiore opposizione degli Stati Uniti al gasdotto Nord Stream2 che farà arrivare [in Germania] il gas russo, questo sistema alternativo di compensazione bancaria sarà pronto e potrà diventare operativo se gli Stati Uniti tentassero di imporre sanzioni contro l’Europa.
Sono appena ritornato dalla Germania e ho notato che esiste una grossa divisione tra gli industriali di quella nazione e la loro leadership politica. Per anni, le grandi aziende hanno considerato la Russia un mercato naturale, un’economia complementare bisognosa di modernizzare il proprio apparato industriale e in grado di fornire all’Europa gas naturale ed altre materie prime. La strategia americana in questa Nuova Guerra Fredda è quella di cercare di bloccare questa complementarietà commerciale. Dopo aver messo in guardia l’Europa contro la “dipendenza” dal gas russo a basso prezzo, [l’America] si è offerta di vendere il proprio costosissimo gas liquefatto (attraverso strutture portuali in grado di soddisfare i volumi richiesti che ancora non esistono). Il presidente Trump insiste anche sul fatto che i membri della NATO dovrebbero spendere il 2% del loro PIL in armi, preferibilmente acquistate dagli Stati Uniti, non dai mercanti di morte tedeschi o francesi.
Il fatto che gli Stati Uniti abbiano abusato della loro posizione sta portando all’incubo eurasiatico di Mackinder-Kissinger-Brzezinski che avevo menzionato sopra. Oltre all’alleanza fra Russia e Cina, la diplomazia degli Stati Uniti sta facendo confluire verso l’Hearthland anche l’Europa, nonostante i tentativi degli Stati Uniti di costringerla a quella condizione di dipendenza che la diplomazia americana sta cercando di ottenere fin dal 1945.
La Banca Mondiale, per esempio, tradizionalmente è sempre stata guidata da un Segretario alla Difesa degli Stati Uniti. La sua politica costante, fin dagli inizi, è stata quella di fornire prestiti ai vari paesi affinché destinassero il loro territorio alle esportazioni dei prodotti agricoli, invece di dare la priorità al consumo interno. Questo è il motivo per cui i suoi prestiti sono solo in divisa estera, non in valuta locale, necessaria per fornire supporto ai prezzi e ai servizi collegati all’agricoltura, come quelli che hanno reso l’agricoltura americana così produttiva. Seguendo i consigli degli Stati Uniti, questi paesi si sono esposti al ricatto alimentare, alle sanzioni e al blocco delle forniture di grano e di altri generi alimentari nel caso di un mancato adeguamento alle richieste diplomatiche degli Stati Uniti.
Vale la pena notare che la nostra imposizione planetaria della mitica “efficienza,” il costringere i paesi latinoamericani a trasformarsi in piantagioni per colture da esportazione, come il caffè e le banane, piuttosto che coltivare il proprio grano e il proprio mais, ha fallito in modo catastrofico l’obbiettivo di offrire una vita migliore, specialmente alle popolazioni che vivono in America Centrale. La “crescita parallela” tra le colture esportate e le importazioni di generi alimentari a basso prezzo dagli Stati Uniti, che si supponeva avvenisse nei paesi che seguivano il nostro copione, è miseramente fallita, lo testimoniano le carovane e i rifugiati in tutto il Messico. Naturalmente, il nostro sostegno ai dittatori militari e ai signori del crimine più brutali non è certo stato d’aiuto.
