Una recentissima indagine commissionata da Unioncamere e Ministero del Lavoro sul terzo trimestre 2012 ci dice che nel periodo luglio-settembre i contratti a tempo indeterminato in Italia saranno solo il 19,8% su quasi 159 mila. L’Istat invece ai primi di giugno di quest’anno forniva i dati inquietanti sulla disoccupazione, che nel primo trimestre si sarebbe attestata al 10,9% con un aumento su base annua del 2,3 %, con una disoccupazione giovanile che è oramai oltre il 35 %, mentre i posti di lavoro persi tra marzo e aprile sono ben trentotto mila.
Ebbene di fronte a dati di questo genere qualsiasi governo con un minimo di decenza si sarebbe dimesso e il Parlamento, luogo oramai deputato in Italia solo a fornire agi e privilegi a degli incompetenti nulla facenti, sarebbe sciolto da un Capo dello Stato serio e credibile.
E invece c’è stato imposto il “ Fiscal Compact” (già il termine inglese suona meglio nel continuo scimmiottare Londra da parte dei peones della politica nostrana), ad eccezione della Gran Bretagna e Repubblica Ceca che non l’hanno accettato, che ci impone rigorosamente, per chi ha un debito pubblico superiore al 60% del Pil, di restare sotto tale soglia (a oggi il rapporto tra debito pubblico e Pil ammonta al 123,3%), con l’obbligo per chi sfora tale percentuale di rientrarvi nell’arco di 20 anni per un ventesimo della quota che sfora il 60 % da versare ogni anno. Questo significa che gli italiani dovranno per i prossimi 20 anni subire tagli alla spesa pubblica per ben 45 miliardi di euro l’anno! Una cifra colossale, che colpirà soprattutto i ceti medio bassi, anche paragonata all’altra stangata infertaci dal governo delle banche, lo “Spending Review” (anche qui l’inglese è d’obbligo perché fa tanto british e bocconiano) che ammonta a 29 miliardi in tre anni. Un vero salasso in barba alle ridicolaggini sulla crescita e altre amenità che escono ogni giorno dalla bocca del senile professore che siede a Palazzo Chigi.
A ciò si deve aggiungere l’altro mostro partorito dalla burocrazia di Bruxelles e Francoforte, il MES – Meccanismo Europeo di Stabilità – che obbliga l’Italia a versare 15 miliardi in 5 anni a sostegno del fondo salva banche. Non c’è che dire, una fine davvero ingloriosa per la nostra penisola, che dopo essere “stata liberata” nel 1945 dalle armate degli invasori anglo-americani, e da allora sempre occupata militarmente, oggi si avvia alla totale estinzione anche economica e sociale per opera degli stessi di allora. Adattando la celebre frase di Von Clausewitz, che vedeva nella guerra il proseguimento della politica con altri mezzi, verrebbe da dire che qui si tratta dell’economia che prosegue la guerra con altri mezzi.
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