Allo stesso modo, il FMI è stato costretto ad ammettere che le sue linee guida di base erano fittizie fin dall’inizio. La normativa centrale era quella di imporre il pagamento del debito ufficiale intergovernativo trattenendo il credito del FMI dai paesi in default. Questa regola era stata istituita nel periodo in cui la maggior parte dei debiti ufficiali intergovernativi era dovuta agli Stati Uniti. Ma, alcuni anni fa, l’Ucraina era stata dichiarata insolvente per un debito 3 miliardi di dollari dovuti alla Russia. L’FMI aveva dichiarato, in effetti, che l’Ucraina e gli altri paesi non avrebbero dovuto rimborsare la Russia o qualsiasi altro paese che avesse deciso di agire in modo troppo indipendente dagli Stati Uniti. Il Fondo Monetario Internazionale ha continuato a far credito ad una Ucraina corrotta fino al midollo e ad incoraggiare la sua politica anti-russa, piuttosto che difendere il principio secondo cui i debiti intergovernativi devono essere pagati.
È come se il FMI avesse gli uffici una stanzetta nel seminterrato del Pentagono a Washington. L’Europa ha preso atto che le sue trasazioni internazionali monetarie e i suoi collegamenti finanziari rischiano di attirare l’ira degli Stati Uniti. Questo era diventato evidente lo scorso autunno, al funerale di George H. W. Bush, quando il rappresentante dell’UE si era ritrovato declassato alla fine della lista al momento dell’assegnazione dei posti. Gli era stato detto che gli Stati Uniti non considerano più l’UE un’entità con buone credenziali. A dicembre, Mike Pompeo aveva tenuto a Bruxelles il suo primo ed atteso discorso sull’Europa, in cui aveva esaltato le virtù del nazionalismo, criticato il multilateralismo e l’UE, e affermato che gli organismi internazionali che limitano la sovranità nazionale “devono essere riformati o eliminati.”[5]
La maggior parte degli eventi di cui sopra ha fatto notizia per un solo giorno, il 31 gennaio 2019. Vista la congiunzione delle mosse statunitensi su così tanti fronti, Venezuela, Iran, Europa (per non parlare della Cina e delle minacce commerciali e degli attacchi contro Huawei che sono all’ordine del giorno) sembra che questo sarà l’anno della frattura globale.
Naturalmente, non è tutta opera del presidente Trump. Vediamo il Partito Democratico fare la stessa cosa. Invece di applaudire alla democrazia quando i paesi stranieri non eleggono un leader approvato dalla diplomazia degli Stati Uniti (che si tratti di Allende o di Maduro), hanno gettato la maschera e hanno dimostrato di essere i principali imperialisti della Nuova Guerra Fredda. Adesso la verità è davanti a tutti. Farebbero del Venezuela un nuovo Cile dell’era Pinochet. Trump non è il solo a sostenere l’Arabia Saudita e i suoi terroristi wahabiti che sono, come aveva detto Lyndon Johnson, “dei bastardi, ma sono i nostri bastardi.”
Dov’è la sinistra in tutto ciò? Questa è la domanda con cui ho aperto l’articolo. È straordinario il fatto che siano rimasti solo i partiti di destra, Alternative for Deutschland (AFD), i nazionalisti francesi di Marine le Pen e quelli degli altri paesi ad opporsi alla militarizzazione della NATO e a cercare di rilanciare i legami commerciali ed economici con il resto dell’Eurasia.
La fine del nostro imperialismo monetario, di cui avevo parlato per la prima volta nel 1972 in Super Imperialism, stordisce persino un osservatore informato come il sottoscritto. C’è voluto un enorme livello di arroganza, miopia e illegalità per accelerare il suo declino, una cosa che solo dei Neoconservatori impazziti come John Bolton, Eliot Abrams e Mike Pompeo potevano realizzare per Donald Trump.
Nella giornata odierna sono arrivate le prime reazioni negative al discorso del Presidente Donald Trump con cui questi ha rifiutato di “certificare”l’accordo sul nucleare con l’Iran, che aveva visto nel 2015 l’adesione da parte dell’Unione Europea, inclusa la Germania e la Gran Bretagna, la Russia e la Cina. Di fatto Trump, con il suo discorso, ha stracciato l’accordo sulla base di motivazioni che sono parse pretestuose ed infondate ai più, visto che la stesssa AIEA aveva confermato che l’Iran stava rispettando del tutto le clausole di tale accordo e lo stesso parere era stato dato dagli altri paesi che avevano sottoscritto il trattato ( JCPOA) . A distanza di due anni Teheran ha dimostrato di adempiere ai patti e di rinunciare alla realizzazione di armi nucleari, Washington si ritira senza alcuna seria motivazione se non invocando il pretesto che l’Iran non avrebbe rispettato “lo spirito dell’accordo” sviluppando il suo arsenale di missili a lunga gittata e con “l’aiutare il terrorismo nella regione”. Una accusa che non regge visto che, proprio l’Iran, assieme alla Russia, è stato il paese che si è dimostrato parte attiva nella sconfitta dell’ISIS e di Al Qaeda che, come noto, hanno ricevuto, per anni, carichi di armi ed aiuti dagli USA e dai loro alleati. In realtà le critiche degli osservatori sono basate sul fatto che Washington si dimostra in questo caso inaffidabile per qualsiasi accordo internazionale, così come era avvenuto con la Libia ed in altri casi recenti. Questo rischia di dare ragione a chi, come King Su, delal Corea del Nord, ha dichiarato che le armi nucleari sono l’unica garanzia per il suo paese di non essere attaccato dagli USA, dato il fatto che Washington dimostra di non rispettare alcun accordo internazionale se non la legge della forza. Le reazioni negative si sono avute già da parte dei vari paesi della comunità internazionale ed in particolare da quelli che erano stati parte attiva nella conclusione dell’accordo con Teheran. La Federica Mogherini, rappresentante per l’Unione Europea, aveva messo in chiaro che l’accordo è multilaterale e non bilaterale e di conseguenza non può essere inficiato da uno solo dei contraenti ed un discorso simile è stato fatto anche dalla Teresa Mey da Londra e dal ministro Gabriel da Berlino. Per quanto riguarda la Russia, da Mosca giunge un chiaro avvertimento verso Washington. “La decisione degli Stati Uniti non aiuta il clima di sicurezza e di non proliferazione delle armi nucleari del mondo – ha detto Dmitry Peskov, portavoce di Vladimir Putin – e questa azione aggraverà seriamente la situazione del programma nucleare iraniano”. Altrattanta contrarietà è stata espressa dal responsabile agli Esteri della Repubblica Popolare Cinese che ha già avviato da tempo fruttuosi rapporti di cooperazione commerciale con l’Iran e non intende certo rinunciarvi per l’ossessione di Trump di boicottare Teheran per compiacere il governo Netanyahu ed il suo genero Jared Kushner, che sembra essere il “suggeritore occulto delle scelte di Trump nella politica USA in Medio Oriente. Una decisa reazione critica è venuta anche dal Congresso USA ed in particolare dalla esponente democratica Nancy Pelosi, la quale ha sostenuto che il rifiuto di Trump di ratificare l’accordo con l’Iran “è un grave errore che minaccia la sicurezza degli Stati Uniti e la nostra credibilità in un momento molto critico”, ha affermato la Pelosi che è anche la leader della minoranza democratica nella Camera dei Rappresentanti.
Nancy Pelosi
La Pelosi ha ribadito che l’Iran risulta aver adempiuto ai propri impegni derivanti dall’accordo conosciuto come JCPOA e che la decisione di Trump appare “frivola e pericolosa” e che rischia di isolare non l’Iran ma proprio gli stessi USA nello scenario mondiale e per questo risulta una decisione molto pericolosa. Il nuovo corso di Trump rischia di aprire quindi, dopo la Corea del Nord, dopo la Siria, dopo lo Yemen, dopo il Venezuela e Cuba, l’ennesima crisi nello scenario internazionale. Tutto lascia pensare che, tra la fine dell’anno in corso e l’inizio del 2018, il mondo non potrà navigare in acque molto tranquille. Analisi di Luciano Lago